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martedì 22 agosto 2023

Scholz ci ripensa sul riarmo della Germania

A quanto pare il Cancelliere a poco piu' di un anno dalla decisione di destinare 100 miliardi di euro al riarmo tedesco ci avrebbe ripensato e ora quella enorme somma di denaro fuori dal bilancio pubblico, di cui per ora si è speso poco, sarà usata per coprire i costi correnti e operativi della Bundeswehr, cronicamente sottofinanziata. I sogni di gloria del nuovo militarismo germanico sono già finiti? Ne scrive Business Insider

scholz fondo da 100 miliardi di euro per il riarmo


- Un anno fa, il Cancelliere Olaf Scholz (SPD) aveva messo a disposizione della Bundeswehr 100 miliardi di euro per l'acquisto di nuovi aerei, navi e armi e per il riarmo della Germania. Soldi con cui le truppe avrebbero dovuto finalmente potersi permettere ciò che altrimenti sarebbe stato impossibile.

- Ora, però, il governo federale vuole ridurre notevolmente la portata del fondo speciale. Il denaro dovrà essere utilizzato anche per progetti infrastrutturali e per il normale funzionamento delle truppe. Ciò rischia di spegnere le speranze di avere un nuovo equipaggiamento moderno.

- Alla base del cambio di rotta ci sono apparentemente considerazioni sul fatto che le truppe non potrebbero comunque ricevere il denaro in tempo per procurarsi un nuovo equipaggiamento. L'opposizione, tuttavia, trova questo aspetto molto critico.


Quando il Cancelliere Olaf Scholz (SPD) ha annunciato un anno fa, dopo l'inizio della guerra in Ucraina, un fondo speciale da 100 miliardi di euro per il riarmo e la modernizzazione della Bundeswehr, molti ne erano rimasti sorpresi. Dopo decenni di risparmi, si presentava improvvisamente l'opportunità di modernizzare finalmente il malandato arsenale delle truppe tedesche. Nuovi elicotteri, aerei, navi, armi? Tutto questo sembrava finalmente realistico. La promessa di Scholz: "L'obiettivo è una Bundeswehr efficiente che fa progressi, una Bundeswehr che può svolgere la sua missione principale, vale a dire la difesa nazionale e dell'alleanza, perché è sufficientemente equipaggiata".

Ma a distanza di poco più di un anno, di questa idea non è rimasto molto. Al contrario: come emerge da una recente bozza rivista della legge sul finanziamento del bilancio, il governo federale segretamente intende ammorbidire in modo significativo lo scopo del fondo speciale. In sostanza, il denaro non sarà più destinato all'acquisto di nuovi sistemi d'arma moderni, come annunciato, ma anche a tappare i buchi della spesa corrente. La speranza di nuove truppe moderne sembra essere svanita.

Secondo quanto riferito, il Ministro delle Finanze Christian Lindner (FDP) avrebbe presentato mercoledì al consiglio dei ministri le modifiche ai requisiti legali per il fondo speciale. Finora, la legge corrispondente recitava: "I fondi del fondo speciale serviranno a finanziare importanti progetti di equipaggiamento della Bundeswehr, in particolare, misure complesse della durata superiore a un anno". Questa frase verrà ora ammorbidita nei punti cruciali: Non farà piu' riferimento a progetti di equipaggiamento "significativi", ma solo a progetti di equipaggiamento. Anche il post scriptum deve essere eliminato. Il termine "progetti di equipaggiamento", continua, "comprende in particolare misure significative nel campo degli investimenti in armamenti e della relativa ricerca, spese per munizioni, progetti infrastrutturali nonché progetti nei settori dell'informatica, della protezione e della garanzia di accesso a tecnologie chiave e della logistica per la Bundeswehr"

In parole povere: in futuro il fondo speciale sarà utilizzato anche per pagare i costi operativi e infrastrutturali che sono in qualche modo collegati ai progetti di riarmo. Ma essendo così vago, il Ministero della Difesa teme che praticamente qualsiasi spesa possa essere giustificata dalla nuova legge. E poiché ci sono così tanti buchi da tappare nelle truppe dato che i soldi del bilancio normale non sono sufficienti, l'acquisto di nuovi sistemi d'arma rischia di essere una prospettiva lontana.

Tuttavia, Scholz e il ministro delle Finanze Lindner non avrebbero dovuto ignorare che la Bundeswehr, anche sotto il ministro della Difesa federale Boris Pistorius (SPD), non è stata in grado di mettere a terra abbastanza rapidamente i miliardi del fondo speciale. A parte i nuovi jet da combattimento F-35 per un valore di circa otto miliardi di euro e gli elicotteri da trasporto pesanti Chinook per un valore di sette-otto miliardi di euro, la Bundeswehr non ha acquistato nulla di veramente nuovo, anche a più di un anno dalla messa a disposizione del fondo speciale. Invece, ci sono decine di vecchi contratti che sono stati semplicemente rifinanziati attraverso il fondo speciale, perché il denaro non arriva abbastanza velocemente a causa dei complessi processi politici e amministrativi di approvvigionamento.

L'opposizione è comunque sconcertata dalla prevista modifica della legge. "A poco a poco, c'è davvero da preoccuparsi per il nostro Cancelliere. Ancora una volta viene colto da uno dei suoi noti vuoti di memoria", critica il politico in materia di bilancio Ingo Gädechens (CDU). Che continua: "Nel febbraio 2022 aveva promesso un fondo speciale per la Bundeswehr, con il quale si sarebbero dovuti realizzare investimenti urgenti in progetti di riarmo. Ma ora ha dimenticato questa promessa". Il modo in cui il fondo speciale ora viene ammorbidito è "una politica ipocrita da manuale", continua Gädechens.


Leggi anche "Il nuovo ruolo geopolitico della Germania secondo Olaf Scholz"



martedì 4 ottobre 2022

Un nuovo bilancio ombra da 360 miliardi di euro per finanziare il freno al prezzo del gas

Con il freno al prezzo del gas (Gaspreisbremse) da 200 miliardi di euro, annunciato pochi giorni fa dal governo di Berlino, i tedeschi di fatto archiviano il pareggio di bilancio che nel decennio scorso avevano imposto ai paesi del sud Europa. Il Ministro delle Finanze Lindner però non vuole perdere la faccia aumentando le tasse e quindi per finanziare il riarmo della Bundeswehr, la lotta al cambiamento climatico e il freno al prezzo del gas dovrà mettere in piedi un bilancio ombra da 360 miliardi di euro pari al 10% del PIL tedesco. Ne scrive Mark Schieritz su Die Zeit

Robert Habeck (Grüne), Bundeskanzler Olaf Scholz (SPD) und Christian Lindner (FDP)


C'è un quadro del pittore spagnolo Francisco de Goya intitolato El sueño de la razón produce monstruos - Il sonno della ragione genera mostri. Ci fa vedere una persona addormentata su una scrivania, ci sono figure simili a pipistrelli con volti distorti che sullo sfondo si alzano in aria. Il dipinto viene considerato un omaggio all'Illuminismo, o piuttosto un monito contro le conseguenze della sua assenza.

Anche il sonno della ragione economica fa nascere dei mostri: mostri fiscali. La Ampel Koalition intende proteggere famiglie e imprese dall'aumento del prezzo del gas. E poiché qualche anno fa a qualcuno è venuta in mente l'idea che il debito pubblico è un male assoluto e quindi deve essere vietato, ora si è deciso di istituire un nuovo contenitore di denaro al di fuori del normale bilancio pubblico. E questo fondo speciale sarà riempito con 200 miliardi di euro presi in prestito. Oltre al fondo speciale per la Bundeswehr e al fondo contro il cambiamento climatico. In totale nel bilancio ombra ci saranno 360 miliardi di euro di debito, pari a circa il dieci per cento del PIL, più della metà del bilancio federale.



