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giovedì 11 giugno 2020

DW - La Germania può difendere i propri interessi strategici?

E' la domanda che si pone la Deutsche Welle, testata online pubblica e da sempre molto vicina alle posizioni del governo di Berlino, dopo gli ultimi scontri fra tedeschi ed americani. A Berlino si augurano apertamente una sconfitta di Trump alle elezioni di novembre, e stanno facendo di tutto per agevolarla, consapevoli che se l'attuale presidente dovesse essere confermato, il livello dello scontro salirebbe ancora e Berlino non potrebbe perseguire i propri interessi strategici. Dalla Deutche Welle, emittente radio-televisiva e testata online pubblica.


La Germania può avere dei propri interessi e perseguirli? La risposta di Washington sembra essere chiara: solo con la benedizione del governo americano! Minaccia sanzioni per le aziende europee che partecipano alla costruzione del gasdotto Nord Stream 2, già completato al 96 %. Ricordiamo che il gasdotto servirà a trasportare sul fondo del Mar Baltico il gas naturale dalla Russia alla Germania, e da lì verso altri paesi dell'UE, bypassando tutti gli altri stati.

La Germania vive di esportazioni. La sua industria ha bisogno di sicurezza energetica. Per questo motivo l'industria e il governo federale sostengono la realizzazione del gasdotto. Ma Washington sta anche cercando di convogliare nella sua politica tutte quelle riserve che su questo progetto arrivano dagli altri paesi - soprattutto quelle provenienti dalla Polonia e dall'Ucraina.

Un ambasciatore come un agitatore

Ma niente di tutto ciò sembra aver convinto la Casa Bianca. Il Presidente Trump è determinato a fermare questo gasdotto con ogni mezzo possibile. Uno dei suoi agitatori è Richard Grenell, l'ex ambasciatore americano a Berlino. Nel frattempo, il diplomatico poco diplomatico ha dato un contributo significativo alle relazioni bilaterali: si è dimesso il 1° giugno lasciando la Germania.

Un altro forte agitatore contrario all'oleodotto è Ted Cruz, il senatore repubblicano di estrema destra del Texas. Un uomo che alcuni dei suoi compagni di partito definiscono "l'incarnazione del diavolo". Altri dicono: se Cruz dovesse sentirsi male al Congresso, nessuno chiamerebbe il pronto soccorso. Ted Cruz da anni viene sponsorizzato dall'industria  americana del fracking... che vorrebbe vendere il suo gas in Europa. Il loro problema: il gas americano, che tecnicamente può essere prodotto solo con grandi costi, è più caro di quello russo. Washington - chi l'avrebbe mai pensato dell'ex sostenitore dell'economia di libero mercato? - preferisce sottrarsi alla concorrenza. E' molto più facile sventolare il bastone delle sanzioni. Una politica che Trump chiama "America first". Così facendo, però, rischia di danneggiare i rapporti con uno dei suoi alleati più fedeli.


Sebbene elogi pubblicamente la Cancelliera Merkel, sia i media che i rappresentanti del governo invece continuano a ripetere che i loro colloqui sono molto duri. La Cancelliera probabilmente è di tutt'altro calibro rispetto a un capo di governo montenegrino che il Presidente degli Stati Uniti semplicemente spinge da parte quando si mette in mezzo o disturba. Con Merkel questo non è possibile. Lei non si fa intimidire. Il che sembra infastidire molto Trump.

Ritiro di quasi un terzo dei soldati americani

E ora vorrebbe punirla per la sua insubordinazione e ritirare quasi 10.000 soldati americani dalla Germania entro l'anno. La maggior parte dei tedeschi non sembra neanche esserne particolarmente colpita, almeno fino a quando il paese non sarà esposto a una minaccia militare esterna. Dopo tutto, da anni il rumore e l'inquinamento ambientale causato dalle truppe americane sono oggetto di forti critiche. Solo i sindaci e i dirigenti delle imprese presenti nelle città che ospitano le basi americane temono realmente un ritiro delle truppe. Ma soprattutto: gli americani sono presenti in Germania perché è nel loro interesse (da qui vengono controllate tutte le missioni in Iraq e in Afghanistan), ed è anche nell'interesse della NATO. Se Trump ora dovesse ritirare un contingente ancora più grande, farebbe soprattutto del male a se stesso e allontanerebbe ulteriormente gli Stati Uniti dall'Europa.

Il terzo che gode invece sarà la Cina. Ogni conflitto all'interno dell'Occidente rafforza la posizione di Pechino nei confronti di Washington. Per il modo in cui gli americani si stanno comportando, difficilmente potranno contare sull'aiuto dell'UE nella disputa commerciale con la Cina. Al contrario. Berlino a luglio assumerà la presidenza del Consiglio UE. La cancelliera Merkel continua ad attenersi al piano di voler tenere un incontro di tutti i capi di Stato e di governo dell'UE con il presidente Xi Jinping - anche se la data originaria di metà settembre nel frattempo è stata annullata a causa della pandemia di Coronavirus. Tenere un tale incontro immediatamente prima delle elezioni presidenziali americane, sarebbe stata ovviamente una provocazione diplomatica. Trump non sarebbe stato invitato. E come osservatore avrebbe solo potuto twittare.

Sperando per il 3 novembre

Se la sua amministrazione a novembre dovesse essere bocciata dagli elettori, le relazioni tra gli Stati Uniti e la Germania tornerebbero rapidamente alla normalità. Lo sfidante democratico Joe Biden semplicemente capisce che anche la Germania ha i suoi interessi, e che può perseguirli.



domenica 31 marzo 2019

Sorry, Mister Trump, non possiamo farci niente!

Suona piu' o meno cosi' la risposta che un consiglio di economisti incaricati dal governo tedesco ha dato alla richiesta americana di ridurre gli avanzi commerciali. Una risposta che ovviamente piacerà molto al committente, il Ministro dell'Economia Peter Altmaier, e un po' meno alla controparte americana. Ne scrive Der Spiegel 


"Benvenuti ad una presentazione su un argomento molto arido": con questo avvertimento Albrecht Ritschl giovedì scorso ha aperto la presentazione dello studio commissionato dal governo sul surplus delle partite correnti tedesche. In realtà, il tema dei flussi di merci e di capitali negli ultimi anni si è fatto decisamente piu' interessante.

Ciò è dovuto principalmente al presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Da tempo, infatti, Trump critica con forza il fatto che la Germania esporti molti piu' beni di quanti non ne importi, e sostiene che sia arrivato il momento di cambiare lo stato delle cose con l'aiuto di dazi commerciali punitivi. Anche la Commissione europea, l'Organizzazione dei paesi industrializzati OCSE e il Fondo monetario internazionale sono uniti nel criticare le ampie eccedenze commerciali.


