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lunedì 27 aprile 2020

Thomas Fricke - Perchè i tedeschi dovrebbero mettere da parte la solita caricatura dell'italiano inaffidabile

"La prima cosa di cui l'Europa ha bisogno per potersi salvare sono dei nuovi esperti tedeschi", scrive Thomas Fricke su Der Spiegel. La stampa tedesca che conta dà spazio anche alle colombe, ma nel dibattito complessivo, si tratta comunque di poche voci con un peso limitato. Thomas Fricke su Der Spiegel spiega ai tedeschi perché è arrivato il momento di prendere sul serio gli italiani mettendo da parte i soliti stereotipi sull'inaffidabilità dei latini. Da Der Spiegel




Forse è solo il frutto dei molti film sulla mafia. Forse è solo l'invidia per il fatto che in Italia semplicemente c'è un clima piu' mite, cibo migliore, più sole e mare. In ogni caso, ci deve essere qualcosa che spiega tutto questo bisogno di insistere sul fatto che noi tedeschi saremmo più risparmiosi, più seri e soprattutto più affidabili. E che gli italiani invece su questi temi sarebbero alquanto deficitari. Ed è proprio quello che alcuni vorrebbero continuare ad insegnarci, proprio ora nel bel mezzo del dramma piu' grande degli ultimi decenni e per il quale nessuno ha colpa.

Tanta arroganza tedesca, non solo ora, ma proprio ora è particolarmente tragica. Perché? Perché da molto tempo ormai la litania tedesca non ha piu' molto a che fare con la vita reale dell'italiano, come del resto accade con la storia della puntualità tedesca e la vicenda dei tempi di costruzione del nostro grazioso aeroporto di Berlino. Una storia che tutto sommato ci sembra ancora divertente.

Al posto della imbarazzante discussione sulla possibilità di una partecipazione tedesca agli Eurobond per aiutare altri paesi - i tedeschi preferiscono continuare a fantasticare sul fatto che l'italiano in passato avrebbe dovuto risparmiare di piu'. Il che dovrebbe spiegare la mancanza di zelo da parte dei tedeschi nell'avviare finalmente una storica operazione di salvataggio all'interno dell'UE, come del resto abbiamo visto al vertice di questa settimana. L'Europa rischia un dramma, non perché gli italiani abbiano torto, ma perché probabilmente ad essere sbagliata è una parte importante della percezione tedesca sulla questione.

Se lo stato italiano in una crisi come questa è finito sotto pressione, sempre che la responsabilità sia degli italiani, dipende soprattutto dal fatto che il paese ha un livello di debito pubblico alquanto elevato, vale a dire tanti debiti fatti in passato. Solo che questo ha poco a che fare con la realtà attuale, ma molto di piu' con una fase di vero deragliamento durante gli anni '80 - sebbene ciò all'epoca non fosse di per sé dovuto solo a una mentalità dello sperpero, ma anche ad un aumento improvviso e molto forte dei tassi di interesse, come del resto evidenziato da Antonella Stirati dell'Università di Roma Tre.


Sono almeno quattro decenni fa. Piccolo rompicapo: se noi tedeschi non avessimo avuto all'estero dei cari amici che nel 1953 ci hanno condonato parte dei nostri debiti, anche noi oggi saremmo ancora qui alquanto stupidi e con il carico dell'eredità del passato. Come rischia di andare a finire, quando le persone devono continuare a pagare per i debiti fatti in passato lo si è già visto in Germania dopo la prima guerra mondiale, quando il sistema è crollato, come del resto rischia di fare da anni in Italia.

Quanto e soprattutto se gli italiani hanno effettivamente sperperato denaro, lo si può vedere bene dallo sviluppo del bilancio statale. Dal 1992, i governi italiani, anno dopo anno, hanno registrato un avanzo di bilancio primario, escluso quindi il pagamento di interessi per il servizio sul vecchio debito. In altre parole, lo stato per 30 anni ha speso meno per i suoi cittadini rispetto a quanto non abbia preso da loro. Con l'unica eccezione dell'anno della crisi finanziaria mondiale del 2009. Si tratta di un risparmio da record, e non di uno sperpero, cara casalinga sveva.

E tutto ciò dopo la crisi dell'euro si è trasformato in una catastrofe, quando i capi di governo come Mario Monti, sotto la pressione internazionale e soprattutto tedesca hanno fatto una riforma dopo l'altra. A volte sul mercato del lavoro, a volte del sistema pensionistico. Dolce vita? Sciocchezze. Dal 2010, gli investimenti pubblici in Italia, sotto la pressione dell'austerità, sono scesi del 40 %, afferma Stirati. Un vero crollo. Lo stato ora investe quasi un 10% in meno nell'istruzione. Follia.

Nel complesso la spesa pubblica reale in Italia dal 2006 è rimasta stagnante. Per fare un confronto: da allora in Germania è aumentata di quasi il 20 %. E questo, caro furbacchione, non può essere considerato come un presunto risarcimento per il fatto che in passato l'italiano aveva speso troppo. In Germania, il nostro padre-stato spende un 25% in più pro-capite rispetto all'Italia. Fatto che in queste settimane si mostra in tutta la sua miseria.

E tutto ciò nell'attuale crisi sta diventando un dramma senza fine: i governi italiani dal 2010 in poi hanno anche tagliato la spesa pubblica per la salute, mentre in Germania la spesa pro-capite continuava a crescere anno dopo anno. Il che ha portato al fatto che quando la pandemia è scoppiata in Italia, dove mancavano posti letto, la gente è morta, e molte di quelle persone oggi potrebbero essere ancora vive. Nessuna colpa diretta dei politici tedeschi, ovviamente. Ma è giunto il momento di smetterla di dare ordini sbagliati, e invece aiutare a risolvere il disastro, caro signor Schäuble. Oppure di dire "scusateci".

I pagliacci che invece vorrebbero spiegarci il funzionamento del mondo, in questi giorni continuano a parlare della "tossicodipendenza da debito" degli italiani. Ecco un piccolo suggerimento: se rapportato al prodotto interno lordo, in nessun altro paese il debito privato è così basso come in Italia.

Ancora una domanda: perché la percentuale di coloro che in Italia vorrebbero uscire dall'UE è aumentata e nelle ultime settimane ha superato il 50%? Per capirlo, almeno in una certa misura, bisognerebbe solo provare a mettersi nei panni di quelle persone che a Milano o Bergamo per anni si sono dovuti sorbire tutti i tagli sopra menzionati nella loro vita quotidiana, e che a causa degli ospedali sovraccarichi potrebbero aver perso il padre o la madre - e ora leggono dagli spacconi tedeschi che avrebbero dovuto risparmiare di piu'. A volte semplicemente è solo scomodo. Come italiano, prima o poi mi sentirei nel diritto di dirgli: "levatevi di torno!".