Questo contorsionismo costituzionale non sarebbe stato necessario se lo Schuldenbremse non fosse mai esistito. A tal proposito, si può rimproverare alla Ampel Koalition di non aver avuto il coraggio di annullare o almeno riformare una legge cosi' controversa. Invece, ancora una volta, preferiscono andare avanti con dei trucchi contabili. D'altra parte i soldi sono già a disposizione. Qualche mese fa era accaduto esattamente lo stesso nel caso della Bundeswehr. E prima ancora con il clima. L'interpretazione benevola dei fatti sarebbe quindi questa: dopo una lunga lotta e una grande disponibilità al compromesso (in questo caso da parte del Ministro delle Finanze Christian Lindner, che si era a lungo opposto all'ipotesi di fare altro debito), la Ampel Koalition mette a disposizione i fondi per i programmi di soccorso aggiuntivi urgentemente necessari.

Il finanziamento attraverso l'aumento delle tasse sarebbe stato sensato.

I dettagli saranno discussi dalla apposita commissione nominata dal governo. Anche facendo piu' debito, infatti, non sarebbe comunque possibile produrre del gas aggiuntivo. Il fascino del tetto al prezzo del gas è che evita i problemi amministrativi legati al sostegno diretto alle famiglie bisognose. Da un punto di vista puramente economico, infatti, sarebbe più sensato accettare l'aumento del prezzo del gas e sostenere con dei trasferimenti pubblici solo coloro che non riescono più a pagare le bollette. In pratica, però, ciò sarebbe stato estremamente costoso e complicato, se non altro perché in Germania non esiste un meccanismo di erogazione dei trasferimenti diretti.

Con il tetto al prezzo del gas, infatti, lo Stato interviene direttamente alla fonte (il prezzo del gas), il che rende le cose più semplici. E questo è ciò che conta. Perché se gli aiuti non arrivano rapidamente - come ha giustamente sottolineato il ministro dell'Economia Robert Habeck - il tessuto economico del Paese sarà in pericolo. E questo non significa solo il panettiere dietro l'angolo, ma anche la media impresa con molti dipendenti.

Nel progetto si tratta di fare in modo che i risparmi necessari vengano comqunque realizzati nonostante le sovvenzioni, altrimenti il gas a un certo punto dell'inverno sarà finito. Per questo motivo solo una parte del consumo di gas potrà essere sovvenzionata dallo Stato. A causa all'aumento dei prezzi dell'energia, infatti, ci sarà una inevitabile fuoriuscita di ricchezza dalla Germania verso i Paesi da cui proviene l'energia. Lo Stato può solo mitigare questa perdita di prosperità e distribuire l'onere nel modo più equo possibile, non può però compensarla.

Per questo motivo avrebbe avuto senso finanzaiare gli sgravi attraverso un aumento delle tasse. La Ampel non ha seguito questa strada perché sarebbe stato un passo troppo grande per la FDP. Ma questo non risolve il problema, lo rimanda soltanto. A differenza della costruzione di una scuola, un sussidio energetico erogato alle famiglie non produce necessariamente un ritorno - sotto forma di tassi di crescita futuri più elevati grazie all'aumento del livello di istruzione - con il quale i prestiti contratti potranno poi essere ripagati. Quindi non si autofinanzia. Ciò significa che, alla scadenza dei prestiti, si dovrà rispondere alla domanda su chi pagherà il conto. E per questo ci sarà un fondo speciale.

mercoledì 21 settembre 2022

Lambrecht - La Germania è "pronta a dare il cambio all'America in Europa"

Nei giorni scorsi il Ministro della difesa tedesco Christine Lambrecht, in occasione di un discorso tenuto alla prestigiosa Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik, ha spiegato che la Germania è pronta ad assumere la leadership militare in Europa. L'obiettivo del governo sarà anche quello di ottenere il consenso dei tedeschi sul tema del riarmo e sul nuovo ruolo della Germania, consenso che al momento sembrerebbe non esserci. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy

Il ministro della difesa tedesco Lambrecht

"La dimensione della Germania, la sua posizione geografica, il suo potere economico, in breve: il suo peso ci rendono una potenza leader":
è quanto ha dichiarato il Ministro della Difesa federale Christine Lambrecht. Come affermato ieri da Lambrecht in occasione di un discorso alla Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP), la Germania è "una potenza leader ... anche nella sfera militare"; in futuro "la Bundeswehr dovrà avere un ruolo più importante, sia nel nostro pensiero che nella nostra azione politica". Il discorso di Lambrecht fa riferimento alla nuova Strategia di sicurezza nazionale che il governo dovrà adottare entro la fine dell'anno. La strategia, elaborata sotto la guida del Ministero degli Esteri è il corrispettivo a livello nazionale della "Bussola strategica" dell'UE - una sorta di dottrina militare - e del nuovo Concetto strategico della NATO. Poiché la realizzazione della strategia sarà caratterizzata da costi considerevoli, l'obiettivo del governo è quello di ottenere un'ampia accettazione da parte della popolazione per questo programma, ad esempio introducendo una "giornata della sicurezza nazionale". Gli ambiziosi piani, tuttavia, contrastano in modo eclatante con il fallimento delle operazioni militari tedesche degli ultimi anni.



"Documento quadro sulla politica di sicurezza".

Berlino da anni insiste per l'adozione di una Strategia di sicurezza nazionale - insieme a misure come la creazione di un Consiglio di sicurezza nazionale [1] - peraltro esplicitamente prevista dall'accordo di coalizione del governo rosso-verde-giallo. Secondo il Ministero della Difesa, infatti, la strategia sarà "il piu' importante documento di politica di sicurezza del Governo federale" [2]. È stata concepita per essere completa e "interdipartimentale"; pertanto, "i vari dipartimenti sin dall'inizio sono stati strettamente coinvolti nel suo processo di redazione". L'Ufficio Federale degli Affari Esteri ne è il responsabile. Il ministro degli Esteri Annalena Baerbock il 18 marzo di quest'anno in occasione di un evento politico ha ufficialmente lanciato i lavori sulla strategia. A fine agosto la Strategia di sicurezza nazionale è stata anche oggetto di un dibattito a porte chiuse durante la riunione del governo federale a Meseberg. La strategia ha due punti di riferimento: la Bussola strategica dell'UE, che l'Unione ha adottato a marzo [3] e il nuovo Concetto strategico della NATO, adottato al vertice NATO di Madrid a fine giugno [4]. La Bussola strategica UE, classificata anche come "dottrina militare" dell'UE, è stata sviluppata su iniziativa tedesca. Berlino ha esercitato una forte influenza sulla creazione del documento.

"Il peso della Germania "

La preoccupazione principale di Berlino nell'ambito dei lavori sulla Sicurezza Nazionale consiste nell'assicurare alla Repubblica federale una posizione di primo piano nella politica mondiale. "Le dimensioni della Germania, la sua posizione geografica, il suo potere economico, in breve: il suo peso, ci rendono una potenza leader, che ci piaccia o no", ha affermato il ministro della Difesa Christine Lambrecht davanti al Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP). [5] Il ministro degli Esteri Baerbock aveva già dichiarato a marzo, in occasione dell'evento di lancio dei lavori sulla Strategia di sicurezza nazionale, che gli Stati alleati chiedono una forte leadership della Repubblica federale "in quanto maggiore economia europea". [6] Lambrecht ha esteso esplicitamente la richiesta di leadership tedesca alle forze armate, affermando che la Germania è "una potenza leader ... anche nella sfera militare"; in futuro, la Bundeswehr dovrà "svolgere un ruolo ancora più importante nel nostro pensiero e nelle nostre azioni politiche". E ciò avrà anche delle conseguenze finanziarie: nel lungo periodo la Bundeswehr dovrà disporre di un budget pari ad almeno il 2% del PIL tedesco. "La Germania può farcela", ha affermato ieri la Lambrecht nel suo discorso alla DGAP, discorso accolto con grande attenzione anche a livello internazionale.

Un'"Europa geopolitica capace di fare una politica globale".