La politica tedesca, che da sempre difende il surplus delle esportazioni considerandolo il risultato di un'economia particolarmente efficiente, si trova ora nella spiacevole situazione di dover dare delle spiegazioni, come del resto accade anche al Ministro federale dell'Economia Peter Altmaier (CDU). Il suo comitato scientifico consultivo ha analizzato, almeno dal punto di vista teorico, se in materia di eccedenze commerciali vi sia spazio per un cambiamento. Il risultato probabilmente piacerà molto più al ministro tedesco che non al presidente degli Stati Uniti. In poche parole: Sorry, signor Trump, non possiamo farci niente!

Detto con parole un po' piu' ufficiali, il gruppo di studiosi è giunto alla conclusione che una "marcata riduzione" delle eccedenze sarebbe "possibile solo con delle forti scosse". Sotto la guida dello storico dell'economia Ritschl, gli economisti hanno esaminato quattro opzioni.

La piu' popolare fra i tedeschi probabilmente è l'opzione di un taglio dell'IVA, che l'economista Carl Christian von Weizsäcker aveva già messo in campo due anni fa in risposta alle prime minacce di Trump. Dato che la riduzione renderebbe anche i beni e i servizi provenienti dall'estero più economici, i tedeschi consumerebbero piu' beni riducendo così il surplus tedesco

Se l'Iva venisse ridotta dall'attuale 19 % al 17 %, secondo lo studio, si avrebbe una "leggera riduzione del saldo di conto corrente", accompagnata tuttavia da un "forte aumento del debito pubblico", sempre secondo l'analisi.

Gli economisti arrivano a questa conclusione anche perché escludono di finanziare la misura attraverso maggiori imposte sul reddito. A ciò si deve aggiungere il fatto che lo stato attualmente può indebitarsi a condizioni favorevoli a causa dei bassi tassi di interesse.

Un membro del gruppo di studiosi tuttavia contraddice questo atteggiamento scettico. Alla luce dei bassi tassi di interesse una riduzione delle imposte finanziata a debito avrebbe "effetti più forti di quelli ipotizzati e il conseguente aumento del debito pubblico sarebbe più lento di quanto indicato nell'analisi".

Una tassa come nel 1968?

Una seconda opzione sarebbe quella di aumentare le imposte sulle vendite generate dall'export. "Una tassa sull'export è qualcosa di fondamentalmente simile a un dazio che viene prelevato non dai paesi stranieri ma dal paese esportatore", afferma Ritschl. In effetti, già nel 1968 per un breve periodo era stata introdotta una tassa simile. Oggi, tuttavia, sarebbe difficile da far rispettare in quanto la politica doganale è una priorità dell'UE.

Gli economisti ritengono inoltre che in questo modo si potrebbe danneggiare l'attività economica interna. Alla fine una tale tassa sull'export, a loro avviso, potrebbe rallentare le esportazioni, ma lasciare il conto corrente invariato: e cioè accadrebbe nel caso in cui gli esportatori tedeschi a causa del loro potere di mercato riuscissero ad imporre dei prezzi più elevati ai loro clienti.

Il giudizio su di un eventuale intervento in materia di politica salariale è ancora più chiaro. Senza dubbio l'aumento dei salari potrebbe aumentare la domanda di beni stranieri, in maniera simile a una riduzione dell'IVA. Ma data l'economia di mercato e l'autonomia della contrattazione collettiva fra le parti, lo stato  al massimo potrebbe esercitare una certa influenza attraverso la contrattazione nel servizio pubblico, così secondo gli economisti. I salari inoltre attualmente stanno continuando ad aumentare. Gli interventi politici in questo contesto sarebbero dannosi. 

Il consiglio consultivo si troverebbe senza dubbio molto piu' a suo agio con dei possibili sgravi fiscali da applicare sugli investimenti in Germania. Perché parte del problema della bilancia dei pagamenti tedesca risiede nel fatto che i tedeschi risparmiano più della media, ma investono gran parte dei loro risparmi all'estero - per questa ragione in patria c'è una mancanza di investimenti.

Lo stato potrebbe neutralizzare questo effetto, riducendo la tassazione sui redditi da capitale derivanti da investimenti interni - ad esempio riducendo significativamente le imposte sulle società o facilitando la svalutazione delle immobilizzazioni. In alternativa potrebbe rendere gli investimenti all'estero meno attraenti, ad esempio se il fisco limitasse l'esenzione dalla doppia imposizione.

Secondo i calcoli, diversamente da quanto accadrebbe con una tassa sulle esportazioni, questa strategia stimolerebbe effettivamente l'economia tedesca, aumenterebbe gli investimenti e le entrate pubbliche e alla fine ridurrebbe le eccedenze. Lo strumento è "in un certo qual modo utile" e non avrebbe "effetti collaterali importanti", afferma Ritschl. Tuttavia, come in tutti gli scenari, gli effetti sulle partite correnti sarebbero "alquanto ridotti".

Un messaggio confortevole per il governo federale

Non c'è da stupirsi che il Ministro dell'Economia Altmaier abbia subito accolto con favore la relazione. Alla fine il documento non fa che dare coraggio al governo nel suo atteggiamento, cioè: fare molto poco per contrastare le eccedenze commerciali. Gli scienziati inoltre sottolineano che la Germania è fortemente legata alle economie degli altri paesi, come invece accade solo ad economie minori, ad esempio la Svizzera o la Danimarca.

"Mentre le loro eccedenze non sono significative a livello internazionale, quelle tedesche sono invece diventate oggetto di un conflitto politico internazionale", dice lo studio. La Repubblica federale ha un'influenza molto limitata sulla sua situazione, soprattutto perché non può più gestire la politica dei tassi di cambio in quanto parte della zona euro.

Questi argomenti sono stati ripetuti più e più volte a Trump e agli altri, ma non hanno modificato la critica mossa alla Germania. "L'insoddisfazione è tangibile, anche io faccio questa esperienza quando sono all'estero", ha detto Ritschl, che insegna alla London School of Economics. Ancora più chiaro è stato quel membro del Consiglio consultivo che sulla riduzione dell'IVA ha dato un voto di minoranza: "Il rapporto sottovaluta la grande urgenza di risolvere il problema".

domenica 17 marzo 2019

La battaglia per l'autonomia strategica

Un influente Think Tank della capitale tedesca ipotizza la necessità di creare le condizioni per una maggiore autonomia strategica di Berlino e Bruxelles. Sullo sfondo il conflitto con gli americani per il gasdotto Nord Stream 2, sulla tecnologia Huawei e per i costi di stazionamento dei militari. Per German Foreign Policy, anche se fino ad ora il bilancio è modesto, l'autonomia strategica dall'America è l'inizio di un percorso che porta allo status di potenza mondiale. Da German Foreign Policy


"Autonomia strategica"

"L'autonomia strategica" che l'UE ha rivendicato per la prima volta nella sua "Strategia globale per gli affari esteri e la politica di sicurezza" del giugno 2016 [1], è oggetto di un recente studio della Fondazione Wissenschaft und Politik (SWP), fondazione finanziata dalla Cancelleria di Berlino. Per la SWP "l'autonomia strategica" non è solo "la semplice capacità di stabilire le priorità nella politica estera e di sicurezza e di prendere decisioni"; è necessario piuttosto disporre anche "delle condizioni istituzionali, politiche e materiali" per "implementare in maniera indipendente,  o in collaborazione con terzi, se necessario," le proprie priorità. [2] "Il contrario dell'autonomia strategica", prosegue la SWP, "sarebbe lo status di chi deve recepire  regole e decisioni strategiche prese da terze parti... con un effetto immediato sull'Europa". I "terzi" che stabiliscono le regole e prendono decisioni, possono essere anche gli Stati Uniti. "L'autonomia strategica" nei confronti degli Stati Uniti condurrebbe allo status di potenza globale.


