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mercoledì 14 settembre 2016

Sempre piu' bambini poveri in un paese ricco

Nella Germania dei grandi avanzi commerciali e del bilancio pubblico in attivo, aumentano i bambini in condizioni di povertà. La Bertelsmann Stiftung pubblica una ricerca sul tema della povertà e certifica un aumento di Hartz IV fra i minori di 18 anni. Da Tagesschau ARD
Percentuale di minori che riceve un sussidio Hartz IV

Bremerhaven, Gelsenkirchen e Offenbach sono in cima alla triste classifica: in queste città molti bambini crescono in condizioni di povertà. Secondo uno studio appena pubblicato dalla Fondazione Bertelsmann, in Germania la povertà fra i minori è in crescita. Per la maggior parte dei quasi 2 milioni di bambini coinvolti, la povertà è una condizione permanente.

Scuola elementare Juri Gagarin, Stendal-Stadtsee (Sachsen-Anhalt) - intitolata al primo uomo nello spazio. Lui è arrivato nello spazio, per la maggior parte degli studenti della scuola la situazione è un po' più' difficile. Le chance di avere una grande carriera non sono particolarmente alte. Nella classifica delle migliori città tedesche il distretto di Stendal ottiene la posizione 402, su 402 partecipanti.

Un bambino su cinque nell'Est è povero

L'80% dei genitori di Stendal-Stadtsee vive in condizioni precarie. Hanno posti di lavoro con un basso salario, oppure sono disoccupati di lungo periodo oppure genitori single. Nel quartiere è alto il rischio di diventare poveri. La povertà infantile è distribuita regionalmente in maniera molto diversa, la Germania dell'est è particolarmente colpita: la percentuale è tuttavia scesa dal 24% del 2011 al 21.6 % attuale. Ma questo significa che ancora oggi piu' di un bambino su cinque dipende dai sussidi statali.

Nell'ovest la percentuale dei bambini in condizioni di povertà è invece aumentata fino all'attuale 13.2%. In nove dei 16 Bundeslaender è cresciuta rispetto al 2011, la crescita maggiore è stata a Brema (+2.8%), in Saarland (+2.6%) e Nordrhein-Westfalen (+1.6%). Le ragioni di questa differenza fra Ovest ed Est, secondo Anette Stein della Fondazione Bertelsmann, sono da cercare nel fatto che nei "Laender dell'Est la disoccupazione è significativamente piu' alta che nell'Ovest, e inoltre c'è una percentuale maggiore di famiglie con un solo genitore". 

Divario fra Est ed Ovest e fra città e paese

Sono considerate povere, secondo la definizione scientifica, le famiglie il cui reddito è inferiore al 60% del cosiddetto reddito mediano ponderato netto. Per una classica famiglia composta da 4 persone il limite è di circa 2000 € netti al mese. Il 14.7% dei minori di 18 anni tedeschi devono fare affidamento sui sussidi Hartz IV. La crescita rispetto al 2011 è stata dello 0.4%. Secondo le tabelle attuali sono 236 € per un bambino di meno di 7 anni, 270 € per un bambino fra i 7 e i 15 anni e 306 Euro fra i 15 e i 18 anni. In confronto, un adulto riceve 404 € al mese di aiuto dallo stato (esclusi affitto, bollette e assegni familiari).

Non c'è solo un divario fra est e ovest, ma anche fra città e campagna. La quota piu' alta di povertà fra i minori di 18 anni è nelle città. In cima a questa triste graduatoria ci sono Bremerhaven con il 40,5 % - vale a dire, 2 bambini su 5 in questa città crescono sotto oppure sulla soglia di povertà. Non va molto meglio a Gelsenkirchen con il 38.5%, a Offenbach con il 34.5% e  Halle con il 33.4%.

Un circolo vizioso

Ad essere particolarmente colpite dalla povertà sono due costellazioni familiari: fra tutti i minori che ricevono un sussidio di base dallo stato, la metà vive in famiglie monoparentali e il 36% in famiglie con 3 o piu' figli. I bambini poveri non possono godere di un normale standard di vita e già dai primi anni hanno difficoltà a inserirsi nella scuola, nella cultura e nello sport. Quanto piu' a lungo vivono in condizioni di povertà, peggiori saranno le loro chance future: spesso non hanno una loro cameretta, nessun spazio per fare i compiti, mangiano poca frutta e verdura.