Per quanto riguarda i possibili scenari di impiego della Bundeswehr, Lambrecht ha spiegato che la "difesa nazionale e dell'alleanza, in futuro dovrà essere in cima alla lista delle nostre priorità"; le truppe saranno "l'istanza centrale della nostra infrastruttura pubblica". [7] Ciò è dovuto anche al fatto che gli Stati Uniti dovranno concentrare la loro "attenzione principale ... necessariamente sulla sicurezza della regione del Pacifico". Per Washington, almeno a partire dal "pivot to Asia" annunciato dal Presidente Barack Obama nel novembre 2011, la battaglia contro l'inarrestabile ascesa della Cina resterà al centro delle ambizioni in materia di politica globale. [8] La richiesta alle potenze dell'UE di assumere un ruolo di leadership militare in Europa e negli Stati immediatamente confinanti nell'ambito della divisione transatlantica del lavoro viene apertamente comunicata da circa dieci anni. [9] Lambrecht questa volta però ha affermato che la Germania è "pronta a dare il cambio all'America in Europa"; per farlo, tuttavia, l'Unione Europea dovrà diventare "più forte". Il Cancelliere Olaf Scholz in un discorso tenuto all'Università Carlo di Praga recentemente aveva già espresso la richiesta di "un'Europa geopolitica capace di fare una politica globale". [10]

"Giornata nazionale della sicurezza"

Per quanto riguarda il costoso riarmo da parte della Germania e dell'UE, un esperto dell'Ośrodek Studiów Wschodnich (OSW, Centro di Studi Orientali) di Varsavia recentemente ha commentato con un contributo nel dibattito sulla strategia in corso: "Queste misure in Europa avranno un costo molto elevato e ci richiederanno molto in generale. Una delle aspirazioni della strategia di sicurezza tedesca dovrebbe quindi essere anche quella di preparare la società tedesca ad affrontare questi costi" [11]. Ad esempio, il tenente colonnello Philipp Lange, in una concisa presentazione degli obiettivi della strategia, afferma: "Per noi è importante che la popolazione del nostro paese nel suo complesso condivida l'orientamento di base della nostra strategia futura. Per questo motivo, il governo federale cerca espressamente un dialogo con i cittadini" [12], e Lambrecht ieri davanti alla DGAP ha assunto una posizione simile. Il necessario "cambio di cultura" deve innanzitutto "riflettersi nelle nostre operazioni politiche nella capitale", ha chiesto il Ministro della Difesa. Tuttavia questo non sarà sufficiente: anche la popolazione dovrà essere allineata alla Strategia di sicurezza nazionale. A tal fine, il ministro vuole organizzare ogni anno una "Giornata della sicurezza nazionale" nella Repubblica federale. [13]

Ambizioni e realtà

Le richieste di un massiccio riarmo, di un ruolo di leadership della Germania nella politica mondiale e di un coinvolgimento della popolazione nelle ambizioni di potere delle élite di Berlino contrastano notevolmente con i risultati delle operazioni militari tedesco-europee dell'ultimo decennio. I risultati sono stati recentemente illustrati da un esperto dell'European Council on Foreign Relations (ECFR), attualmente membro del comitato consultivo della Bundesakademie für Sicherheitspolitik (BAKS). "La missione in Afghanistan è fallita e il ritiro caotico ha mostrato agli europei la loro totale dipendenza militare dagli Stati Uniti", scrive l'esperto. Inoltre, le guerre in Siria e in Libia stavano "entrando nel loro secondo decennio", ma "gli europei" "non hanno quasi mai giocato un ruolo" negli "sforzi per risolverle": "Il divario tra le ambizioni degli europei ... e la loro effettiva influenza globale" si è "ampliato nel corso degli anni".




[1] S. dazu Ein Bundesverkehrswegeplan für die Rüstung und Handlungsempfehlungen an die nächste Bundesregierung (II).

[2] Nationale Sicherheitsstrategie: Die wichtigsten Fragen und Antworten vorab. bmvg.de 07.09.2022.

[3] S. dazu Die Militärdoktrin der EU und Das Kräftemessen des 21. Jahrhunderts.

[4] S. dazu Im Zentrum der drohenden Eskalation und Die NATO am Pazifik.

[5] „Deutschlands Gewicht macht uns zur Führungsmacht“. tagesschau.de 12.09.2022.

[6] Außenministerin Annalena Baerbock bei der Auftaktveranstaltung zur Entwicklung einer Nationalen Sicherheitsstrategie. auswaertiges-amt.de 18.03.2022.

[7] „Deutschlands Gewicht macht uns zur Führungsmacht“. tagesschau.de 12.09.2022.

[8] S. dazu Das pazifische Jahrhundert.

[9] S. dazu Die Neuvermessung der deutschen Weltpolitik.

[10] S. dazu Das „weltpolitikfähige, geopolitische Europa“.

[11] Justyna Gotkowska: Wanted: Klare Leitlinien für die zukünftige Sicherheitsordnung in Europa. fourninesecurity.de.

[12] Nationale Sicherheitsstrategie: Die wichtigsten Fragen und Antworten vorab. bmvg.de 07.09.2022.

[13] „Deutschlands Gewicht macht uns zur Führungsmacht“. tagesschau.de 12.09.2022.

[14] Jana Puglierin: Der Strategische Kompass: Ein Fahrplan für die Europäische Union als sicherheitspolitische Akteurin. Bundesakademie für Sicherheitspolitik: Arbeitspapier 7/22

mercoledì 20 luglio 2022

Il nuovo ruolo geopolitico della Germania secondo Olaf Scholz

Il Cancelliere Olaf Scholz nei giorni scorsi è intervenuto sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung per delineare il nuovo ruolo geopolitico della Germania e dell'UE. Il suo intervento sembra essere perfettamente allineato con quello del co-segretario della SPD Lars Klingbeil che qualche settimana fa chiedeve di trasformare la Germania in una potenza di primo piano nell'ambito di una UE sovrana. Ne parla il sempre ben informato German Foreign policy

olaf scholz
Il Cancelliere Olaf Scholz / SPD

L'UE dovrà trasformarsi in un "attore geopolitico", a tal fine dovrà "serrare i ranghi" al proprio interno e portare avanti la sua militarizzazione. È quanto chiede il Cancelliere Olaf Scholz con un articolo uscito lunedi 18-07 sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. Scholz annuncia "proposte concrete" per i prossimi mesi e spinge per l'abolizione del diritto di veto in politica estera, grazie al quale gli Stati più piccoli possono proteggere i loro interessi dalle pressioni dei Paesi membri più influenti. Anche il leader della SPD Lars Klingbeil recentemente aveva espresso opinioni simili. Dopo "quasi 80 anni" di presunta "moderazione", la Germania ora deve "ambire a trasformarsi in una potenza di primo piano", chiede il leader della SPD; e questo "richiederà decisioni difficili da parte di Berlino". Anche Klingbeil sollecita un massiccio riarmo della Bundeswehr. Sia Scholz che Klingbeil sono preoccupati dal fatto che sempre più spesso i Paesi emergenti e in via di sviluppo si rifiutano di seguire il vecchio mondo Occidentale e portano avanti politiche autonome. La richiesta di intraprendere in futuro delle attività "geopolitiche" arriva proprio nel momento in cui la povertà nell'UE è in rapido aumento.