La costruzione del contro-potere

La SWP consiglia "di espandere le proprie opzioni in politica estera", anche nei confronti degli Stati Uniti. [3] La "politica estera dirompente e irregolare" dell'amministrazione Trump "sfida l'UE a definire e proteggere gli interessi europei in maniera più forte". Berlino e Bruxelles inoltre, anche "per il periodo che seguirà la fine della presidenza di Donald Trump, dovranno prepararsi ad affrontare sempre piu' polemiche, dibattiti aperti e anche conflitti con gli Stati Uniti". Nel perseguimento di una "autonomia strategica" si possono trarre "alcune conclusioni per gestire i rapporti con gli Stati Uniti". Pertanto l'UE e i suoi stati membri  "... a seconda del conflitto e della costellazione di interessi..." dovranno "perseguire una politica di contro-potenza economica e diplomatica solida oppure più soft". "L'autonomia strategica" non deve essere mantenuta invano: in ogni occasione si dovrà sempre "nominare e prendere in considerazione i costi di una maggiore autonomia strategica nei confronti degli USA".

Bilancio misto

Ed è in questo contesto che i conflitti con gli Stati Uniti continuano ad aumentare. Finora Berlino e Bruxelles possono mostrare un bilancio misto. Cosi' nel conflitto commerciale è subentrata una sorta di situazione di stallo, mentre la minaccia di dazi punitivi sulle importazioni di auto pende come una spada di Damocle sull'UE, e molto di più sulla Germania - l'industria automobilistica tedesca, vanto della Repubblica federale, verrebbe colpita duramente dai dazi doganali [4]. Anche il tentativo di mantenere aperto il commercio con l'Iran per salvare l'accordo nucleare con Teheran dopo il ritiro degli Stati Uniti può essere considerato fallito: la minaccia di sanzioni degli Stati Uniti ha spinto tutte le maggiori compagnie dell'UE a interrompere il business con l'Iran. Lo strumento finanziario annunciato molto tempo fa da Berlino e Bruxelles, che avrebbe dovuto consentire di evitare le sanzioni statunitensi, in realtà non sta funzionando. [5]

Battaglia su Nord Stream 2

L'amministrazione Trump ora va all'offensiva su altri due campi in cui la Repubblica federale sta cercando di difendere i propri interessi, in contrasto con quelli degli Stati Uniti, per far rispettare la sua "autonomia strategica". Uno di questi riguarda il gasdotto Nord Stream 2, il quale assicura alla Germania [6] l'accesso esclusivo alle riserve di gas della Russia e conferisce a Berlino una posizione centrale nelle forniture di gas naturale all'UE. Già ad inizio mese un funzionario di alto livello del Dipartimento di Stato americano aveva confermato che se le compagnie europee dovessero continuare a lavorare al gasdotto, rischiano "sanzioni significative" [7]. Un altro funzionario di governo degli Stati Uniti, davanti alla stampa economica, ha confermato che Washington sta preparando le sanzioni. A Berlino lo si considera come un attacco nei confronti di un alleato NATO. "Le sanzioni condurranno inevitabilmente a uno scontro non solo con la Germania, ma anche con l'Europa", ha dichiarato un funzionario del governo di Berlino: "faremo tutto il necessario per completare il gasdotto". [8]

La battaglia su Huawei

Contemporaneamente si registra un'escalation del conflitto sull'uso della tecnologia del gruppo cinese Huawei per lo sviluppo delle reti 5G in Germania e nell'UE. Berlino non ha ancora preso una decisione definitiva, ma finora si è tenuta aperta la possibilità di utilizzare i prodotti Huawei per venire incontro ai forti interessi delle aziende tedesche [9]. Washington continua la sua campagna globale per escludere Huawei e aumenta la sua pressione sul governo federale. L'ambasciatore degli Stati Uniti a Berlino, Richard Grenell, con una lettera al ministero federale dell'economia ha minacciato che se Huawei in Germania dovesse avere via libera, allora gli Stati Uniti in futuro si troverebbero nella situazione "di non poter piu' scambiare informazioni di intelligence e altri dati come è accaduto fino ad oggi" [10]. Anche nella disputa sul Nord Stream 2, Grenell aveva già fatto ricorso a lettere di minaccia, senza tuttavia rivolgersi direttamente al governo federale, ma a dozzine di aziende di diversi paesi europei.

Tasse di stazionamento

Nella battaglia di potere con Berlino, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, secondo quanto riporta la stampa, sta ora prendendo in considerazione l'ipotesi di richiedere del denaro per il dispiegamento delle truppe statunitensi. Seoul ha già dovuto aumentare a 925 milioni di dollari la somma che paga a Washington per lo stazionamento dei circa 28.500 soldati statunitensi di stanza in Corea del Sud. Si tratta di circa la metà dei costi di stazionamento. Trump sta attualmente pensando, si dice nell'ambito dei suoi collaboratori piu' stretti, di aumentare di una volta e mezza l'importo dei costi di stazionamento, e non solo in Corea del Sud. Ciò potrebbe colpire anche la Germania, dove attualmente sono presenti più di 33.000 militari statunitensi. [11] In questo modo si estenderebbe ad un altro campo il conflitto per l'autonomia strategica della Germania e dell'UE.
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[1] Gemeinsame Vision, gemeinsames Handeln: Ein stärkeres Europa. Eine Globale Strategie für die Außen- und Sicherheitspolitik der Europäischen Union. Brüssel, Juni 2016.
[2], [3] Barbara Lippert, Nicolai von Ondarza, Volker Perthes (Hg.): Strategische Autonomie Europas. Akteure, Handlungsfelder, Zielkonflikte. SWP-Studie 2. Berlin, Februar 2019.
[4] S. dazu Vorbereitungen auf den Handelskrieg.
[5] S. dazu Sanktionskrieg um Iran.
[6] S. dazu Die Macht der Röhren.
[7] Jamie Dettmer: US Officials Issue Sanctions Warnings to Europe Over Russian Gas. Voanews.com 06.03.2019.
[8] Bojan Pancevski: How a Russian Gas Pipeline Is Driving a Wedge Between the U.S. and Its Allies. wsj.com 10.03.2019.
[9] S. auch Spionage bei 5G (II).
[10] Silke Mülherr: Der Drohbrief von Trumps Botschafter an die Bundesregierung im Detail. welt.de 12.03.2019.
[11] John Hudson, Anne Gearan, Philip Rucker, Dan Lamothe: Trump invokes new demand for extracting billions of dollars from U.S. allies. washingtonpost.com 09.03.2019.