Un circolo vizioso, perché questi bambini sono spesso isolati socialmente. Annette Stein: "questi bambini non invitano gli amici a casa, perché non hanno un luogo dove potersi ritirare. Non possono prendere parte alle gite scolastiche o fare attività sportiva. Per questa ragione hanno sempre meno contatti con i coetani nel tempo libero..."

Video sul tema:

https://www.tagesschau.de/multimedia/video/video-214621.html

https://www.tagesschau.de/multimedia/video/video-214483.html

venerdì 10 maggio 2013

Am deutschen Wesen soll die Welt genesen


Uno studio della Fondazione Bertelsmann prova a quantificare i vantaggi economici che la Germania ottiene da una permanenza nella moneta unica. Nel frattempo, un vecchio detto prussiano, ripreso dai nazisti, torna di moda nella Germania di Merkel. Da german-foreign-policy.com
Un recente studio della Fondazione Bertelsmann conferma i benefici finanziari che la Germania ricava dall'Euro. Secondo l'analisi, la Repubblica Federale grazie alla moneta unica nei prossimi 12 anni potrà attendersi maggiori guadagni per 1.2 bilioni di Euro, a cui invece con il D-Mark avrebbe dovuto rinunciare. Nel complesso la Germania puo' sperare di avere un PIL di 170 miliardi di Euro superiore rispetto a quanto non sarebbe stato possibile senza la moneta unica. Allo stesso tempo per l'ennesima volta i critici ripetono: la moneta unica concepita e progettata secondo i bisogni tedeschi garantisce alla Germania vantaggi non trasferibili strutturalmente agli altri paesi della zona Euro. Secondo quanto scritto dall'economista Mark Blyth sulla prestigiosa rivista americana "Foreign Affairs", è improbabile che tutti i paesi EU possano imitare il lucrativo modello di export tedesco - non ci sarebbero abbastanza compratori. Dure critiche sono state espresse recentemente anche dal giornalista francese Luc Rosenzweig. Con la nascita del governo rosso-verde nel 1998 la Repubblica Federale ha iniziato ad imporre i suoi interessi internazionali - fino agli attuali diktat di risparmio, scrive Rosenzweig, e paragona il comportamento di Berlino con la politica di potenza del Kaiser tedesco.

100 miliardi di Euro all'anno

Come confermato da un recente studio della fondazione Bertelsmann, la Germania ricava dalla  moneta unica grandi benefici. Secondo l'analisi, mantenendo la moneta unica, la Repubblica Federale puo' aspettarsi da qui al 2025 una crescita del PIL fino a un valore di 2.8 bilioni di Euro. In caso di un immediato ritorno al D-Mark, la Fondazione Bertelsmann ipotizza invece gravi contraccolpi economici. Se si sommano in maniera sistematica le differenze fra lo scenario D-M e quello Euro, nel caso di un ritorno al D-Mark il risultato finale prevede, in termini di PIL, "una perdita complessiva pari a 1.2 bilioni di Euro". Fra il 2013 e il 2025 il PIL annuo aggiuntivo derivante dal mantenimento della moneta unica sarebbe di quasi 100 miliardi di Euro.

D-Mark: "conseguenze incalcolabili"

L'analisi condotta dalla Fondazione ipotizza vantaggi finanziari anche nel caso in cui dovesse essere necessario un taglio del debito pari al 60% in Grecia, Portogallo, Spagna e Italia. In questo caso ci si dovrebbe aspettare un rallentamento delle dinamiche economiche; tuttavia sarebbe alquanto contenuto [2]. Va inoltre tenuto presente che il ritorno al D-Mark causerebbe un aumento della disoccupazione. La Fondazione Bertelsmann sottolinea inoltre che lo studio fa un confronto puramente aritmetico fra i due scenari, senza prendere in considerazione le altre conseguenze. Il ritorno al D-Mark, sempre secondo la Fondazione, oltre alle perdite finanziarie per la Repubblica Federale, causerebbe una dissoluzione della zona Euro e una difficile crisi economica mondiale, "le cui conseguenze sarebbero incalcolabili"[3]. Anche se questa visione dei fatti nell'establishment tedesco oggi viene messa in discussione (ad esempio "Alternative fuer Deutschland" [4]) - ci conferma tuttavia quali vantaggi si attendono le élite tedesche dal mantenimento della moneta unica.