Il linguaggio del potere

Con il suo appello a "trasformare la UE in un attore geopolitico" [1], il Cancelliere Olaf Scholz dà seguito ad altre dichiarazioni simili fatte da importanti politici berlinesi negli anni passati. Nel dicembre 2017, ad esempio, l'allora ministro degli Esteri Sigmar Gabriel lamentava che l'UE non fosse ancora "una vera forza nel mondo": mancava "della capacità di dispiegare potenza". E quindi oggi è ancora più "urgente" che "l'Europa rifletta sui suoi interessi e sviluppi una sua capacità di plasmare il mondo". [2] Se in futuro a Berlino e a Bruxelles "prenderà piede un pensiero politico-strategico", "allora si porranno anche questioni di potenza", aveva dichiarato Gabriel: "Non sarà piacevole". Nel febbraio 2018, sempre il ministro Gabriel aveva affermato che l'UE ha bisogno di "una comune proiezione di potenza nel mondo", anche dal punto di vista militare: "essendo l'unico vegetariano, avremo vita dura in un mondo di carnivori"[3] Nel novembre 2019, la presidente designata della Commissione europea Ursula von der Leyen si era unita a lui. Per l'UE, da un lato, sarà necessario "farsi dei propri muscoli ... in materia di politica di sicurezza", dall'altro lato sviluppare un approccio sempre piu' strategico per quanto riguarda "gli interessi esterni dell'Europa": "L'Europa dovrà anche 'imparare il linguaggio della potenza'", aveva dichiarato la von der Leyen. [4]

Unità interna

Per dare finalmente all'UE un ruolo di "attore geopolitico", il Cancelliere Scholz chiede "unità" politica: "La disunione permanente, il dissenso permanente tra gli Stati membri ci indebolisce". Pertanto, "si dovrà porre fine al blocco di natura egoistica delle decisioni europee da parte dei singoli Stati membri". L'UE ha reagito all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia "con una determinazione e un'unità senza precedenti". Ora è necessario "serrare le fila" in "campi" a lungo oggetto di contesa, come "lo sviluppo della difesa europea" o la "sovranità tecnologica". Scholz ha annunciato: "La Germania presenterà proposte concrete nei prossimi mesi". In un primo momento, il Cancelliere rilancia una richiesta che gli esperti di politica estera tedesca ripetono da anni: si deve porre fine al diritto di veto in politica estera di cui dispongono oggi i paesi membri dell'UE, grazie al quale anche gli Stati più piccoli possono, se necessario, proteggersi sulle questioni fondamentali dalle pressioni dei Paesi membri più potenti. "I veti nazionali ... non possiamo più permetterceli", scrive Scholz, "se vogliamo farci ascoltare in un mondo di grandi potenze in competizione"[5].

La Repubblica federale "al centro"

La richiesta di abolire il diritto di veto era stata ribadita recentemente anche dal leader della SPD Lars Klingbeil, che in un discorso del 21 giugno aveva affermato: "se vogliamo che l'UE sia in grado" di "agire rapidamente", è necessario "abolire il principio dell'unanimità, ad esempio in politica estera o in materia di politica finanziaria e fiscale" [6]. Dal punto di vista di Berlino, la questione è centrale: "La Germania può essere forte solo se l'Europa sarà forte". La Repubblica Federale "come potenza leader ... dovrà quindi promuovere con forza un'Europa sovrana". La Germania "dopo quasi 80 anni di contenimento ... finalmente avrà un ruolo nel sistema delle coordinate internazionali"; la Repubblica Federale oggi è "sempre più al centro": "Dobbiamo soddisfare queste aspettative". "La Germania deve ambire ad essere una potenza leader", chiede il leader della SPD. Questo "nuovo ruolo di potenza leader" impone tuttavia alla Repubblica Federale di prendere "decisioni difficili, sia finanziarie che politiche": "Dobbiamo cambiare le strutture e rinegoziare il bilancio". In particolare, le forze armate dovranno essere rafforzate, ad esempio con il "fondo speciale" da 100 miliardi di euro del governo Scholz. Sarà inoltre necessario "riconsiderare la forza militare come un mezzo legittimo della politica", afferma Klingbeil, il quale ribadisce che la militarizzazione accelerata è finalizzata ad una "politica di pace".

I doppi standard dell'Occidente

Klingbeil e Scholz sono anche molto preoccupati dal fatto che i Paesi emergenti e in via di sviluppo, sempre più spesso si rifiutano di seguire il vecchio mondo occidentale. Attualmente ciò sembrerebbe essere particolarmente vero nella lotta di potere tra Occidente e Mosca, in cui gli Stati dell'Africa, dell'America Latina e di quasi tutta l'Asia si rifiutano di adottare le sanzioni contro la Russia, nonostante le forti pressioni occidentali. [7] Scholz chiede che il "Sud globale" sia sempre piu' legato all'Occidente; a tal fine, "dobbiamo onorare i nostri impegni nei confronti di questi Paesi" ed "evitare due pesi e due misure". Senza dubbio la richiesta di imporre misure punitive contro la Russia si basa sulla politica dei due pesi e delle due misure: dopo tutto, quando l'Occidente ha intrapreso delle guerre di aggressione (Jugoslavia 1999, Iraq 2003, Libia 2011), non si era mai parlato di sanzioni contro gli aggressori dell'Europa occidentale e del Nord America. Per legare nuovamente il Sud globale all'Occidente, Scholz propone quindi "una nuova cooperazione globale delle democrazie" - "al di là del classico mondo occidentale". Il piano di Scholz è simile al Summit per la democrazia organizzato dal Presidente degli Stati Uniti Joe Biden nel dicembre dello scorso anno. Il "vertice sulla democrazia" tuttavia non ha prodotto alcun risultato tangibile.

Capacità di resistere

L'appello affinché l'UE diventi un "attore geopolitico" con la Germania al centro nel ruolo di "potenza leader" giunge in un momento in cui le sanzioni occidentali nello scontro per la potenza con la Russia stanno facendo aumentare drammaticamente i prezzi dell'energia e dei generi alimentari e minacciano di portare a un impoverimento di massa. Il ministro federale dell'Economia Robert Habeck recentemente ha avvertito che l'escalation della crisi "metterà la Germania alla prova" e metterà a dura prova anche la "solidarietà sociale", "e probabilmente anche oltre".[8] L'unica via d'uscita sembrerebbe quella di passare da una continua escalation dello scontro con la Russia a una de-escalation e a una soluzione negoziata della guerra in Ucraina. Il governo tedesco non è disposto a farlo. Il cancelliere Scholz dichiara: "Avremo bisogno della capacità di resistere" [9].





[1] Zitate hier und im Folgenden: Olaf Scholz: Nach der Zeitenwende. Frankfurter Allgemeine Zeitung 18.07.2022.

[2] S. dazu Gabriels Kampfansage.

[3] S. dazu Die Machtprojektion der EU.

[4] S. dazu Novembertrommeln.

[5] S. dazu Die „Koalition der Entschlossenen“ (II).

[6] „Der Westen hat sich zu lange sicher gefühlt“. ipg-journal.de 22.06.2022.

[7] S. dazu „Russland isolieren“ (IV), Das Reisemandat der Afrikanischen Union und The West against the Rest.

[8] S. dazu Vor der Zerreißprobe.

[9] Olaf Scholz: Nach der Zeitenwende. Frankfurter Allgemeine Zeitung 18.07.2022.




domenica 21 febbraio 2021

Quanto ha risparmiato il governo tedesco grazie ai tassi di interesse a zero?

Se sulla stampa popolare Mario Draghi diventa Draghila, la verità è che dati alla mano, grazie alla liquidità illimitata della banca centrale e allo status di titolo "risk-free" di cui godono i bund tedeschi, il governo federale nell'ultimo decennio ha risparmiato oltre 200 miliardi di euro in termini di interessi passivi sui titoli di stato. Risparmi che molto probabilmente si sono tradotti in minori tasse e in un generoso aumento delle retribuzioni per i dipendenti pubblici. Ne scrive Handelsblatt.de



È sempre lo stesso rituale: ogni anno, quando l'uomo di Olaf Scholz (SPD) al bilancio pubblico, il segretario di Stato Werner Gatzer (SPD), presenta il prossimo bilancio federale, ogni volta gli chieodono quanto potrebbe ancora risparmiare sulla spesa per interessi. E ogni volta, Gatzer afferma che siamo già al "capolinea". Non c'è davvero più nulla da risparmiare. E ogni volta che si parla di bilancio pubblico i politici si sentono presi in giro.

E il 2020 è un esempio perfetto di come funziona. Nel 2016, infatti, il governo federale nella sua pianificazione finanziaria per il 2020 ipotizzava una spesa per interessi pari a 21,9 miliardi di euro. Alla fine, invece, sono stati spesi appena 6,5 miliardi di euro, quindi molto meno di quanto era stato pianificato. E così va avanti da anni. Dallo scoppio della crisi finanziaria, infatti, i tassi d'interesse sono scesi ai minimi e poi lì sono rimasti. Molti risparmiatori sono sull'orlo della disperazione perché sui loro risparmi non incassono più interessi. Ma c'è anche un grande vincitore: lo Stato.