sabato 28 luglio 2018

Perché il FMI mette sotto accusa la Germania

Un report del FMI mette sotto accusa i giganteschi avanzi commerciali tedeschi: sono ormai una minaccia per l'economia mondiale, i tedeschi devono rilanciare gli investimenti e la spesa per dare una mano ai pesi in deficit. Ne parla Holger Zschäpitz su Die Welt


Il momento non potrebbe essere piu' sfavorevole per Berlino. Proprio nei giorni in cui Jean-Claude Juncker, il capo della Commissione Europea, si reca a Washington per i negoziati commerciali, il FMI mette sotto accusa la Germania. Il motivo sono gli orrendi avanzi commerciali che la Germania realizza nel commercio mondiale.

Nella lista nera del FMI, in cui gli economisti hanno messo i paesi che con i loro squilibri minacciano la stabilità dell'ordine mondiale, la Germania occupa il primo posto davanti ai soliti sospetti Cina, Giappone e Corea del Sud, che nelle scorse settimane erano stati al centro degli anatemi di Donald Trump.

Ora il presidente americano, nella sua campagna contro la Germania, riceve nuove munizioni dal FMI. Che a farlo sia proprio un'autorità sovranazionale, per lui sempre sospette, non manca certo di ironia.


I numeri sono alquanto impressionanti. Secondo i dati la Germania lo scorso anno con il suo modello basato sull'export ha generato un avanzo delle partite correnti di 296.4 miliardi di dollari. Corrispondente all'8% del PIL tedesco e allo 0.4% del PIL mondiale.

La Germania ha il piu' grande avanzo commerciale

Nessun'altro paese si avvicina a tali valori. Il Giappone, secondo paese nell'elenco del FMI, ha un surplus delle partite correnti di 196.1 miliardi di dollari, pari allo 0.2% del PIL mondiale del 2017. La Cina, con la quale Trump si trova già in uno stadio avanzato di guerra commerciale, con poco meno di 165 miliardi di dollari, è solo al terzo posto.

Il Regno di Mezzo contribuisce agli squilibri globali solo con lo 0.2% del pil mondiale. I 165 miliardi di dollari di avanzo rappresentano solo l'1.4% dell'economia della Cina.


Il report del FMI sembra confermare le riserve del presidente americano nei confronti della Germania. La valuta tedesca è sottovalutata fra il 10 e il 20%, misurata sulla base dell'elevato surplus delle partite correnti si potrebbe parlare anche di una sopravvalutazione fra il 15 e il 30%. Che la Germania fa parte dell'eurozona e perciò non ha alcun impatto sul valore esterno dell'euro, Trump tuttavia puo' anche ignorarlo.

Per gli economisti del FMI la ragione principale di cio' è l'austerità praticata da Berlino. Se la Germania utilizzasse il suo margine fiscale e spendesse di piu' per gli investimenti, le dimensioni del problema si ridurrebbero. Il governo federale e le regioni potrebbero spendere circa un punto percentuale di PIL in piu'.

La Germania dovrebbe continuare ad aumentare l'età pensionabile

Gli esperti del FMI chiedono inoltre un aumento dell'età pensionabile. Cio' significa che le persone dovrebbero risparmiare di meno. Maggiori consumi ridurrebbero anche gli avanzi nel commercio estero.

Ma non c'è solo la politica ad essere considerata responsabile del surplus. Anche i gruppi industriali tedeschi vengono criticati dal FMI. Avrebbero dei tassi di risparmio troppo elevati e quindi esacerberebbero gli squilibri. Salari piu' alti, tasse piu' elevate e maggiori investimenti potrebbero aiutare a ridurre questo surplus (...).

Gli avanzi delle partite correnti non sono di per sé negativi

(...) Gli squilibri delle partite correnti non sono  di per sé negativi, come sottolineato dal FMI. Possono servire anche a mitigare gli shock asimmetrici come l'aggiustamento strutturale di un determinato paese in crisi.

Gli squilibri diventano pericolosi quando non sono di natura temporanea o ciclica, ma permanenti. I singoli paesi vengono spinti in deficit con l'estero da quelli in eccedenza. Se i singoli paesi generano grandi eccedenze, ci saranno altri paesi che automaticamente saranno costretti a fare dei deficit.

Il FMI ha calcolato dei livelli equi per la situazione economica dei singoli stati. E secondo questi dati la Germania dovrebbe realizzare un avanzo delle partite correnti del 2.8 % del PIL a livello globale. Vale a dire: un buon 5% del surplus tedesco secondo il FMI contribuisce agli squilibri globali. E per questa ragione la Germania ora si trova sotto accusa.

sabato 3 marzo 2018

Flassbeck: "l'UE e Juncker dovrebbero tenere la bocca chiusa"

Il grande economista Heiner Flassbeck intervistato da DLF sul tema della guerra commerciale scoppiata fra USA ed UE non ha dubbi: l'UE farebbe meglio a tacere perché gli Stati Uniti e Trump hanno pienamente ragione, i tedeschi e gli europei dovrebbero mettere in discussione il loro modello di sviluppo prima che sia troppo tardi. In caso di guerra commerciale sono i paesi in surplus con l'estero ad avere tutto da perdere, la Germania è avvertita. Da deutschlandfunk.de


DLF:  l'UE sta cercando di restituire il colpo, i Jeans potrebbero diventare piu' costosi, tra le altre cose. Potremmo chiamarla schermaglia o disputa commerciale - oppure è l'inizio di una lunga guerra commerciale?

Flassbeck: beh, dovremmo fermarci un attimo. E sarebbe bello se in Europa - abbiamo ascoltato diverse voci - ci si fermasse a riflettere e anche Herr Juncker dovrebbe capire che l'uso della ragione non è un sentimento, ma è qualcosa di indispensabile in questa situazione. E la cosa importante da ricordare è che in effetti gli Stati Uniti e l'Europa si trovano in una situazione completamente diversa, una situazione diversa in riferimento al commercio internazionale. Piu' precisamente, l'Europa ha delle enormi eccedenze, che sono principalmente le eccedenze tedesche, mentre gli USA sono in deficit da oltre 30 anni. Mi piacerebbe vedere cosa succederebbe in Europa se da 30 anni avessimo un deficit commerciale. Questa è la cosa piu' importante di cui dovremmo avere piena consapevolezza.

DLF: la colpa non è dei partner commerciali degli Stati Uniti, ma forse è degli stessi Stati Uniti stessi?