Di questa situazione, tuttavia, non si possono rimproverare i tedeschi in generale. Dietro piuttosto c'è il grande fallimento degli esperti che da noi fanno politica a mano libera, e agiscono come se fossero dei papi dell'economia e mostrando risentimento. E chi per pigrizia o altro preferisce rimestare i soliti cliché, invece di occuparsi delle persone o avere a che fare con delle regole relativamente semplici di analisi e statistica macroeconomica. Non è sufficiente recitare la solita storia del rapporto debito/PIL italiano.

Se il debito pubblico italiano dopo la crisi dell'euro è cresciuto, ciò non è dovuto alla mancanza di austerità. Chi durante la crisi riduce le uscite e aumenta le tasse, semplicemente sta peggiorando la situazione sia sul lato economico che di bilancio - e finisce per avere un deficit e un debito pubblico piu' alto di prima. Qualcosa del genere, con un po 'di buona volontà, dovrebbe essere comunicato anche in Germania. Non siamo mediamente piu' stupidi rispetto ad altri paesi.

Se Hans-Werner Sinn per anni, grazie ad una interpretazione eccessiva ed errata dei saldi target, ha strombazzato ai quattro venti la fiaba dei sud-europei malvagi, lo ha fatto piu' che altro per zelo e anche risentimento, ma non per mancanza di competenza (certamente no). Ma è davvero assurdo se persino un ex capo-economista della Banca centrale europea come Ottmar Issing sembra dimenticare i numeri reali e invece si lamenta sostenendo che i politici italiani chiedono gli Eurobond solo per potersi indebitare all'infinito - dopo che i politici italiani da oltre tre decenni stanno generando un avanzo primario. Cosa vuol dire allora tutto ciò?

Forse la prima cosa di cui l'Europa ha bisogno per potersi salvare sono dei nuovi esperti tedeschi. Alcuni, che in questo periodo continuano a parlare ad alta voce, non meritano affato la buona immagine di cui gode la Germania nel mondo.

Non siamo al circo. Ma in una crisi incredibilmente grave. Per come le cose si stanno mettendo, crescerà il numero di italiani stufi dell'Europa e che non ne vorranno piu' sapere di farsi dire cosa fare nella loro vita quotidiana, da persone che apparentemente non ne hanno idea.

È giunto il momento di fermare il dramma - sia esso con gli Eurobond, come simbolo di un destino da condividere, che del resto abbiamo già fatto con la valuta comune. C'è ancora tempo per i tedeschi, dopo le ultime settimane difficili e incasinate, per raddrizzare la curva.

Altrimenti tra qualche anno l'Unione Europea non sarà più un'Unione. E in paesi come Italia e Francia arriveranno al potere persone che come Donald Trump o Boris Johnson, non avranno piu' alcuna intenzione di prendere parte al gioco. Quel gioco grazie al quale la Germania per decenni ha costruito la propria prosperità. 



domenica 2 febbraio 2020

Thomas Fricke - Perché i tedeschi dovrebbero solo ringraziare l'italiano Mario Draghi

"Il fatto che l'assegnazione di un riconoscimento a Draghi nel 2020 scateni ancora dei forti sentimenti di rabbia ci fornisce un'idea: quante poche possibilità abbiano anche gli avvenimenti piu' semplici quando si scontrano con una narrazione così bella - quella dell'italiano eternamente inaffidabile, che espropria gli onesti risparmiatori tedeschi - soprattutto se la storia si nutre di cliché così meravigliosi. Che si tratti di pizza o di mancanza di stabilità valutaria il risultato non cambia. Crisi.", scrive l'ottimo Thomas Fricke su Der Spiegel. I tedeschi dovrebbero solo ringraziare Mario Draghi, l'italiano, ma invece preferiscono affidarsi alla solita narrazione razzista dell'italiano inaffidabile e spendaccione che espropria il laborioso tedesco dei propri risparmi. Ne scrive Thomas Fricke  su Der Spiegel


Al momento ci sono delle domande piu' o meno importanti: che succederà con la recessione? Donald Trump sarà rieletto? Cosa accadrà al nostro settore automobilistico? 

E ce ne sono di veramente importanti: se, ad esempio la Croce al merito federale per l'ex presidente della Banca centrale europea sia meritata. Oppure meglio non dargliela, perché probabilmente è il responsabile dell'esproprio ai danni del risparmiatore tedesco.

Per essere chiari, al momento si parla proprio di questo. In ogni caso negli ultimi giorni alcuni giornali in Germania hanno riempito le loro pagine di pro e contro. E sono state illustrate diverse posizioni. Anche da parte di molti politici.

La Croce al merito non è un premio per il successo ottenuto

Ora, per ragioni di obiettività, vorremmo sottolineare che la Croce al merito non è pensata come una sorta di Nobel con cui vengono premiati dei risultati economici particolarmente convincenti. In quel caso alcune croci già conferite in seguito avrebbero potuto benissimo essere revocate (e anche molti premi Nobel). È  vero inoltre che la croce assegnata a Mario Draghi è stata data come un'eccezione. Più come un riconoscimento d'ufficio assegnato quasi automaticamente a personalità di alto livello, come ad esempio i capi delle banche centrali. Quindi secondo una buona abitudine, in maniera alquanto indipendente dalle prestazioni.

Il fatto che la premiazione di Draghi nel 2020 scateni ancora dei forti sentimenti di rabbia ci fornisce un'idea: quante poche possibilità abbiano anche gli avvenimenti piu' semplici quando si scontrano con una narrazione così bella - quella dell'italiano eternamente inaffidabile, che espropria gli onesti risparmiatori tedeschi - soprattutto se la storia si nutre di cliché così meravigliosi. Che si tratti di pizza o di mancanza di stabilità valutaria il risultato non cambia. Crisi.

Anche la stessa tesi di base secondo cui la BCE sarebbe la sola responsabile per i tassi di interesse a zero è già di per sé traballante. Certo, la BCE ha avuto un ruolo nell'evitare un nuovo aumento dei tassi di interesse. Tuttavia, il fatto che i tassi di interesse siano storicamente così bassi non ha nulla a che fare con la BCE. Altrimenti non sarebbero così bassi ovunque, anche nei paesi non appartenenti all'eurozona. Basterebbe dare un'occhiata alle statistiche sui tassi di interesse mondiali.

Nei paesi non appartenenti all'Eurozona, come ad esempio la Svizzera, i tassi di interesse sono ancora più bassi - e ancora più in rosso. Senza Draghi. E senza il cliché meridionale.