Dalla crisi finanziaria del 2008, infatti, grazie ai bassi tassi d'interesse, il governo federale in totale ha risparmiato 210,8 miliardi di euro in termini di interessi  passivi non sborsati rispetto a quanto era stato originariamente preventivato. Questo è il risultato di una risposta del Ministero delle Finanze a una interrogazione parlamentare dei Verdi a disposizione di Handelsblatt.

Nella sua pianificazione finanziaria per gli anni dal 2008 al 2020, infatti, il governo federale originariamente aveva previsto di dover spendere un totale di 533,9 miliardi di euro per il pagamento degli interessi sul debito. "La somma degli importi riportati al termine degli esercizi di bilancio negli anni dal 2008 al 2020" alla fine è ammontata invece a soli 323,1 miliardi di euro, secondo la risposta all'interrogazione del Ministero federale delle Finanze. Una differenza di quasi 211 miliardi euro.

Con i titoli di stato di nuova emissione, il governo federale lo scorso anno ha addirittura guadagnato 6,9 miliardi euro. Invece di pretendere interessi, infatti, quando lo stato si è indebitato con loro, gli investitori hanno dovuto pagare al governo tedesco del denaro aggiuntivo.


La Germania come porto sicuro

La ragione di questa assurdità è dovuta al fatto che gli investitori di tutto il mondo sono in cerca di investimenti sicuri. I requisiti normativi stanno costringendo le assicurazioni, ad esempio, a investire i loro soldi in titoli considerati sicuri. E I titoli di debito tedeschi vengono considerati particolarmente sicuri. Il fatto che il governo non debba quasi più pagare alcun interesse sul debito, e in alcuni casi quando deve emettere nuovo debito ci possa anche guadagnare, sta giocando un ruolo decisivo nel dibattito tedesco sull'indebitamento.



Per molto tempo, infatti, lo "Schwarze Null", cioè il bilancio federale in pareggio, è stato considerato accettabile da una ampia maggioranza politica. E il pareggio di bilancio ancorato nella Legge Fondamentale era ritenuto sacrosanto. A causa del Coronavirus, però, lo "Schwarze Null" ormai fa parte del passato, ma anche il pareggio di bilancio in Costituzione è sempre più sotto tiro, recentemente è stato addirittura il capo ufficio alla Cancelleria Helge Braun (CDU) a suggerirne l'allentamento.

La SPD, i Verdi e la Linke, ma anche molti economisti, chiedono di sfruttare la fase dei bassi tassi d'interesse per fare più debito e di usare 500 miliardi di euro per programmare un piano di investimenti.

Secondo Sven-Christian Kindler, dei Verdi, dagli anni '80 i tassi d'interesse reali nei principali paesi industrializzati, compresa la Germania, sono in costante calo. "L'allarmismo dell'Unione sul pericolo di un aumento dei tassi d'interesse serve solo a giustificare la loro posizione ideologica contro l'indebitamento, e non ha nulla a che fare con la realtà economica. Chi in una situazione simile intende rinunciare a prendere denaro in prestito per finanziare il costo della crisi e gli investimenti sta agendo contro ogni razionalità economica".

L'argomento è il seguente: quando i tassi di interesse sono bassi e il debito non costa nulla, sarebbe da stupidi non approfittarne. La Germania ha bisogno di fare degli importanti investimenti pubblici, investimenti nella protezione del clima, nella digitalizzazione, nell'educazione e nella costruzione di alloggi a prezzi accessibili. "Ecco perché ora è arrivato il momento giusto per lanciare un grande fondo di investimento da 500 miliardi di euro da spendere in dieci anni", ha detto Kindler. Per questo, il pareggio di bilancio dovrebbe essere riformato.

L'Unione tuttavia non vuole allontanarsi dal pareggio di bilancio. Ci sono anche economisti che mettono in guardia dall'accettare i bassi tassi d'interesse come se fossero un dono di Dio. Se i tassi d'interesse dovessero aumentare di nuovo, la spesa per interessi della Germania tornerebbe rapidamente a crescere, sostengono. Nel 2008, ad esempio, il governo federale spendeva 40 miliardi euro solo per pagare gli interessi - e all'epoca il livello di indebitamento era più basso di quello attuale.

Questo è il motivo per cui la CDU/CSU non vogliono allontanarsi troppo dal pareggio di bilancio. La politica finanziaria potrebbe diventare quindi un punto centrale della contesa durante la prossima campagna elettorale.

martedì 28 luglio 2020

Perché lo scandalo Wirecard potrebbe diventare un affare complicato per il governo di Berlino

Il sostegno fornito dal governo federale a Wirecard per entrare in Cina e i contatti fra l'azienda bavarese e i lobbisti vicini ai servizi segreti mettono sotto pressione gli ambienti governativi di Berlino. Che cosa sapevano al Ministero delle finanze e alla Cancelleria di Berlino sulla reale situazione dell'azienda? Il sempre ben informato German Foreign Policy ricostruisce la vicenda Wirecard e le responsabilità degli ambienti politici di Berlino.

scandalo wirecard


Colloqui con il Segretario di Stato

Dopo lo scoppio del "caso Wirecard" il Ministero delle finanze tedesco è finito al centro del dibattito pubblico. Il ministero infatti, è responsabile per il controllo sull'Autorità federale di vigilanza finanziaria (BaFin), la quale a inizio 2019 dopo una dettagliata inchiesta del Financial Times sulle irregolarità di Wirecard, aveva reagito aiutando addirittura l'azienda bavarese con il divieto di praticare la "vendita allo scoperto" sul titolo azionario e presentando al contempo una denuncia contro il giornalista investigativo autore dell'inchiesta e inoltre sottoponendo l'azienda ad un semplice controllo da parte della Deutsche Prüfstelle für Rechnungslegung (DPR), che prevedibilmente non avrebbe portato ad alcun risultato [1]. Il Consiglio di Amministrazione del BaFin è guidato da Jörg Kukies, Segretario di Stato presso il Ministero delle Finanze. Come recentemente confermato da Kukies ai presidenti della Commissione Finanze del Bundestag, è da inizio 2019 che egli tiene aggiornato il Ministro delle finanze Olaf Scholz sugli sviluppi del caso Wirecard. Ha inoltre avuto almeno due colloqui con il CEO di Wirecard Markus Braun, uno il 4 settembre, e uno il 5 o il 15 novembre 2019. Il ministero ha mantenuto segreto il contenuto dei colloqui; si dice anche che dopo la riunione di novembre non sia stato redatto alcun verbale [2]. Questa circostanza è ancora piu' controversa in quanto il BaFin, sotto il suo Presidente del Consiglio di Amministrazione, Kukies, anche solo per motivi formali, avrebbe dovuto continuare a tenere Wirecard sotto osservazione.

L'ingresso nel mercato cinese

Quel 5 novembre 2019 Wirecard registrava un successo strategicamente importante: il suo ingresso nel mercato cinese. Come annunciato dall'azienda bavarese, infatti, proprio quel giorno, era stato raggiunto un accordo per l'acquisizione dell'elaboratore di pagamenti cinese AllScore Payment Services, inizialmente all'80%; il restante 20% sarebbe stato acquisito due anni dopo. L'acquisizione completa è stata possibile solo dopo che Pechino, durante una visita del ministro delle Finanze Scholz nel gennaio del 2019, ha confermato che nell'ambito dell'iniziativa per il "Dialogo finanziario tedesco-cinese" avrebbe accolto le aziende tedesche "nel mercato cinese dei servizi di pagamento" - un passo verso una ulteriore apertura della Cina agli investimenti stranieri, come ripetutamente richiesto non solo dal governo tedesco. [3] È ancora più degno di nota il fatto che la parte tedesca abbia iniziato ad approfondire la collaborazione economica tramite una società le cui attività sono oggi considerate uno dei più gravi casi di truffa nella storia dell'economia tedesca e che, inoltre, ha rilevato proprio una società cinese già presa di mira dalle autorità cinesi a causa di numerose transazioni illegali, in particolare a causa della gestione dei pagamenti relativi al gioco d'azzardo, proibito in Cina. La AllScore Payment Services, come conseguenza, in aprile è stata condannata a pagare la più grande multa mai comminata fino ad oggi nel settore, pari a 9,3 milioni di dollari USA [4].