Le esportazioni hanno bisogno di compratori

Allo stesso tempo i critici sottolineano che con la struttura attuale della moneta unica, i vantaggi tedeschi non sono automaticamente trasferibili a tutti i paesi della zona Euro. Cosi' scrive l'economista Mark Blyth nell'ultimo numero della prestigiosa rivista americana Foreign Policy: il successo tedesco è basato su di un mix di bassi consumi interni e abbondanti esportazioni. La crescita in Germania è quindi legata ai bassi costi di produzione e ad una valuta stabile. L'unione monetaria di fatto è stata modellata sulle necessità tedesche: una forte politica di competitività e una "banca centrale estremamente indipendente e concentrata sull'inflazione". Non tutti gli stati possono pertanto seguire il modello tedesco - anche solo per una questione di principio: l'offensiva tedesca dell'export funziona solamente quando gli altri stati acquistano piu' di quanto non riescano ad esportare all'estero [5]". "Dovranno tutti ottenere un avanzo commerciale con l'estero?", Blyth cita un commento ironico della stampa economica: "E se si', con chi? Con gli abitanti di altri pianeti?".

La banca centrale in manette

La scorsa settimana anche il giornalista francese Luc Rosenzweig si è espresso in maniera simile. Già negli anni '90 i governi di Bonn si erano preoccupati affinché "l'unione monetaria (...)nascesse nel dogma della stabilità monetaria e fosse governata da regole draconiane", che "impedissero alla BCE di svolgere un ruolo simile a quello svolto dalle banche centrali delle principali potenze economiche", scrive Rosenzweig. Pertanto la BCE non puo', all'occorrenza, "realizzare un trasferimento dai paesi piu' ricchi a quelli piu' poveri", come sarebbe necessario all'interno di zone valutarie con grandi differenze interne [6]. Nell'attuale Euro-crisi "è quindi possibile assistere ai danni che questa chimera economica ha causato".

Controllare e punire

Rosenzweig sottolinea che la vera rottura che ha portato all'egemonia tedesca nella EU è arrivata con il governo Schröder/Fischer del 1998. Il cancelliere SPD insieme al ministro degli esteri dei Verdi non avrebbe solo rotto il tabu' "del non interventismo militare", piuttosto ha aiutato l'industria tedesca ad imporsi nella competizione internazionale grazie ad una politica di austerità ("Hartz IV"). "Gli interessi economici e geopolitici di Berlino" sotto Schröder "sono stati difesi e promossi in maniera molto efficace", scrive Rosenzweig. Gli stati dell'Europa dell'est "sono diventati economicamente dipendenti dalla Germania, la Russia di Putin ha avviato una partnership energetica all'interno della quale le istituzioni dell'Unione Europea difendono gli interessi tedeschi"[7]. La stessa riflessione era già stata fatta lo scorso anno dall'ex commissario EU António Vitorino (german-foreign-policy.com [8]). La cancelliera Merkel ha  poi proseguito con la difesa degli interessi tedeschi durante la crisi Euro attraverso l'imposizione dei diktat di risparmio, continua Rosenzweig. Anche un poco probabile avvicendamento al governo in autunno "non cambierebbe la nuova Germania, che vuole punire e controllare gli altri europei".

Medicina mortale

"Nei tempi in cui la Germania voleva ancora mostrare ai suoi partner un volto buono", il detto "risalente all'epoca di Bismark, 'Am deutschen Wesen soll die Welt genesen' era considerato  offensivo, scrive Rosenzweig. E avverte: "oggi il modo di dire è tornato in auge". E non ci si preoccupa affatto "se ai malati d'europa", con i diktat di risparmio tedeschi, non si finisca "per somministrare una medicina mortale".[9]


[1] Thieß Petersen: Wirtschaftliche Vorteile der Euro-Mitgliedschaft für Deutschland. Policy Brief 2013/01 der Bertelsmann-Stiftung
[2] Bertelsmann-Stiftung: Deutschland profitiert vom Euro; www.bertelsmann-stiftung.de 29.04.2013
[3] Thieß Petersen: Wirtschaftliche Vorteile der Euro-Mitgliedschaft für Deutschland. Policy Brief 2013/01 der Bertelsmann-Stiftung
[4] s. dazu Brüche im Establishment
[5] Mark Blyth: The Austerity Delusion. Why a Bad Idea Won Over the West, Foreign Affairs May/June 2013
[6], [7] Luc Rosenzweig: Das Deutschland unserer Träume; Frankfurter Allgemeine Zeitung 30.04.2013
[8] s. dazu Praeceptor Europae
[9] Luc Rosenzweig: Das Deutschland unserer Träume; Frankfurter Allgemeine Zeitung 30.04.2013





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