Chi non ha piu' un lavoro non può neanche risparmiare

Se sui titoli di stato tedeschi c'è un interesse negativo, ciò ha poco a che fare con la BCE, ma con il fatto che questi titoli in periodi turbolenti sono estremamente richiesti in quanto considerati investimenti sicuri. I bassi tassi di interesse sono il lato negativo del successo, per così dire. E in passato le cose non andavano diversamente. I tassi di interesse in Germania sono sempre stati più bassi che altrove. Per quello non c'era bisogno di Draghi. È anche probabile che senza Draghi e l'euro in Germania ci sarebbero stati tassi di interesse ancora piu' bassi. Come in Svizzera.

Non è necessario un alto livello di matematica per rendersi conto che ciò che alla fine per i risparmiatori conta è quello che resta dopo aver detratto l'inflazione, cioè il valore reale, e che i tassi di interesse reali oggi non sono molto più bassi di quanto non lo fossero prima: sicuramente il tasso nominale è basso, ma è anche vero che non c'è inflazione. E non è nemmeno necessario un alto livello di logica per affermare che la crisi finanziaria di per sé non può essere stata innescata da un elevato debito pubblico nei paesi del sud - se all'inizio della crisi nei paesi poi finiti in crisi come la Spagna non c'era un debito pubblico elevato.

Non importa, è semplicemente troppo bello continuare a mormorare che i sud-europei non sanno gestire il denaro - che lo sappiamo fare solo noi tedeschi.

Tutte le esperienze fatte in caso di escalation di una crisi finanziaria suggeriscono che, se nel 2012 Draghi non avesse fermato l'escalation della crisi con un vero e proprio "faremo il possibile per fermare la crisi", ci sarebbe stata una crisi ancora più grave, nella quale anche molti tedeschi avrebbero perso il lavoro. Fatto che avrebbe aiutato ancora meno i risparmiatori. Perché se non hai soldi, allora non puoi risparmiare nulla.

Chi è  allora che non sa gestire i soldi?

Ci sono molte critiche nei confronti di ciò che Mario Draghi ha fatto nel dettaglio. Sarebbe stato meglio se i soldi spesi dalla BCE per i salvataggi fossero finiti direttamente sui conti correnti dei cittadini - in modo da poterli spendere nella vita reale e non nel mondo finanziario. L'economia dell'eurozona in quel caso sarebbe uscita dalla zona pericolosa molto prima e non ci sarebbero stati i tassi di interesse negativi.

Ma anche questo non cambierebbe molto nell'assurdità della narrazione sul malvagio Draghi.

In verità la narrazione dovrebbe essere diversa: semmai dovremmo ringraziare Mario Draghi, l'italiano, se oggi abbiamo ancora una valuta così stabile. Perché è stato lui a correggere gli errori del ministro delle finanze tedesco: quando nella fase acuta della crisi, quasi dieci anni fa, si è ostinatamente rifiutato di aiutare i Greci - condotta che ha solo alimentato i dubbi sulla volontà di far fronte alla crisi facendo aumentare il panico sui mercati finanziari.  

Il buon italiano economicamente sopraffatto dal tedesco? Certo, è difficile raccontare questa storia nel collegio elettorale. E ancora piu' difficile sui gazzettini di partito. Andrebbe a sbattere contro ogni cliché.

Se ci fosse bisogno di indicare una ragione sostanziale per tutti coloro che in questo paese hanno ricevuto una Croce al merito, allora se la sarebbe meritata molto più Draghi - che non il suo predecessore, Jean-Claude Trichet, oppure Wolfgang Schäuble. Perché Trichet nel 2008 ha sottovalutato l'escalation della crisi finanziaria globale, a differenza dei suoi colleghi negli Stati Uniti e nel Regno Unito, e in questo modo ha peggiorato la situazione dell'eurozona.

Tutte le esperienze fatte con l'insorgere del panico durante una crisi finanziaria insegnano che in tali crisi è importante rassicurare che si farà il possibile affinché il panico non abbia la meglio. Proprio come fece il bravo Mario Draghi nel 2012 - fermando la crisi. Solo che questa nel frattempo si era terribilmente intensificata.

Un dramma tedesco. E forse uno degli errori più gravi che un ministro delle finanze tedesco abbia mai fatto nel dopoguerra.

Domanda di controllo: se la diagnosi è corretta e rimanesse solo una Croce al merito federale, a chi la dareste? A Wolfgang Schäuble? O a Mario Draghi? Esattamente.


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sabato 8 dicembre 2018

Thomas Fricke su Der Spiegel: Macron è come Schröder e anche lui finirà per essere asfaltato

Un ottimo Thomas Fricke su Der Spiegel fa un confronto fra il rapido crollo del giovane Macron e il declino dei socialdemocratici tedeschi iniziato con Gerhard Schröder e giunge a una conclusione netta: anche Macron, come era già accaduto a Schröder, Renzi e Monti, sarà asfaltato. Da Der Spiegel


L'Europa negli ultimi anni ha prodotto alcuni grandi riformatori dell'economia. Tony Blair ad esempio. O Gerhard Schröder. Mario Monti e Matteo Renzi in Italia. In Spagna Mariano Rajoy. E da un po' piu' di un anno in Francia, Emmanuel Macron.

Tutti nei loro paesi, in maniera più o meno zelante, hanno fatto quello che i papi dell'economia gli raccomandavano di fare: ridurre le gravose regole del mercato del lavoro, alleviare il carico fiscale sui poveri ricchi, trovare le risorse riducendo i sussidi di disoccupazione (per fare finalmente un po' di pressione sui disoccupati), fermare i sindacati con le loro rivendicazioni sfacciate - e poi un'altra pratica divenuta ormai uno standard: tagliare le pensioni.

Tutto ciò è sempre servito per ottenere delle belle lodi dai tanti professoroni dell'economia. E dai funzionari di Bruxelles. E dalle persone che gestiscono il denaro sui mercati finanziari, e che di solito di soldi ne hanno anche tanti. Cioè Friedrich Merz. Per fare un esempio

Peccato ci sia qualcosa di irritante: tutte le star del riformismo da allora e per ragioni misteriose sono state travolte dalla sfortuna - per lo più sotto forma di un crollo improvviso nei sondaggi sulla popolarità fra gli elettori. Piu' o meno tutte queste star hanno perso il sostegno del popolo. Proprio come in queste settimane sta accadendo ad Emmanuel Macron, dopo tutte le belle riforme avviate per la grande gioia dei professori e degli analisti, e che ora invece viene colpito dalla protesta dei francesi coi giubbotti gialli (e dal crollo nei sondaggi).

In maniera simile a Gerhard Schröder, solo che allora non c'erano i giubbotti gialli, quando nel 2005 fu costretto a indire nuove elezioni a causa delle dimostrazioni del lunedì e del malcontento popolare. Per rendersi poi conto che lui, il più grande di tutti i riformatori, era sostenuto solo da una minoranza di persone. Cosa che secondo gli usi democratici non è possibile. Ora è costretto ad occuparsi di petrolio e gas. O Monti e Renzi, che sono stati espulsi dal campo. O Tony Blair, che oggi sull'isola nessuno vuole avere come amico - almeno nel proprio campo politico.