Accompagnato dalla Cancelleria

Sul lato tedesco, l'accordo era stato concretamente preparato non solo dal Ministero delle Finanze, ma anche dall'Ufficio della Cancelleria di Berlino (Kanzleramt) - su iniziativa di un ex ministro federale, ora attivo come lobbista: Karl-Theodor zu Guttenberg, il quale era già stato nel 2009 ministro federale dell'Economia, e dal 2009 al 2011 aveva poi rivestito il ruolo di ministro federale della Difesa, e che attualmente è a capo della società di consulenza Spitzberg Partners a New York, da lui fondata. Secondo quanto riportato dalla stampa, il collega di Guttenberg alla "Spitzberg Partners", Urs Gatzke, dal 2004 al 2013 responsabile per l'ufficio di Washington della Hanns-Seidel-Foundation (CSU), aveva chiesto per telefono e per e-mail al Ministero delle Finanze di informare gli uffici governativi responsabili di Pechino, dell'interesse di Wirecard ad entrare sul mercato cinese. La richiesta, si dice, era stata accolta nel giugno 2019 dal segretario di Stato Wolfgang Schmidt, il "più stretto confidente" di Scholz. [5] Il 3 settembre 2019, subito prima di un viaggio della Cancelliera tedesca nella Repubblica Popolare, Guttenberg ne aveva parlato personalmente con Angela Merkel. Successivamente, aveva informato via e-mail il più vicino consulente economico di Merkel, Lars-Hendrik Röller, in merito al previsto ingresso di Wirecard nel mercato cinese, chiedendo di avere delle "misure di accompagnamento" [6]. Nel frattempo, il governo federale ha ammesso: "la Cancelliera ha sollevato la questione dell'acquisizione di AllScore da parte di Wirecard durante il suo viaggio in Cina". L'8 settembre, dopo il ritorno della Cancelliera, Röller aveva scritto in una e-mail a Guttenberg, secondo quanto riferito da un portavoce del governo, che "l'argomento" era stato "sollevato durante la visita in Cina"; sarebbero state prese inoltre "ulteriori misure di accompagnamento" [7].


Evidentemente informata

La Cancelleria era evidentemente consapevole delle gravi accuse mosse nei confronti di Wirecard, accuse che avevano già portato a indagini da parte di una procura, non in Germania, ma a Singapore; e Singapore è uno dei Paesi in cui Wirecard aveva liberamente scelto di far parcheggiare i saldi miliardari a credito, saldi completamente inventati. Il 13 agosto la Cancelleria aveva anche ricevuto una richiesta dal suo ex funzionario Klaus-Dieter Fritsche, nella quale egli - come Guttenberg, attivo come lobbista di Wirecard - chiedeva un appuntamento per poter discutere dell'azienda di Aschheim. La Cancelleria aveva quindi richiesto informazioni più dettagliate su Wirecard al Ministero delle Finanze, informazioni ricevute via e-mail poi il 23 agosto [8]. In questa e-mail, il Ministero delle Finanze faceva anche riferimento alle "accuse già pubblicamente note nei confronti della società", conferma un portavoce del governo. Nei documenti ricevuti dalla Cancelleria in allegato all'e-mail del 23 agosto si parlava, tra l'altro, di "accuse di riciclaggio di denaro sporco e di manipolazione di mercato" - che tuttavia non sono state un ostacolo per Röller e Merkel nell'aprire la strada a Wirecard per poter entrare in Cina.

Jan Marsalek ricercato
Jan Marsalek ricercato



Contatti dei servizi segreti

Ci sono molte domande ancora aperte sul ruolo svolto da Fritsche nella vicenda. Dal 1996 al 2005, infatti, è stato vicepresidente dell'Ufficio federale per la protezione della Costituzione (Bundesamts für Verfassungsschutz, BfV), prima di diventare a fine 2005 coordinatore dei servizi segreti alla Cancelleria; a fine 2009 è passato poi al Ministero dell'interno come segretario di Stato, prima di tornare alla Cancelleria a inizio 2014 - ora come commissario per i servizi segreti federali. Ha ricoperto questa carica fino al suo pensionamento nel marzo 2018. Si dice anche che Jan Marsalek, la presunta mente dietro la frode di Wirecard, abbia avuto contatti intensi con i servizi segreti. A tal proposito, Stephan Thomae, vicepresidente del gruppo parlamentare della FDP al Bundestag e membro della Commissione parlamentare di controllo (PKG), responsabile per i servizi segreti, chiede che "in questo contesto" si "discuta" anche del "ruolo" avuto da Fritz nella vicenda. [9] Thomae chiede a tal fine una seduta speciale della PKG.

FPÖ e la difesa della costituzione

Si sa che Fritsche a inizio 2019 era stato ingaggiato dal Ministero degli Interni austriaco sotto la guida dell'allora ministro Herbert Kickl (FPÖ) come consulente per portare avanti "lo sviluppo" dell'Ufficio austriaco per la difesa della Costituzione [10]. Marsalek contemporaneamente, stando a quanto riferito, non solo conosceva l'ex leader del partito Heinz-Christian Strache, ma aveva anche incontrato più volte il suo allora intimo Johann Gudenus, e aveva stretti contatti con la FPÖ. Durante il mandato di Kickls al Ministero degli Interni austriaco, Marsalek aveva anche promosso un progetto; le ricerche della stampa lo identificano come uomo di collegamento che intercettava informazioni dall'Ufficio austriaco per la tutela della Costituzione e le passava alla FPÖ.[11] Non è stato ancora chiarito, tuttavia, se Marsalek abbia avuto contatti anche con Fritsche.



[1] S. dazu Der Fall Wirecard.
[2] Tim Bartz, Anne Seith, Gerald Traufetter: Finanzministerium sprach mit Wirecard-Chef über brisante Sonderprüfung. spiegel.de 15.07.2020.
[3] Joint Statement of the 2nd China-Germany High Level Financial Dialogue. Beijing, 18.01.2019.
[4] Zhang Yuzhe, Guo Yingzhe: Central Bank Imposes Another Record Penalty on Payment Provider. caixinglobal.com 08.05.2020.
[5] Der Mann, der vieles wusste. spiegel.de 24.07.2020.
[6] Eckart Lohse: In die Offensive. Frankfurter Allgemeine Zeitung 23.07.2020.
[7] Sven Becker, Rafael Buschmann, Nicola Naber, Gerald Traufetter, Christoph Winterbach, Michael Wulzinger: Kanzleramt setzte sich für Wirecard ein. spiegel.de 17.07.2020.
[8] Eckart Lohse: In die Offensive. Frankfurter Allgemeine Zeitung 23.07.2020.
[9] FDP beantragt Sondersitzung des Geheimdienstausschusses. spiegel.de 24.07.2020.
[10] Stefan Buchen: Rechtsabbieger: Der neue Job von Merkels Geheimdienstmann. daserste.ndr.de 07.03.2019.
[11] Anna Thalhammer: Flüchtiger Wirecard-Manager war geheimer FPÖ-Informant. diepresse.com 09.07.2020.


giovedì 18 giugno 2020

Jens Südekum: "Niente panico, il debito pubblico italiano è ancora gestibile"

"Il debito pubblico non è certo un problema così grande come spesso viene rappresentato nel dibattito pubblico tedesco", oppure "il rappporto debito-PIL al 60 % è stato definito in modo del tutto arbitrario" o ancora "la BCE non sta facendo nulla che non le sia permesso di fare...e non sta togliendo nulla ai risparmiatori tedeschi", ma anche: "è il momento giusto per cambiare il mandato della BCE". A dirlo non è un politico dell'Europa del sud, ma il grande economista tedesco Jens Südekum, voce sempre piu' influente nel dibattito tedesco e soprattutto consigliere economico molto apprezzato dal ministro Olaf Scholz. Jens Südekum intervistato da T-Online


t-online.de: Herr Südekum, si metta una mano sul cuore: comprerà più latte a partire da luglio grazie ai due centesimi di risparmio sull'Iva per ogni litro?