Flassbeck: è una narrazione molto diffusa in Germania che sfortunatamente non corrisponde alla verità. Ad essere responsabili naturalmente non sono i partner commerciali che hanno un deficit, ma c'è sempre un fattore scatenante: in Germania è stata chiaramente la moderazione salariale che da 15 anni ha fatto si' che la Germania diventasse estremamente competitiva sotto la protezione dell'euro, questo perché l'euro resta estremamente sottovalutato...

DLF: ma ora i salari sono tornati a crescere.

Flassbeck: no, no, non stanno crescendo con forza, crescono troppo poco. E questo divario è ancora molto grande, ed è ancora troppo grande rispetto ai nostri partner commerciali in Europa e nei confronti del resto del mondo. Abbiamo una doppia sottovalutazione e su questo sono d'accordo anche persone molto distanti fra loro come Hans Werner Sinn e il sottoscritto, c'è una doppia sottovalutazione della Germania. Ed è per questo che abbiamo delle eccedenze cosi' grandi. E non puoi dire che è colpa degli americani, lo si deve chiamare dumping salariale, è una forma di dumping. 


DLF: si potrebbe anche dire che gli americani dovrebbero offrire dei prodotti migliori, con una maggiore domanda all'estero.

Flassbeck: no, è sbagliato. Vede, questo non ha nulla a che fare con la qualità dei prodotti. La qualità dei prodotti si riflette sempre nel prezzo. Ma se un paese come la Germania offre dei buoni prodotti, che all'improvviso costano il 20% in meno, perché i salari non aumentano, allora questi prodotti vengono acquistati. E questo non ha nulla a che fare con la qualità, ma è molto semplice: per una data qualità il prezzo dei prodotti è del 20% troppo basso.

DLF: ma lei non vorrà seriamente considerare la Germania come un paese a basso salario?

Flassbeck: questo non ha nulla a che fare con il lavoro a basso costo...vede, deve capire, ed è importante, che non c'entrano nulla i bassi salari, si tratta piuttosto di un salario troppo basso in relazione alla produttività, dipende sempre da questo rapporto. La Germania è troppo a buon mercato in rapporto alla propria produttività e non possiamo dimenticarci del tasso di cambio che abbiamo nei confronti del resto del mondo.

DLF: torniamo indietro...

Flassbeck: bisogna guardare a casa propria, prima di parlare di guerre commerciali e simili. E io posso solo consigliare agli europei di tenere la bocca chiusa e di non fare nulla per il momento, invece di darsi un tono come sta cercando di fare Juncker.

DLF: questo significa che le contromisure dell'UE, le tariffe ad esempio sui jeans, il bourbon e le motociclette americane lei le considera eccessive?

Flassbeck: si' le considero sbagliate, perché potrebbero portare ad una escalation. Vede, quando un paese ha dei deficit persistenti, allora alla fine ha il diritto di prendere delle contromisure - e addirittura questo puo' essere fatto nel quadro del WTO. Questo è chiaro ed è perfettamente legale.

DLF: ciò significa che l'UE farebbe meglio ad aspettare e a stare a guardare?

Flassbeck: l'UE dovrebbe tenere per un po' la bocca chiusa, esattamente, e vedere se c'è un'intensificazione oppure no. Al momento è solo una misura di piccola portata, ridicolmente piccola. Voglio dire, considerando la discussione che abbiamo qui in Germania, in cui tutti dicono che i prezzi non hanno alcun effetto sui prodotti, perché i prodotti sono troppo buoni, allora è arrivato il momento giusto di dire: se i nostri prodotti sono cosi' buoni allora i dazi non hanno alcuna importanza! In verità i prezzi hanno un ruolo importante, ma al momento le misure riguardano solo pochi prodotti e misurato sul totale del commercio, sono davvero una piccolezza. Nel complesso posso solo consigliare di non avviare un'azione immediata, sarebbe meglio cercare di parlare con Trump e accettare che la sola misura ragionevole per la Germania è quella di ammettere: si' abbiamo capito, non vogliamo nessuna guerra commerciale, faremo il possibile affinché i nostri surplus commerciali spariscano quanto prima.

DLF: il segretario al commercio degli Stati Uniti, Wilbur Ross, ha portato una lattina di zuppa davanti alle telecamere, ha detto, costa 1.99 dollari. E misurato cosi' il prezzo salirebbe solo di 6 decimi di centesimo. Ha fornito un esempio che non ha nessuna influenza per il consumatore. Quali rischi vede per il consumatore, sia qui da noi che là?

Flassbeck: non sono i consumatori ad essere colpiti, si tratta prima di tutto dei posti di lavoro e Juncker lo ha anche detto. Juncker dice di voler difendere i posti di lavoro europei, Trump dice di difendere i posti di lavoro americani. Ecco di cosa si tratta. La Germania difende i suoi posti di lavoro, ma i posti di lavoro della Germania sono principalmente nel settore dell'export. E questo non può funzionare. Chi ha un surplus commerciale, un gigantesco avanzo commerciale come l'UE oppure come la Germania, sta creando dei posti di lavoro a spese degli altri paesi, questo non puo' essere messo in discussione.

DLF: ne abbiamo già parlato, Herr Flassbeck, ma torniamo ai pericoli da lei individuati.

Flassbeck: nel complesso bisognerebbe dire: signori, abbiamo creato dei posti di lavoro nell'export, ci rendiamo conto che non si puo' andare avanti in questo modo e per questa ragione ora vogliamo un ridimensionamento e faremo in modo che anche voi abbiate la possibilità di riconvertirvi.

DLF: tuttavia molti economisti vedono enormi pericoli in arrivo verso di noi. E ieri gli investitori hanno già reagito e i corsi azionari sono crollati. Si tratta di una reazione eccessiva?

Flassbeck: sì, bisogna guardare tutto in prospettiva, come ho detto. Le reazioni sono sempre troppo veloci, senza un attimo di riflessione. E io sostengo sia necessario sedersi un attimo e riflettere su cio' che negli ultimi 20 o 30 anni è successo. E allora ci si rende conto che gli Stati Uniti non hanno poi così torto. Trump ha fatto molte cose sbagliate, non voglio difenderlo, ma nel complesso non si stanno sbagliando così tanto. E bisogna ricordare che anche Obama aveva criticato le eccedenze commerciali tedesche, e non è solo un fenomeno di Trump. Trump ora è il primo a prendere contromisure. Inoltre gli americani potrebbero sempre cercare di far scendere il corso del dollaro, cosa che avrebbe lo stesso effetto, con un impatto quantitativo molto maggiore. Quindi dobbiamo stare molto attenti. E come ho detto, chi ha un'eccedenza commerciale con l'estero si trova in una posizione piu' difficile rispetto all'altra parte. E chi è in una posizione difficile, non dovrebbe rispondere lanciando delle pietre.

DLF: quando Trump scrive su Twitter che le guerre commerciali sono una buona cosa e sono facili da vincere, ha ragione?

Flassbeck: se siano giuste o meno è un'altra questione, non mi voglio esprimere sul suo linguaggio. Ma che a perdere una guerra commerciale sarà il paese che ha un avanzo commerciale è perfettamente chiaro. E che a vincere sarà il paese con un deficit è altrettanto chiaro e giusto.