Coincidenza? Da allora quasi tutti i partiti (per la maggior parte formalmente socialdemocratici) sono implosi nel tentativo di dimostrare di essere riformatori - in Germania è accaduto alla SPD, in Italia al Partito Democratico di Renzi e in Francia al Parti socialiste, un tempo un  grande e orgoglioso partito, che prima di Macron si era già cimentato con le grandi riforme.

Come? Con una simile scoperta, i predicatori dell'ortodossia economica dovrebbero subito iniziare a lamentarsi in coro - a scelta sul popolo tedesco, italiano o francese - i quali semplicemente non avrebbero una comprensione dell'economia sufficiente, oppure che per qualche ragione sarebbero diventati un po' troppo comodi o pigri (teorema di Spahn-Merz). Caratteristica che al piu' tardi durante la prossima crisi e grazie ad un certo livello di sofferenza potrà essere eliminata.

Oppure i predicatori hanno tirato fuori la pratica tesi argomentativa secondo la quale tali riforme richiedono tempo, quindi la gente non dovrebbe essere così impaziente - perché tutte queste privazioni porteranno alla crescita economica, alla creazione di più posti di lavoro, e alla fine tutti guadagneranno di più e andranno in paradiso. Bene. Prima o poi accade.


Un'altra interpretazione potrebbe essere quella secondo la quale le riforme non rendono tutti veramente felici per l'eternità - e qualcuno nel popolo prima o poi se ne accorge.

La verità è: dove le riforme sono state fatte, più o meno secondo i libri di testo, tutte queste rinunce, le condizioni di lavoro più flessibili e le altre liberalizzazioni, nella maggior parte dei casi sono servite a migliorare di molto i bilanci aziendali e a fare la fortuna degli investitori. Quindi, questa parte della promessa ha funzionato decisamente bene. Mai fino ad ora le aziende avevano fatto così tanti soldi come oggi. Gli azionisti non erano mai stati così ricchi come dai tempi dei grandi riformatori del libero mercato Ronald Reagan e Margaret Thatcher.

Sembra anche che abbia funzionato bene il fatto che quà e là le aziende abbiano creato diversi nuovi posti di lavoro, grazie ai buoni profitti e a tutte le nuove opportunità di assumere le persone per un breve periodo, pagandole un tozzo di pane. Almeno la disoccupazione nei primi paesi ad aver implementato le riforme, cioè gli Stati Uniti e il Regno Unito, è a livelli storicamente bassi, come da noi. Anche in Francia e in Italia è diminuita in maniera significativa. Almeno Ufficialmente.

Il problema è che qualcosa non sembra essere andato in maniera giusta, almeno se misurato da quanto la situazione quasi ovunque sia politicamente preoccupante. E di come le avvisaglie della crisi siano arrivate prima negli Stati Uniti e poi nel Regno Unito, cioè dove la "battaglia finale del mercato" è stata praticata con piu' energia. Nel frattempo pero' si comincia a sospettare che tutto ciò sia dovuto ai difetti del bel modello economico:

- le aziende, nonostante tutti i grandi guadagni, non hanno mai investito cosi' poco in una ripresa futura come hanno fatto questa volta - ciò potrebbe avere a che fare con il fatto che questa volta a causa della riduzione dei redditi e della insicurezza economica manca la prospettiva di una crescita della domanda interna.

- con tutta la nuova pressione, la concorrenza dei lavoratori a basso costo e la perdita di influenza dei sindacati, nel lungo periodo non sono ipotizzabili grandi aumenti salariali. Secondo i rapporti dell'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), i salari da anni quasi ovunque nei paesi industrializzati crescono ad un ritmo storicamente molto basso; nel Regno Unito e in Italia, le persone in media, tenendo conto dell'inflazione, guadagnano meno di quanto non guadagnassero prima della crisi del 2008.

- una parte significativa delle persone questi aumenti salariali non li ha nemmeno visti - e in alcuni casi in termini reali oggi guadagnano ancora meno di dieci o venti anni fa; fatto ancora più vero per gli Stati Uniti.

- a causa della forte mobilità e flessibilità è aumentata drammaticamente l'incertezza dei lavoratori e la possibilità di perdere improvvisamente una parte significativa del reddito durante la loro vita professionale  - fatto che secondo la diagnosi dell'economista Tom Krebs di Mannheim conduce inequivocabilmente al fatto che molte persone a causa della loro frustrazione abbiano scelto i populisti. Parole chiave: paura  del declino economico.

Tutto ciò è esattamente l'opposto di quello che i papi del riformismo avevano promesso: e cioè che alla fine tutti ne avrebbero beneficiato. E ciò potrebbe anche spiegare il motivo per cui anche in Germania, dove i criteri comuni per la valutazione del successo economico - una crescita costante con un calo della disoccupazione - sembrano essere perfetti, il risentimento sia così grande. E perché a votare AfD e gli altri populisti non ci siano solo i poveri e i disoccupati. Oppure i partiti di destra vanno molto meglio laddove la pressione della globalizzazione era (ed è) sensibilmente più alta - e in particolare laddove sono in molti ad avere l'impressione di aver perso il controllo sul proprio destino. E perché Donald Trump nel 2016 ha vinto soprattutto in zone come la vecchia regione industriale della "Rust Belt", dove la gente da un giorno all'altro ha visto la propria sopravvivenza minacciata.

Questo potrebbe anche spiegare il motivo per cui oggi in Italia governano i populisti - dopo che quelli che in precedenza avevano riformato così bene sono caduti in disgrazia, e perché il popolo non ha avuto la sensazione, anche dopo anni di riforme varie, che presto a tutti le cose sarebbero potute andare meglio.

E perché anche il giovane e smart Emmanuel Macron ora venga travolto da quello che era già successo anni fa a Schroeder, Blair e Renzi: che sì hanno fatto battere a mille i cuori dei fondamentalisti dell'economia, ma proprio per questo motivo si sono trovati al capolinea politico. E da allora politicamente la situazione si è fatta difficile.

Se ciò è vero, allora c'è  urgente bisogno di una comprensione completamente nuova di ciò che è buono oppure no: una politica che consenta agli imprenditori del paese di mettere in pratica idee e guadagnare abbastanza da poter investire e creare nuovi posti di lavoro - non come un fine in se stesso, o come qualcosa che porta ad un collasso politico a causa dei vari effetti collaterali.

Nel mix dei criteri per fare una buona politica quindi non dovranno esserci solo le solite cianfrusaglie economiche, ma anche quanto può essere considerato adeguato questo o quel pacchetto di riforme per riconciliare e tenere unita la società. E poi fra le riforme significative c'è quella di fare in modo, senza alcun dubbio (e non come possibile consequenza tardiva), che il maggior numero possibile di persone ne possa beneficiare - se ciò non dovesse avvenire in maniera automatica.