Jens Südekum: Probabilmente no. Però, come funzionario pubblico, la crisi economica causata dal Coronavirus non mi ha colpito direttamente. Non ho bisogno di cambiare eccessivamente le mie abitudini di consumo. Resta da vedere se davvero la gente farà più acquisti grazie alla riduzione dell'iva.

E' stato fra i primi a lodare il pacchetto di stimoli della Grande Coalizione. Pensa davvero che tre punti percentuali di Iva in meno siano un grande incentivo a fare piu' acquisti?

Non è del tutto vero. All'inizio anche io sono rimasto alquanto sorpreso dal taglio delle tasse. Come la maggior parte delle persone, anche nella mia lista delle cose da fare non c'era questa misura. In precedenza erano stati discussi altri strumenti. Ad esempio gli incentivi per l'acquisto di automobili, che fortunatamente non ci sono. E' stata una vittoria contro le forze dei lobbisti. La Grande coalizione invece ha deciso di ridurre l'IVA. Ci sono luci ed ombre. La questione del passaggio ai consumatori finali resta problematica. E' positivo il fatto che sia intersettoriale e limitata nel tempo. In questo modo, lo Stato incoraggia i consumatori ad anticipare gli acquisti che avrebbero comunque previsto di effettuare. Chiunque quest'anno voleva acquistare un nuovo smartphone, ora sarà più propenso a farlo - sapendo che nel nuovo anno potrebbe costare dai 50 ai 60 euro in più. È un effetto positivo.

Ma questo effetto scomparirà non appena la riduzione verrà meno, giusto?

Si', c'è da aspettarselo. Gli acquisti diminuiranno a partire da gennaio. Perché dopo che avrò comprato la prima lavatrice, è probabile che non abbia bisogno della seconda. Ma questa è l'ironia di aver posto un limite temporale. Dopo tutto la speranza è che prima di allora l'economia sia ripartita e che gli stimoli supplementari alla domanda non siano più necessari.

Tutto questo presuppone che i commercianti trasferiscano la riduzione dell'imposta ai consumatori. Pensa che lo faranno?

In realtà se guardiamo a quello che è successo negli altri paesi, dovremmo essere alquanto scettici. Gli studi dimostrano che laddove c'è stata una riduzione dell'aliquota IVA, i commercianti non hanno quasi mai adeguato i prezzi per i consumatori. Anche se non era mai avvenuto nell'ambito di un pacchetto di stimoli economici. Ora c'è tutt'altro tipo di pressione pubblica. Sono quindi ottimista sul fatto che, dopo tutto, la riduzione dell'imposta alla fine in molti casi venga trasferita ai clienti.

Sembra un elogio nei confronti dei partiti della Grande coalizione - e lei non è il solo a farlo. Molti economisti, che normalmente hanno opinioni molto diverse, la vedono in maniera simile. Da dove arriva questa nuova unità nella vostra corporazione solitamente cosi' divisa?

Prima di tutto sono d'accordo con questa valutazione. È vero che in questo momento c'è un ampio consenso - almeno per quanto riguarda la progettazione del pacchetto di stimolo per l'economia tedesca. È chiaro a tutti gli economisti: questa crisi sta colpendo l'economia come nessun'altra crisi aveva fatto finora. Ed è quindi altrettanto chiaro che lo Stato deve intervenire in modo massiccio per contrastarne gli effetti. Ma se le lodi sono così unanimi è dovuto anche al fatto che la politica non ha ripetuto alcuni errori fondamentali del passato. La grande coalizione non ha messo insieme un semplice pacchetto pensato per le lobby, ma un pacchetto molto sensato che sarà efficace non solo nel breve termine, ma anche nel lungo. Le spese per gli investimenti futuri ammontano a circa 50 miliardi di euro. È difficile essere contrari a priori. E un ultimo motivo è che, a differenza dei tempi della crisi finanziaria, la crisi causata dal Coronavirus è caratterizzata da legami molto stretti fra scienza e politica. A quei tempi, dieci anni fa, c'erano due mondi fra loro separati: la politica faceva il suo compito, gli economisti facevano poi a pezzi quelle stesse misure. Ora si potrebbe dire che i decisori politici e gli economisti parlano molto di piu' fra di loro.

Per finanziare il pacchetto, lo Stato si indebiterà in una dimensione storica. Cosa le fa pensare che questo non sia un problema?

Dire che non è affatto un problema, sarebbe esagerato. Ma il debito pubblico non è certo un problema così grande come spesso viene rappresentato nel dibattito pubblico tedesco. Frasi come "le prossime generazioni dovranno pagare per i nuovi debiti", non riesco proprio piu' nemmeno ad ascoltare. E' una rappresentazione completamente distorta e limitata. Il debito pubblico non è fatto per essere ripagato, è fatto semplicemente per restare li'. Il punto è piuttosto fare in modo che il prodotto interno lordo, cioè la produzione economica, cresca più rapidamente dei debiti. In questo modo, il rapporto debito pubblico/PIL, si ridurrà automaticamente. È così che si è fatto dopo la crisi finanziaria ed è così che possiamo fare un'altra volta. Il fatto che dal 2013 in poi una parte del debito sia stata effettivamente rimborsata, cioè estinta, storicamente è un'eccezione assoluta, un fatto che non era mai accaduto prima nella storia della Repubblica Federale.



E allora perché i tedeschi ci credono veramente?

Perché nella politica economica, purtroppo, si raccontano molte favole. Queste possono sembrare plausibili ai non addetti ai lavori perché sembra in qualche modo logico che gli stati funzionino come le famigle. Se lo zio Ernst o la zia Frieda prendono in prestito dei soldi, ovviamente devono restituirli. Ma il debito pubblico funziona in modo completamente diverso. Se a scuola si insegnasse una materia chiamata economia, ci sarebbero anche piu' persone in grado di capirlo.

Il metro di valutazione del debito pubblico è il cosiddetto rapporto debito/PIL, di cui lei ha parlato poco fa. L'UE stabilisce che nel lungo termine non debba superare il 60 %. Si tratta di una dimensione ragionevole dal punto di vista economico?


No, il rappporto debito-PIL al 60 % è stato scelto in modo del tutto arbitrario. Per questo motivo non dobbiamo farci prendere dal panico se un paese ha un rapporto di indebitamento più elevato. Gli Stati Uniti sono al 130 %, mentre in Giappone è il rapporto è pari al 250 % del PIL. Questa cifra indica semplicemente l'entità del debito rispetto al prodotto interno lordo. Ad essere decisivo per la valutazione del debito pubblico, tuttavia, è un altro numero.
Quale?

Molto più importante del rapporto debito pubblico/PIL è la sostenibilità del debito, vale a dire se possiamo permetterci di pagare i tassi di interesse per il servizio del debito. E per valutarlo, prima di tutto dobbiamo guardare all'evoluzione futura dei tassi di interesse. La regola è: fino a quando la crescita percentuale dell'economia sarà superiore rispetto al tasso d'interesse, non ci sono problemi. Al momento siamo fortunati perché i tassi di interesse sono ad un livello storicamente basso. Lo Stato tedesco può indebitarsi a tasso zero, i tassi d'interesse sui titoli di stato tedeschi sono addirittura negativi - i nostri debitori ci pagano anche qualcosa per avergli permesso di darci i loro soldi a prestito.

Cosa significa esattamente?

In concreto, ciò significa: anche se la crescita economica dovesse essere molto bassa, ad esempio, solo dell'uno per cento, possiamo permetterci di fare dei nuovi debiti. La sostenibilità del debito è quindi possibile. Possiamo crescere riducendo il debito. Direi che invece di parlare del rapporto tra debito pubblico e PIL, dovremmo parlare un po' di più del cosiddetto rapporto tra interessi e entrate dello stato. Che del resto risponde a una domanda: quanto deve spendere la generazione attuale per pagare gli interessi passivi? All'inizio degli anni '90 questo tasso era del 16 %. Era ad un livello problematico, perché limitava le possibilità della spesa pubblica. Attualmente, tuttavia, questa cifra è solo al 4%. La Germania si trova in una situazione estremamente confortevole. Anche l'Italia per quanto riguarda il rapporto fra interessi sul debito ed entrate pubbliche si trova all'8 %. E' gestibile. Non dobbiamo farci prendere dal panico a causa dei debiti.