DLF: diamo un sguardo all'era Bush, quando c'erano i dazi doganali sull'acciaio e non hanno funzionato. E allora perché pensa che questa volta per gli Stati Uniti dovrebbero funzionare?

Flassbeck: che significa non ha funzionato? Bisogna stare molto attenti, per ora è solo una puntura di spillo, una chiamata: fate qualcosa contro i vostri avanzi commerciali, altrimenti saro' io a dover fare molto di piu'. Al momento è poca cosa. In questo senso la questione è un'altra, in qualsiasi senso funzionerà. La questione centrale, che conta nel rapporto fra Europa e Stati Uniti è la seguente: l'Europa è disponibile a implementare un modello economico diverso, vale a dire un modello in cui, come negli USA, ci si concentra sul proprio mercato interno, invece di annunciare ogni giorno - come fa Frau Merkel - che ora tutti devono diventare piu' competitivi e tutta l'Europa deve migliorare la propria competitvità. E questo puo' accadere solo a spese degli Stati Uniti, l'unico paese nel mondo nei confronti del quale questa Europa possa avere ancora qualcosa da guadagnare. E questa è anche una forma di annuncio di una guerra commerciale di cui qui da noi nessuno parla. E su tutte queste cose dovremmo riflettere con un po' di calma, prima di entrare in una escalation.


martedì 4 luglio 2017

I 3 fronti tedeschi

Ottimo riassunto di German Foreign Policy sulla politica estera di Berlino. Come nella prima guerra mondiale i tedeschi sono impegnati su 3 fronti: sul fronte occidentale Merkel sta cercando di isolare Trump all'interno del G20; sul fronte orientale prosegue lo scontro, anche militare, con la Russia, che di fatto cancella quello che restava della Ostpolitik avviata da Brandt; mentre sul fronte europeo la Germania è impegnata a domare la resistenza del cosiddetto "Gruppo di Visegrad". Sullo sfondo ovviamente restano le ambizioni egemoniche di Berlino. Da German Foreign Policy


Guerra di potere per il gas

Con alcune dichiarazioni insolitamente taglienti il governo federale tedesco nei giorni scorsi ha preso posizione contro gli Stati Uniti. L'occasione è stata l'approvazione da parte del Senato americano di una legge che prevede un rafforzamento delle sanzioni nei confronti della Russia. Diversamente dalle sanzioni precedentemente approvate, questo provvedimento non era stato preventivamente discusso con Berlino e contiene un passaggio che va esplicitamente contro l'ampliamento a due ulteriori condotte del gasdotto Nord Stream, come previsto dal progetto realizzato dal consorzio internazionale di cui fanno parte la russa Gazprom e le tedesche Wintershall (BASF) e Uniper (E.ON). Nel provvedimento approvato Washington dichiara esplicitamente la sua opposizione al gasdotto "Nord Stream 2". Se la proposta, che deve ancora essere approvata alla Camera, dovesse diventare legge, allora le aziende che partecipano al progetto Nord Stream 2 potrebbero temere delle sanzioni in America. A ciò' si aggiunge il fatto che il provvedimento prevede un sensibile aumento dell'export di gas americano ottenuto dal Fracking "allo scopo di creare posti di lavoro in America". Il provvedimento lascia intuire che in futuro il gas di scisto debba essere esportato anche in Europa - al posto del gas russo.

Inaccettabile

In passato il governo federale quando le proposte di Washington danneggiavano gli interessi economici tedeschi era solito reagire con iniziative diplomatiche, questa volta invece il Ministro degli Esteri Gabriel ha pubblicamente assunto una posizione molto forte contro la proposta di legge. "Non possiamo accettare la minaccia di sanzioni extraterritoriali illegali contro imprese europee che partecipano allo sviluppo dell'approvvigionamento energetico europeo", ha detto Gabriel in una dichiarazione congiunta con il Cancelliere austriaco Christian Kern subito dopo l'approvazione del disegno di legge da parte del Senato americano. L'operazione porta ad una "dimensione nuova e completamente negativa nelle relazioni euro-americane". E' in gioco "la competitività della nostra industria ad alta intensità energetica". "L'approvvigionamento energetico dell'Europa è una questione europea", hanno commentato Gabriel e Kern: "chi ci deve consegnare l'energia e in che modo, lo decidiamo noi". [2] La presa di posizione di Gabriel è apertamente sostenuta anche dalla Cancelliera Angela Merkel. Washington procede in maniera "ostinata e sorprendente", ha detto il portavoce del governo Steffen Siebert. [3] Se Washington dovesse andare avanti con il suo piano, allora saremmo costretti a prendere contromisure, si dice a Berlino.

L'antagonista di Trump

Anche con l'ultima presa di posizione Berlino continua a portare avanti il riposizionamento della Germania nei confronti degli Stati Uniti, manovra iniziata subito dopo la vittoria elettorale di Donald Trump. Alla fine di maggio la Cancelliera aveva detto "noi europei dobbiamo prendere il nostro destino nelle nostre mani"; le sue dichiarazioni, sia a Berlino che a Bruxelles, avevano incontrato un'approvazione generale. Il Ministro degli Esteri Gabriel aveva addirittura diagnosticato "la fine degli Stati Uniti come nazione importante". Allo stesso tempo Berlino cerca di sfruttare la presidenza del G20 per sostenere le proprie ambizioni di leadership globale. La Cancelliera Merkel nelle scorse settimane ha viaggiato in alcuni paesi del G20 per promuovere le posizioni tedesche in tema di commercio internazionale e politica climatica in vista del vertice G20 di Amburgo. Recentemente è anche riuscita ad ottenere l'appoggio di Argentina e Messico. Al vertice, secondo il giudizio lapidario di un commentatore, "sarà considerata, che lo voglia o meno, come l'avversaria di Trump" [6]. Il Ministro degli Esteri Gabriel, in maniera alquanto dispregiativa, recentemente ha iniziato ad etichettare con il termine "trumpizzazione" le aggressioni in politica estera -  un passo che nel mondo della diplomazia e nei confronti di uno stretto alleato è alquanto insolito, per usare un eufemismo, ma che lascia chiaramente trasparire le ambizioni egemoniche globali di Berlino.