Allora potrebbe valere la pena consultare un po' più spesso gli psicologi in merito al livello di insicurezza e perdita di controllo, causati dagli appelli alla competività, alla concorrenza e alla mobilità, che può essere sopportato dall'animo umano. Se l'esemplare medio del nostro genere è sopraffatto da così tanti sconvolgimenti, perché dovrà nutrire una famiglia e pagare una casa, e quindi non potrà nemmeno spostarsi in qualche altro luogo per trovare un lavoro; diversamente da quanto è scritto nei libri di testo.

Quello che da un paio di decenni viene predicato nei modelli dell'ortodossia economica, semplicemente potrebbe non funzionare con il modello standard di uomo medio. Sia che si tratti della versione francese, italiana o tedesca.


venerdì 16 novembre 2018

Thomas Fricke su Der Spiegel: l'Italia vittima dei dogmi economici tedeschi

Un ottimo Thomas Fricke su Der Spiegel, non senza ironia, mette a nudo i dogmi economici di Bruxelles e Berlino e prova a spiegare ai tedeschi perché certe ricette economiche che a nord delle Alpi godono della massima considerazione, alla prova dei fatti potrebbero rivelarsi pura ciarlataneria. Bisogna dare atto a Thomas Fricke di essere uno fra i pochi che sulla cosiddetta "stampa di qualità" tedesca riesce a farsi pubblicare qualcosa di vagamente favorevole nei confronti dell'operato del governo italiano. Un brillante Thomas Fricke Da Der Spiegel


Si parla sempre piu' spesso di questa intelligenza artificiale che dovrebbe renderci la vita più facile e farci diventare tutti disoccupati. Perché i robot sanno fare tutto meglio. Sebbene di solito si finisca per menzionare un'assurdità come le auto a guida autonoma. O Alexa, che, zack, accende la luce.

Su questo tema ci sarebbe un campo di attività dell'intelligenza umana tradizionale nel quale le macchine potrebbero avere davvero un ruolo: capire perché in realtà un paese ha un successo economico superiore rispetto a un altro paese. E in poche parole andare dritto al punto: cosa dovrebbe fare l'italiano? Anche se fare ricorso al termine intelligenza per descrivere ciò che gli economisti tradizionali sono stati in grado di proporre fino ad ora puo' essere considerata una scelta decisamente amichevole e generosa.

Detto seriamente: se cosi' tanti italiani hanno votato per i populisti arrabbiati che non ne vogliono sapere di rispettare le vecchie raccomandazioni, cio' non ha molto a che fare con il fatto che l'italiano di per sé é un po' strano. Per anni l'Italia ha fatto esattamente ciò che le veniva chiesto di fare dalla dottrina economica standard dispensata via Bruxelles, oppure cio' che Wolfgang Schäuble pretendeva.

Solo che tutto ciò non ha portato grandi risultati - cosa che anche l'italiano ad un certo punto ha notato. E in secondo luogo perché quello che ora Bruxelles e Berlino chiedono agli italiani di fare, per salvare il paese e come alternativa ai piani del governo populista di destra-sinistra, è ancora meno convincente. Quindi: dovete fare ancora riforme. Secondo la vecchia dottrina ortodossa. Una sorta di teologia economica.

Secondo questa dottrina originale un paese deve sempre e comunque semplificare le regole, ridurre la burocrazia, rendere piu' facile il taglio dei costi per le aziende, alzare l'età pensionabile invece di abbassarla, rallentare l'indebitamento e fare più pressione sulla popolazione affinché anche i lavori mal pagati vengano accettati. Perché in questo modo l'economia diventa più dinamica e ciò crea lavoro e persone piu' felici.

Se ciò fosse vero l'economia italiana dovrebbe essere almeno tendenzialmente più dinamica rispetto al 2011, e l'italiano sicuramente più felice.

L'inflazione da anni in Italia è piu' bassa che in Germania

Da allora nel paese l'età pensionabile è stata gradualmente aumentata, è stato introdotto un freno all'indebitamento, introdotte leggi contro la corruzione, è stata allentata la protezione contro il licenziamento, sono aumentati i costi in caso di malattia, le poste e altri servizi sono stati (parzialmente) privatizzati, è cresciuta la pressione sui disoccupati, ridotta la burocrazia, promossi accordi salariali flessibili nelle aziende, semplificate le pratiche negli appalti pubblici, promosso il miglioramento della morale fiscale e accelerati i procedimenti giudiziari. Per fare solo alcuni esempi.

In quel periodo ad esempio gli italiani sono stati vicini ai primi della classe nella speciale classifica dello zelo riformatore ideata dal think tank del Lisbon Council. Secondo i criteri economici ortodossi, da allora l'Italia dovrebbe essere osannata come un esempio con:

- un avanzo commerciale con l'estero di circa 50 miliardi di euro;

- un surplus nel bilancio pubblico prima degli interessi pari a  circa il due per cento del PIL;

- un'inflazione che per anni è stata inferiore rispetto a quella della Germania.

L'americano a questo punto per l'invidia dovrebbe sprofondare nella tristezza piu' profonda.

Solo che tutto questo non ha fatto crescere l'economia più rapidamente - e non ha reso gli italiani così felici da rieleggere prontamente quei politici che hanno fatto tutte queste belle riforme. Cosa che Gerd Schröder avrebbe potuto dirgli con largo anticipo.

Dal 2011 i governi italiani nel complesso non hanno riformato meno di quanto abbiano fatto i tedeschi ai tempi dell'Agenda 2010 - e il loro governo è stato punito elettoralmente tanto quanto i rosso-verdi. Solo che nel frattempo in Germania c'è stata una crescita economica piu' forte e un aumento significativo dell'occupazione. Il che, a ben vedere, era dovuto solo in parte alle riforme dell'Agenda e molto piu' al fatto che mezzo mondo all'epoca stava facendo festa e aveva bisogno di macchinari o automobili. E la Germania ha beneficiato della crisi dell'euro. Ha avuto fortuna

Negli ultimi anni dopo la crisi finanziaria nessuno ha piu' fatto una vera festa, motivo per cui l'economia italiana non è uscita dalla crisi come all'epoca invece aveva fatto quella tedesca.

Non esiste una ricetta che funziona in tutti i paesi

Anche questo rende ancora piu' assurdo pretendere che una dottrina di salvezza economica funzioni allo stesso modo sempre e ovunque - sempre che funzioni. Ci sono di fatto paesi alquanto dinamici come i nordici, dove le persone pagano molte tasse e lo stato è molto presente. Situazione che in realtà non è prevista dai testi ortodossi. Altri paesi, almeno a prima vista, potrebbero andare d'accordo con i libri di testo. Come Singapore. Ma a cosa serve confrontarsi con uno staterello così speciale?

Se dal punto di vista politico-finanziario c'è una lezione che possiamo trarre dagli anni della crisi, è che se l'economia va bene il debito pubblico nel lungo periodo tende a scendere. Fatto che ci riporta alla questione di fondo: in che modo una simile economia può diventare più dinamica senza che le persone corrano a dare il voto ai populisti? Se vengono fatte molte riforme senza che le cose inizino ad andare un po' meglio, almeno dopo un periodo iniziale difficile, la gente alla fine voterà per i partiti di protesta. E quindi non servirà a molto chiedere più riforme se queste non sono servite a nulla. Almeno non abbastanza da convincere gli elettori.

A cosa serve avere l'industria più competitiva, se poi la società viene dilaniata dagli effetti collaterali dovuti alle divergenze sempre piu' drastiche dei redditi? E alla fine arriveranno i populisti a cui le regole non interessano troppo. Vedi Roma.

Certo, ci sono quello e quell'altro indizio che suggeriscono che la tale riforma tende a funzionare meglio di un'altra. Ma la saggezza dell'economia non va molto oltre. Quello che funziona in un dato paese e in un dato momento in un particolare ambiente economico, non  funzionerà necessariamente allo stesso modo nel prossimo paese. E il successo dipende anche da quanto le riforme e i tagli possano essere sostenibili democraticamente.

Serve anche a poco il fatto che gli esperti del Fondo Monetario Internazionale abbiano raccomandato al governo di Roma misure che generano una maggiore crescita economica - se queste poi sono collegate alla solita sentenza sacrale degli economisti secondo i quali questa o quella riforma produrrà una crescita "di lungo termine". Con un po' di fortuna. Forse.

Poca conoscenza, grande risolutezza

La risolutezza con cui specialmente da Bruxelles o da Berlino dall'Italia si pretende questo o quel comportamento è sorprendentemente contraddetta dal fatto che pochi economisti sanno cosa realmente fa bene alla crescita economica e (quindi) cosa fa scendere il debito pubblico.

Fatto che potrebbe portare a una conclusione fondamentale: un esercizio così delicato dovrebbe essere lasciato ai governi i quali dovranno poi rispondere ai loro elettori di quello che hanno fatto.

Almeno fino a quando i nostri amici nella ricerca economica non saranno in grado di sviluppare il primo economista equipaggiato con una intelligenza artificiale sufficiente tale da dirci cosa dovrebbe fare esattamente un governo per aumentare la crescita economica in un paese. Sarebbe utile davvero.




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sabato 20 ottobre 2018

Thomas Fricke su Der Spiegel: fermate l'Italien-Bashing!

Un ottimo Thomas Fricke su Der Spiegel ci spiega il livello di assurdità raggiunto dalla politica e dai media mainstream tedeschi. Di fronte alla crisi economica e democratica in cui si trova una parte dell'Europa, i primi della Klasse per pochi decimali di deficit fanno partire un Italien-Bashing a reti unificate. Una decisione assurda e ingiustificabile, che nasconde una certa Schadenfreude per la situazione italiana e che rappresenta l'ennesima scelta miope che si ritorcerà contro l'establishment tedesco. Un ottimo Thomas Fricke su Der Spiegel


A volte si ha l'impressione che qualcuno da noi provi una certa gioia nel poter mostrare agli altri paesi che non sono bravi come noi tedeschi. E se il greco al momento non è disponibile, l'italiano è sempre un ottimo oggetto per poterglielo insegnare.

Questo mi sembra l'unico modo per spiegare l'entusiasmo con cui i grandi giornalisti e i rappresentanti della politica attualmente stanno sparlando di ciò che il governo populista a Roma ha proposto come prossimo bilancio pubblico. E in questo quadro è legittima ogni sobria considerazione - ma nessun panico in merito alla possibilità che l'Italia possa fallire o che ci minacci con la sua rovina.

A meno che non si voglia nutrire con altri drammi grotteschi il ​​panico degli operatori sui mercati finanziari già alquanto nervosi.

Il vero dramma non è tanto che un governo populista voglia realizzare le promesse per le quali è stato eletto democraticamente. Per quanto stupide si possa pensare che siano. Ma il fatto che di questi tempi le persone siano così disperate da votare per tali governi. Fatto che a sua volta ha poco a che fare con la presunta mancanza di una cultura italiana della stabilità, ma che ha molto più a che fare con la profonda crisi creatasi dopo decenni di globalizzazione. E notoriamente questo problema tiene molto occupati anche gli americani, gli inglesi, i francesi, gli olandesi e i bavaresi. Solo per citarne alcuni.

Ciò che sembra ancora più sbagliato è cercare di contrastarne le conseguenze con i soliti sermoni sulla stabilità e insistere nel mantenere le promesse sul deficit fatte dai precedenti governi di Roma, già deposti in maniera alquanto spettacolare. Ad ogni modo, uno strano concetto di democrazia.

L'Italia non sta violando i criteri di Maastricht

Leggere quello che in Germania in questi giorni si scrive sull'Italia toglie il fiato. Si paventa una crescita incontrollata del debito. E degli sprechi. Si parla di denaro pubblico usato per gozzovigliare. Oppure si scrive che il governo vuole distribuire mance elettorali. Certo: tipicamente italiano.

Signori, avete ancora tutte le tazzine da caffè nella vostra credenza? Giusto per fare un po' di ordine: il governo ha avuto il coraggio di preventivare solo una piccola parte di ciò che effettivamente intendeva fare. Allo stato attuale il governo italiano con i suoi piani non intende infrangere i criteri di Maastricht - con il 2,4% sul PIL il deficit pubblico rimarrebbe ancora al di sotto del tre per cento. Era stato il governo precedente a voler ambiziosamente ridurre il deficit a solo lo 0,8%. Nel confronto internazionale con un dato simile l'Italia sarebbe stato un modello - fra i paesi del G7 secondo solo ai tedeschi. Il deficit dell'America di Trump probabilmente sarà più di sette volte maggiore.

Questo fa sembrare assurdo anche il grande sospiro preoccupato: hujujuj, il deficit di bilancio statale italiano è triplicato! Attualmente lo si ripete in ogni cronaca, sia nelle foreste che sui prati, come se fosse il frutto di una matematica molto avanzata. Da quasi zero a qualcosa che ancora non è drammatico. Come esempio per lo stammtisch dell'osteria: se qualcuno ogni tanto prende mezzo bicchiere di birra e poi ne triplica la quantità, non è ancora un alcolizzato. Se passa da tre a nove bottiglie al giorno, decisamente lo è. Cosa che l'italiano non fa. E' tutto molto relativo.