In marcia contro la Russia

Contemporaneamente Berlino minaccia una intensificazione dello scontro con la Russia. Mentre il governo federale la scorsa settimana si è pronunciato contro Washington, il Presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier venerdì in un'intervista ha ribadito che "non possiamo aspettarci un riavvicinamento fra l'Europa e la Russia"; al contrario, è molto più' probabile un peggioramento delle relazioni fra le due parti: "se Mosca dovesse tentare di influenzare le elezioni politiche tedesche", allora "la possibilità di trovare un accordo diminuirebbero drasticamente". [8] Il governo federale ritiene necessario e giusto mantenere la Russia sotto pressione, anche dal punto di vista militare. Il prossimo fine settimana terminerà la piu' recente manovra Nato in Europa orientale, addestramento che prevedeva una forte partecipazione tedesca e che aveva l'obiettivo di verificare le capacità di difesa dell'Estonia e della Lettonia contro un nemico fittizio - che di fatto in questo caso è proprio la Russia. Un ruolo centrale è svolto dal corpo multinazionale del nord-est nella polacca Stettino, che funge da comando centrale per la gestione delle forze di terra coinvolte, il cui comando delle operazioni è stato assegnato al generale tedesco Manfred Hofmann. Anche i soldati tedeschi di stanza in Lituania presso Rukla prendono parte all'esercitazione.

La base della potenza mondiale

Berlino sta inoltre aumentando la pressione all'interno dell'UE sui quei paesi che rifiutano i piani tedeschi per l'Europa. Nelle scorse settimane la Commissione Europea ha infatti annunciato un'azione legale nei confronti di Polonia, Rep. Ceca, Ungheria e Slovacchia, in quanto questi paesi non sarebbero disponibili ad accogliere i profughi dalla Grecia e dall'Italia e in questo modo si rifiutano di applicare un provvedimento approvato dalla maggioranza dei ministri degli interni dell'UE nel settembre 2015. La Rep. Ceca, la Slovacchia, l'Ungheria e la Romania all'epoca avevano votato contro il provvedimento; Slovacchia ed Ungheria hanno poi presentato un ricorso alla Corte europea contro l'obbligo di dover accettare i rifugiati. Il processo e le iniziative della Commissione Europea dovranno chiarire se gli stati membri dell'UE possono essere costretti ad adottare misure che essi rifiutano; il processo in corso viene considerato come un precedente in merito alla limitazione delle competenze nazionali in materia di politica interna. Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria si sono unite in una libera alleanza di paesi chiamata "Gruppo di Visegrad" e si oppongono - sempre sulla base di una visione reazionaria - all'egemonia tedesca. La battaglia per la creazione di un potenza mondiale spinge Berlino a contrapporsi non solo a Washington e a Mosca, ma anche ad uno scontro con l'opposizione interna all'UE - vale a dire 3 fronti aperti. 

[1] An Nord Stream 2 sind zudem die österreichische OMV, die französische ENGIE und die britisch-niederländische Shell beteiligt. Aus juristischen Gründen ist Nord Stream 2 inzwischen im alleinigen Besitz von Gazprom; die involvierten Konzerne aus den erwähnten EU-Staaten werden offiziell als Finanzinvestoren geführt. S. dazu Die Umgehung der Ukraine.
[2] Außenminister Gabriel und der österreichische Bundeskanzler Kern zu den Russland-Sanktionen durch den US-Senat. Pressemitteilung des Auswärtigen Amts 15.06.2017.
[3] Alle gegen Russland-Sanktionen der USA. www.tagesschau.de 16.06.2017.
[4] S. dazu Das Ende einer Ära.
[5] S. dazu Der Anti-Trump (II).
[6] Majid Sattar: Da waren es nur noch sechs. Frankfurter Allgemeine Zeitung 29.05.2017.
[7] S. dazu Der Anti-Trump.

[8] "Ich bin gut angekommen". Frankfurter Allgemeine Zeitung 16.06.2017.

mercoledì 31 maggio 2017

La fine di un'era

Per German Foreign Policy la svolta di Merkel non è solo campagna elettorale a buon mercato e deve essere presa molto sul serio. Si tratta di un passo preparato da tempo, che ha un largo consenso nella politica e nell'establishment tedesco e che si iscrive nella storia tedesca degli ultimi due secoli: creare uno spazio economico europeo che permetta alla Germania di sfidare alla pari gli americani. Da German Foreign Policy


Una relazione alla pari

Con la sua richiesta di trasformare l'UE in un potere indipendente sulla scena politica mondiale, la Cancelliera Angela Merkel ha raccolto gli applausi dell'establishment politico tedesco. Merkel ha preparato sistematicamente la mossa. Già il giorno dopo le elezioni americane aveva subito cercato di sfruttare a proprio vantaggio lo smarrimento internazionale per le affermazioni razziste e scioviniste di Trump fatte durante la campagna elettorale dichiarando che avrebbe "offerto" al nuovo presidente americano "una stretta cooperazione", ma solo "se fondata su determinati valori". [1] E in effetti in quei giorni la Cancelliera veniva celebrata come "il leader dell'occidente liberale" e come l'antitesi positiva al presidente degli Stati Uniti. [2] Ora Merkel cerca di usare a proprio vantaggio la politica estera alquanto grezza di Trump e le sue apparizioni goffe sulla scena internazionale e chiede per l'UE una propria politica di potenza indipendente dalle relazioni transatlantiche. "I tempi in cui potevamo fare completo affidamento sugli altri sono passati", ha affermato Merkel domenica. "Noi europei dobbiamo prendere nelle nostre mani il nostro destino". [3] Con questa mossa la richiesta sempre piu' frequente di trasformare in una relazione alla pari il rapporto fra la Germania e l'UE da un lato e l'America dall'altro, è stata fatta propria dalla Cancelliera.

Niente piu' codardia

L'appello di Merkel in linea di principio è condiviso dai leader politici di tutti i partiti del Bundestag. "La giusta risposta a Donald Trump è una cooperazione piu' forte dei paesi europei a tutti i livelli", ha dichiarato il leader della SPD Martin Schulz. [4] Il Ministro degli Esteri Sigmar Gabriel (SPD) ha diagnosticato "un cambiamento dei rapporti di forza nel mondo" e "l'uscita di scena degli Stati Uniti come paese guida": "l'occidente è solo un po' più' piccolo" [5]. Il segretario generale della SPD Katarina Barley sostiene invece la necessità di forzare ancora di piu' la mano con gli Stati Uniti: "la Cancelliera negli scontri diretti con Trump piega sempre le gambe", non puo' andare avanti cosi'. [6] Per i Verdi, il responsabile della politica estera Jürgen Trittin, chiede una netta presa di distanza da Washington: "un nazionalista non puo' essere certo un partner in un mondo che chiede sempre piu' cooperazione internazionale". Katja Kipping, segretario della Linke, chiede di "porre fine all'atteggiamento codardo nei confronti  degli Stati Uniti". [7]

Diametralmente opposti

Le ambizioni egemoniche tedesche sono recepite con la massima attenzione dall'establishment americano e ottengono una certa approvazione in una parte dell'UE. "Questa sembra essere la fine di un'era, un'era in cui gli Stati Uniti guidavano e gli europei seguivano", citazione di Ivo H. Daalder un ex-ambasciatore americano presso la Nato, che prosegue: "oggi gli Stati Uniti su molte questioni centrali si muovono in una direzione che sembra completamente opposta a quella in cui si muove l'Europa" [8]. Merkel trae le conseguenze di rivendicazioni di potere sempre più' divergenti. Il Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker si allinea alla Cancelliera: "si tratta di fare in modo che l'Europa possa prendere nelle proprie mani il proprio destino", ha detto il suo portavoce. I presidenti dei  gruppi socialdemocratici e liberali al Parlamento europeo, Gianni Pittella e Guy Verhofstad, appoggiano la linea di Berlino. "Noi europei dobbiamo finalmente renderci conto che il nostro futuro è nelle nostre mani", dichiara Pittella: gli USA restano ancora "un partner essenziale, ma non piu' il primo alleato su ogni questione". Verhofstadt da parte sua aggiunge che "è giunto il momento per l'Europa di reinventarsi e serrare i ranghi" .[9]

La guerra come possibilità

Il dibattito mediatico sulle conseguenze pratiche scaturite da una richiesta aperta di un proprio potere politico era già iniziato nel fine settimana.  Ci sono "buone possibilità" nel commercio internazionale, scrive ad esempio Die Welt: Bruxelles sta preparando accordi di libero scambio con 20 paesi che in caso di successo potrebbero collaborare piu' strettamente con l'UE, distanziandosi ancora di piu' dagli Stati Uniti. [10] La situazione è piu' complessa in ambito militare: "sulla difesa l'Europa ha molta strada da fare", scrive la FAZ, "ma tuttavia questa lunga strada è una possibilità per riunire il continente". [11] In realtà Berlino sta portando avanti da tempo in maniera energica il riarmo dell'UE [12]; nell'establishment politico e militare ci sono già state diverse proposte per una bomba atomica tedesca (german-foreign-policy.com berichtete [13]). Giovedi' poi è prevista la prima visita ufficiale a Berlino del Ministro della Difesa francese Sylvie Goulard. Berlino e Parigi fanno da tempo pressione affinché gli eserciti europei possano essere ulteriormente integrati fra loro; Goulard riferendosi allo smarrimento internazionale causato dalle recenti uscite in Europa di Trump dichiara: "in un momento in cui vogliamo fare dei passi avanti per l'Europa e per la sua difesa, questo è un incentivo sicuramente benvenuto". [14]

Da 175 anni

Lo sforzo per una relazione alla pari con gli Stati Uniti fa parte dei progetti piu' vecchi della politica estera espansionistica tedesca. Era già stata formulato "dal padre dell'economia nazionale tedesca" Friedrich List, che già negli anni '40 del diciannovesimo secolo - molto prima della fondazione dell'impero tedesco - prevedeva per il futuro una dura rivalità fra un'alleanza continentale europea e gli Stati Uniti (german-foreign-policy.com berichtete [15]). Una "unione doganale nella Mitteleuropa" dovrebbe mettere l'Europa in condizione di competere con gli Stati Uniti, era scritto invece nel 1903 nell'appello per la fondazione della molto influente "Mitteleuropäischen Wirtschaftsverein". [16] Solo "un blocco economico chiuso da Bordeaux fino a Sofia" potrebbe dare "all'Europa la struttura economica necessaria di cui ha bisogno per imporre la sua importanza nel mondo" - non da ultimo per potersi affermare contro gli Stati Uniti, sosteneva il presidente di IG-Farben Carl Duisberg in un discorso tenuto davanti ai dirigenti delle aziende tedesche nel 1931. [17] L'economista nazionalsocialista Werner Daitz nel maggio del 1940 scriveva che "solo un grande spazio economico continentale" potrebbe mettere la Germania nelle condizioni "di sfidare con successo gli enormi blocchi economici del Nord e Sud-America, il blocco dello Yen, e quello che resta del blocco della Sterlina". [18] 

Il prossimo rivale

Mai fino ad ora, dopo il 1945, la Germania era mai andata cosi' vicino ad avere una relazione alla pari con gli Stati Uniti. Al G20 di Amburgo la Cancelliera Merkel, "che lo voglia o no, sarà percepita come la principale antagonista di Trump", scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung. [19] Ma agli "europei" è chiaro, prosegue l'articolo, "che un vuoto americano non farebbe altro che accelerare l'ascesa della Cina al ruolo di potenza mondiale". Cosi' già sappiamo chi sarà il prossimo rivale a causa del quale le crescenti ambizioni egemoniche della potenza tedesco-europea potrebbero sentirsi limitate.

[1] S. dazu Ein wesentlicher Teil des Westens.
[2] S. dazu Make Europe Great Again.
[3] Majid Sattar: Da waren es nur noch sechs. Frankfurter Allgemeine Zeitung 29.05.2017.
[4] Martin Schulz wirft Trump politische Erpressung vor. www.zeit.de 29.05.2017.
[5] "Der Westen ist ein Stück kleiner geworden". www.zeit.de 29.05.2017.
[6], [7] "Es ist keine Kunst im Bierzelt über Trump zu schimpfen". www.handelsblatt.com 29.05.2017.
[8] Alison Smale, Steven Erlanger: Merkel, After Discordant G-7 Meeting, Is Looking Past Trump. www.nytimes.com 28.05.2017.
[9] Daniel Brössler, Robert Roßmann: EU stützt Merkel gegen Trump. www.sueddeutsche.de 29.05.2017.
[10] Christoph B. Schiltz: Wo ein Europa ohne die USA wirklich funktionieren kann. www.welt.de 29.05.2017.
[11] Thomas Gutschker: Trump, der Fremde. www.faz.net 27.05.2017.
[12] S. dazu Unter deutschem Kommando und Auf dem Weg zum Hauptquartier.
[13] S. dazu Der Schock als Chance und Griff nach der Bombe.
[14] French minister says Trump speech 'spur' to European defence. www.brecorder.com 29.05.2017.
[15] Friedrich List: Das nationale System der Politischen Ökonomie. Stuttgart 1841. Zitiert nach: Reinhard Opitz (Hg.): Europastrategien des deutschen Kapitals 1900-1945. Bonn 1994. S. 50-58. S. dazu Europas Fahnenträger.
[16] Julius Wolf: Materialien betreffend einen mitteleuropäischen Wirtschaftsverein. Zitiert nach: Reinhard Opitz (Hg.): Europastrategien des deutschen Kapitals 1900-1945. Bonn 1994. S. 137-146.
[17] Carl Duisberg: Gegenwarts- und Zukunftsprobleme der deutschen Industrie. Rede auf der Tagung "Wirtschaft in Not" des Bayerischen Industriellen-Verbandes am 24. März 1931. Zitiert nach: Reinhard Opitz (Hg.): Europastrategien des deutschen Kapitals 1900-1945. Bonn 1994. S. 581f.
[18] Werner Daitz: Denkschrift: Errichtung eines Reichskommissariat für Grossraumwirtschaft. Zitiert nach: Reinhard Opitz (Hg.): Europastrategien des deutschen Kapitals 1900-1945. Bonn 1994. S. 668-670.
[19] Majid Sattar: Da waren es nur noch sechs. Frankfurter Allgemeine Zeitung 29.05.2017.