Italia: una riforma dopo l'altra

E qui non è di aiuto anche continuare a strillare che gli italiani hanno così tanti (vecchi) debiti. È giusto. Solo in Giappone sono molto piu' alti - senza che nessuno tuttavia continui a strillare che il paese è sull'orlo della bancarotta. Sin dall'inizio della crisi finanziaria globale nel 2008 in Giappone non c'è stato un singolo anno in cui il paese avrebbe potuto adempiere ai criteri Maastricht.

Anche con un deficit del 2,4%, il rapporto debito/PIL in Italia nei prossimi anni non continuerà a salire, lo ammette anche il boss dell'Ifo Clemens Fuest. Non eccezionale, ok. Ma nessuna ragione per sproloquiare di una sciatteria sfrenata.

La cosa incredibile è che la scoperta tedesca della presunta sciatteria italiana è esattamente il contrario di ciò che gli italiani sperimentano da anni. Dopo l'arrivo di Mario Monti nel 2011, nei sette anni successivi c'è stata una lunga sequenza di governi riformatori.

Le pensioni sono state tagliate e i contratti di lavoro flessibilizzati. Secondo le valutazioni dell'OCSE da nessun'altra parte sono state fatte cosi' tante riforme strutturali conformi con i libri di testo ortodossi. In nessun altro grande paese da anni lo stato spende, escluso il pagamento degli interessi, meno di quanto raccoglie dai suoi cittadini. Il che significa che per i cittadini c'è sempre meno denaro (almeno per coloro che non hanno titoli di stato). Nessun altro paese dell'UE negli ultimi anni ha tagliato così tanto gli investimenti pubblici.

È qui inizia il dramma. Tutto ciò è stato fatto dai governi di Roma in nome di una dottrina della salvezza secondo la quale con l'austerità il paese sarebbe diventato più dinamico, perché prima o poi le politiche di austerità dovrebbero pagare. La conosciamo. Almeno dai tempi in cui il nostro Gerd era Cancelliere.

Solo che il nuovo dinamismo economico, nonostante tutte le promesse, è rimasto troppo debole - anche perché è stato necessario fare molti tagli, fatto che non è stato positivo per l'economia. Per questa ragione nel paese è cresciuto il divario sociale. E ad essere in fase di boom in Italia sono soprattutto i lavori precari e temporanei. Il che potrebbe spiegare perché così tanti italiani hanno perso la voglia di votare per tali governi. Anche questo per noi non è poi così strano.

Tali drammi hanno contribuito all'ascesa dei populisti

Vi sono forti prove del fatto che il calo di fiducia nei confronti della gloriosa globalizzazione, le continue ondate di austerità e i cicli di riforme abbiano contribuito all'ascesa dei populisti italiani riuniti intorno a Matteo Salvini. Come è accaduto anche altrove. Se è vero che le cose stanno così, è davvero grottesco e negligente affrontare il problema spingendo i governi a fare piu' austerità e piu' riforme contro la volontà di una buona parte della popolazione.

Non può funzionare né in Italia né altrove. Con un approccio simile i socialdemocratici tedeschi sono riusciti a passare dal 40 % dei voti a meno del 20 % per cento attuale. Come i colleghi italiani o francesi. Nessuna coincidenza.

Non è necessario essere italiani. Non è che anche a Berlino c'è un governo che da anni sta  disperatamente cercando di riparare il danno collaterale fatto con delle riforme troppo dure e le conseguenti fratture sociali, facendo delle spese aggiuntive, introducendo il salario minimo e un'età di pensionamento anticipata. E gli italiani non lo possono fare solo perché hanno dei debiti pregressi? Questo non migliorerà la situazione.

Questo vale anche per inglesi, americani, francesi e tedeschi, fra i quali un numero sempre maggiore tende a scegliere i populisti. Ovunque c'è questo vago senso di perdita di controllo. E la situazione non migliorerà certo se un governo riceve da Bruxelles (o Berlino) una raccomandazione a fare il contrario di ciò per cui è stato eletto.

Certo, un'unione monetaria dove ognuno fa quello che vuole non potrebbe funzionare. Ma un'unione monetaria non funziona anche se in essa viene praticata quella stessa dottrina di salvezza che ha contribuito a creare la grande crisi in cui viviamo - e che nel lungo periodo non ha alcuna credibilità.

L'Italia deve spendere di più

Ci sono buone ragioni per le quali il governo italiano dovrebbe spendere piu' denaro, soprattutto per ridare una speranza alle persone frustrate e ai perdenti degli ultimi anni. E per far uscire l'economia dal dilemma della mancanza di domanda interna. E tornare a investire in innovazione.

Senza crescita, il deficit pubblico, come l'esperienza insegna, non può scendere in maniera permanente. Come tutto diventi piu' facile quando l'economia torna a crescere, i tedeschi lo stanno già sperimentando da anni.

Tutto il resto non è  democraticamente sostenibile.

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domenica 23 settembre 2018

Thomas Fricke: perché gli economisti tedeschi raccontano cosi' tante stupidaggini?

Un ottimo Thomas Fricke su Der Spiegel fa un parallelo con il caso Maaßen e si chiede perché gli economisti tedeschi che da anni raccontano stupidaggini e non ne azzeccano una non abbiano ancora perso le loro prestigiosissime poltrone, ma anzi continuino ad essere venerati dalla grande stampa. Da Der Spiegel


Certamente possiamo discutere se quanto dichiarato dal nostro povero capo del Verfassungsschutz sia così negativo. La questione del video falso, che evidentemente non era stato falsificato. La dichiarazione non è stata davvero felice, anzi una tesi alquanto traballante. Ad ogni modo, non così azzeccata da meritare una promozione al ruolo di Segretario di Stato.

Maaßen, con una tesi traballante che non può essere dimostrata, sorprendentemente ne è uscito bene. Per molti è fastidioso, ma non è certo un principio nuovo. Almeno nel campo della consulenza in materia di politica economica. Sembra anzi che le cose spesso vadano in questo modo.

Che qualcuno pur avendo delle tesi vacillanti riesca comunque ad uscirne bene, lo abbiamo appreso in un altro ambito: dai nostri economisti. Non importa che i papi dell'economia dominante come Hans-Werner Sinn abbiano già diagnosticato tutto o quasi in maniera erronea o almeno  traballante  - cio' non sembra aver danneggiato in alcun modo i grandi saggi. Almeno non a livello personale. Al contrario

Grazie alla madre di tutte le crisi che sarebbe dovuta arrivare, questi profeti di sventura sono riusciti ad ammansirci, senza che queste crisi poi siano effettivamente arrivate. Ed è per questa ragione che questi economisti non sono stati in grado di anticipare nessuna delle grandi crisi dei decenni passati. O almeno non hanno dato un contribuito significativo per poterle prevenire.

Ovunque assurdità 

Guardando in retrospettiva, una delle principali diagnosi errate dell'economia tedesca tradizionale sono state le grida ai tempi dell'Agenda 2010. A quel tempo la Germania, in quanto nazione esportatrice, sembrava essere minacciata nella sua stessa esistenza perché ormai era diventata troppo cara, e i tedeschi socialmente viziati e soprattutto pigri - questa era la tesi preferita dal maggior profeta di sventura dell'epoca, H. W. Sinn.

A quel tempo in realtà la Germania era ancora campione del mondo dell'export. Le vendite tedesche nel mondo non erano mai aumentate tanto quanto in quegli anni di presunto declino. Un'assurdità grottesca.

Non c'è da meravigliarsi se poco dopo nessun grande economista tedesco ha profetizzato che la Germania, a partire dal 2006, sarebbe entrata in una lunga fase di ripresa. A quel tempo gli economisti alla Sinn per molto tempo provarono a far finta di nulla. Fino a quando poi negli anni successivi non hanno dovuto reinterpretare quel successo economico attribuendolo all'Agenda 2010, senza tuttavia riuscire a prevedere l'arrivo della crisi finanziaria, compresa la successiva crisi dell'euro.

Uno dei delitti ritenuti meno importanti è quello relativo alla fase in cui alcuni cosiddetti "veterani" dell'economia mettevano in guardia, secondo la bellezza e il romanticismo dettati dall'economia di mercato, dal pericolo di un intervento della banca centrale finalizzato alla messa in sicurezza della moneta durante la crisi dell'euro. Che comunque Mario Draghi ha realizzato nell'estate del 2012. Quello che ora, secondo gli allarmi lanciati nel nostro paese, viene interpretato come un salvataggio.

Perché gli studiosi del mercato ci hanno fatto perdere il senno quando in Germania è stato introdotto un salario minimo? Il paese sembrava di nuovo sull'orlo del baratro. Ancora una volta si è rivelato essere un racconto falso. Della crisi del lavoro nessuna traccia. Nel dubbio si puo' dire che il salario minimo abbia persino portato a un aumento dell'occupazione, perché da allora in Germania i lavoratori hanno piu' soldi da spendere. E questo è positivo per l'economia.

D'altra parte non sono certo mancati gli avvertimenti, come del resto è divenuto chiaro negli anni seguenti, in merito al fatto che il tanto amato commercio mondiale, con la sua concorrenza a basso prezzo anche da noi avrebbe generato dei perdenti frustrati. Persone che, come ora dimostrano gli studi, votano per Donald Trump. O AfD. I libri di testo ci dicono che il commercio internazionale a conti fatti è buono per tutti perché ci sono più vincitori che vinti. Peccato che questo non serva a confortare i perdenti.

Per anni gli opinion leader delle corporazioni ci hanno ripetuto che dobbiamo umilmente prepararci al declino demografico. Ora invece si organizzano i vertici per l'emergenza abitativa, perché i profeti di sventura non si aspettavano che il declino demografico in un'economia in costante crescita non è così rapido, e che quando l'economia va bene sorprendentemente ci sono più nascite e più persone in arrivo dall'estero.

In realtà in questi giorni non stiamo assistendo a quei drammi per i quali eravamo stati messi in guardia dai nostri economisti - né alla carenza di alloggi, né al divario di ricchezza, né all'insofferenza della classe media, né al protezionismo come risultato di importanti fratture economico-sociali.

La critica alle eccedenze commerciali tedesche è una cospirazione globale?

Ora si potrebbe pensare che proprio in questi tempi di ricambio, i  profeti al vertice avrebbero dovuto essere sostituiti da persone che potrebbero non essersi sbagliate così spesso, oppure essere più disposte ad imparare.

Non proprio.

- Hans-Werner Sinn nonostante tutte le diagnosi sbagliate è rimasto al vertice dell'Ifo fino al suo pensionamento per ragioni di età -  e due anni e mezzo dopo resta ancora il secondo più importante economista del paese, come scrive ad esempio la "Frankfurter Allgemeine".

- Christoph M. Schmidt, il capo dei gloriosi saggi economici, da quasi dieci anni ricopre la sua posizione all'interno del consiglio degli esperti economici - apparentemente senza alcun dubbio sul suo operato. Nel Consiglio dei Saggi, anche se non sono riusciti a comprendere la crisi del secolo, non è piu' stato chiamato nessuno che si sia fatto notare per aver criticato i vecchi dogmi sul mercato.

- Il successore di Sinn all'Ifo, Clemens Fuest, assomiglia ad una versione light di Sinn.

- E quando in palio ci sono delle nuove posizioni da consigliere per la politica, come è stato di recente con la poltrona di presidente presso il Kieler Institut für Weltwirtschaf, sembra che si voglia fare di tutto per dare il via a qualcosa di  nuovo. Ma il nuovo, Gabriel Felbermayr, arriva dall'Ifo - ooh! - e ha già dichiarato che considera le critiche mondiali alle eccedenze commerciali tedesche come una cospirazione globale nei nostri confronti.

"Non si può negare che il modello economico britannico è ingiusto"

Le cose possono andare anche diversamente. Due settimane fa nel Regno Unito ha fatto scalpore un piano in dieci punti redatto da una commissione i cui rappresentanti di spicco appartengono a diversi gruppi sociali, dagli accademici ai dirigenti aziendali, fino ad un arcivescovo; piano con il quale hanno lanciato una campagna per una "nuova economia". L'obiettivo: allontanarsi dalla dottrina Thatcher. "Che il modello economico britannico sia profondamente iniquo, fino a poco tempo fa era considerata una posizione radicale, oggi è indiscutibile", ha scritto il Guardian.

In Germania invece i principali economisti dubitano ancora che in questo paese ci sia ingiustizia sociale - o del fatto che la gente possa essere insoddisfatta.

Tali diagnosi cosi' errate potenzialmente possono fare molti danni. I lamenti per il declino delle esportazioni degli anni 2000 hanno contribuito in larga misura al fatto che la politica economica tedesca ha speso tutto il tempo nel cercare di costruire la nostra prosperità fondandola sul commercio estero. Oggi la nostra economia dipende troppo dalle esportazioni - e ora c'è un presidente degli Stati Uniti che contrattacca con i dazi doganali.

La resistenza nei confronti degli aiuti finanziari durante crisi dell'euro, fondata sulla fiducia nel mercato, probabilmente ha contribuito ad aggravare la spirale del panico. E senza le preoccupazioni tipiche dei vecchi dogmi economici, in Germania avrebbe potuto esserci un salario minimo molto prima, e quindi meno cittadini arrabbiati che nel loro lavoro si sentono sfruttati.

La prossima crisi arriverà sicuramente. Al momento, nulla lascia presagire che i profeti di sventura questa volta faranno una figura migliore. Soffriamo del principio di Maassen.

È arrivato il tempo dei nuovi pensatori. Ce ne sono abbastanza.

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