Il ministro dell'Economia Peter Altmaier a quanto pare non ne ha ancora sentito parlare. Dice che il debito pubblico deve scendere al 60% entro "una generazione". E' una sciocchezza?

No, sono certo che il signor Altmaier capisce molto bene il concetto e non interpreterei la sua dichiarazione in questo senso. Penso anche che sarebbe molto positivo se la crescita economica tornasse ad essere di nuovo così forte da far scendere il rapporto debito pubblico/PIL al 60% entro dieci anni. Ma dico anche: se non succede, non è un disastro. Questo significa che non dobbiamo risparmiare ad ogni costo e con ogni mezzo, al solo scopo di liberarci dai debiti - al contrario: sarebbe fatale se iniziassimo troppo presto a risparmiare e soffocassimo immediatamente lo stimolo economico che ora invece viene innescato. Sarebbe come se in un'auto premessimo contemporaneamente sia l'acceleratore che il freno. Ciò di cui abbiamo bisogno è la crescita.

La domanda chiave è: avremo questa crescita?

Ne sono convinto, sì. Non c'è motivo per cui l'economia non debba tornare a crescere anche dopo la crisi da Coronavirus. Certo, alcune cose cambieranno, ad esempio il nostro comportamento in relazione ai viaggi. Altri beni invece - ad esempio i software per le videoconferenze - saranno più richiesti. E anche se l'economia non crescesse così tanto, probabilmente non sarebbe un problema, perché allora la Banca Centrale Europea (BCE) non avrebbe alcun motivo per rialzare i tassi di interesse, in modo che noi potremmo continuare a permetterci di finanziare il debito.

La parola chiave corretta: un presupposto importante per avere un onere derivante dai tassi d'interesse permanentemente bassi è anche il fatto che la stessa BCE acquisti i titoli di Stato senza indugio. Lo fa già indirettamente, anche se ufficialmente non le è permesso di farlo. È un problema?

In primo luogo, serve un chiarimento: la BCE non sta facendo nulla che non le sia permesso di fare. Attualmente la BCE non acquista direttamente il debito degli Stati. Questo lo fanno le banche commerciali, ad esempio Commerzbank. Quest'ultima vende i titoli di debito alla BCE. E questo entro certi limiti è consentito. E per sfatare un altro mito: la BCE non è la sola responsabile dei bassi tassi d'interesse, non sta togliendo nulla ai risparmiatori tedeschi. I tassi di interesse sono in calo a causa della minore domanda di denaro. Questa tendenza è presente sin dagli anni '80. E ora passiamo al problema da lei citato: è vero che la BCE ha un insieme di regole molto più stringenti rispetto a quello delle altre banche centrali, ad esempio della Banca del Giappone o della Federal Reserve statunitense. Queste sono autorizzate a supportare direttamente i loro Stati, facendo partire la stampante delle banconote. E già lo stanno facendo.

La BCE dovrebbe essere autorizzata a fare lo stesso?

Se è necessario, allora anche con tutti i mezzi disponibili. E ora sarebbe il momento giusto per un cambio di mandato. E' inaccettabile che la BCE con i suoi programmi di acquisto dei titoli di Stato sia sempre sul banco degli imputati. E' il momento di essere onesti e ammettere che la costruzione dell'euro aveva dei difetti. Non avremmo mai dovuto introdurre una moneta comune senza una politica finanziaria e fiscale comune guidata da Bruxelles per tutti gli Stati membri. E non avremmo mai dovuto mettere tutte queste catene alla BCE. Non funziona. Se vogliamo preservare l'euro, e io lo voglio, dobbiamo anche discutere dell'architettura dell'eurozona. La mia speranza è che la crisi attuale ci porti a parlare dei fondamenti del sistema in cui ci troviamo.



Molti tedeschi non vogliono che questo accada perché temono di dover pagare il conto per gli altri paesi. E la loro paura dell'inflazione è altrettanto grande. Secondo lei, quante probabilità ci sono che l'euro si deprezzi, data la quantità di denaro che la BCE sta pompando sui mercati?

Prima di tutto, non credo che molti tedeschi abbiano paura del più Europa. Si tratta solo di alcuni gruppi specifici. Anche tra gli economisti non sono più la maggioranza. E per quanto riguarda l'inflazione, è vero che negli ultimi tempi la quantità di base monetaria è aumentata notevolmente e continua a crescere. Ma i miliardi di euro non entrano neanche nel ciclo monetario. Il denaro viene accumulato. La gente risparmia e le aziende ne hanno bisogno in misura molto minore - perché, ad esempio, gli investimenti in algoritmi informatici oggi sono più economici rispetto alla costruzione di una nuova acciaieria di 100 anni fa. Proprio per questo motivo i tassi di interesse, in quanto prezzo del denaro, sono cosi' bassi. Non sono quindi preoccupato per l'inflazione nel prossimo futuro. Ho più paura della deflazione.

Parliamo del suo campo specialistico, l'economia internazionale. Le esportazioni tedesche hanno subito un crollo storico. Quanto cambierà il commercio internazionale a seguito della pandemia causata dal coronavirus?

Quello che abbiamo visto nei giorni scorsi, in merito alle statistiche ufficiali sulle esportazioni, è l'onda d'urto di breve termine proveniente dal Coronavirus, che sta colpendo l'intero globo. La domanda di beni e servizi è crollata drammaticamente in tutto il mondo. Nella situazione attuale, chi dovrebbe comprare un'auto tedesca? Al contrario, stiamo acquistando molto meno dall'estero, anche perché le catene di approvvigionamento si sono interrotte. Nel medio e nel lungo termine ci sarà un allentamento della situazione. Mi aspetto che il commercio internazionale, almeno in parte, si riprenda a partire dalla seconda metà dell'anno.

Ne è sicuro? Dopotutto, anche prima della crisi da Coronavirus c'erano segnali che la globalizzazione in parte stesse regredendo. Il Coronavirus non ha accelerato questa tendenza?

E' possibile. Grazie alle nuove tecnologie, molti si chiedono se la globalizzazione sia ancora necessaria, se il mondo abbia davvero bisogno di restringersi ancora. Ad esempio, abbiamo davvero bisogno di produrre tessuti o scarpe in paesi a basso salario come il Vietnam? Potremmo anche farli produrre in maniera economicamente vantaggiosa da fabbriche completamente automatizzate in Europa - e allora avremmo bisogno di meno commercio internazionale. Il Coronavirus ci mostra anche quanto sia fatale dipendere dall'estero per i beni vitali, come le mascherine. Tuttavia, vorrei mettere in guardia dal voler riportare a casa ogni tipo di produzione.

Perché?

Perché anche se producessimo tutto in Germania o nelle vicinanze, non saremmo comunque protetti al 100% dalle crisi future. Immagini cosa accadrebbe se la prossima pandemia virale non scoppiasse in Cina, ma in Nordreno-Vestfalia. Ne saremmo colpiti allo stesso modo. Quello che probabilmente accadrà, tuttavia, è che in futuro le aziende opereranno su più binari. Renderanno le loro catene di approvvigionamento più larghe in modo da non dipendere da un solo sito di produzione in Estremo Oriente - anche se ciò sarà un po' costoso. Ma lo faranno autonomamente. Metto in guardia i politici dal voler alimentare questo fenomeno e dal tentativo di riportare a casa qualsiasi produzione.

Ma potrebbero diventare molto popolari tra la gente. La maggior parte dei tedeschi ormai è scettica nei confronti della globalizzazione. I politici non dovrebbero forse spiegare alla gente che con meno globalizzazione molte cose saranno più costose?

Assolutamente sì. E anche qui è vero che molte persone sono sopraffatte dai temi economici. Non capiscono i vantaggi del commercio estero.

Allora, per favore, ce li spieghi lei!

Per farlo dobbiamo guardare un po' al passato. Nel 1960, il tedesco medio doveva lavorare 43 giorni per potersi permettere un televisore a tubo. Oggi ci vuole meno di una settimana per un moderno televisore a schermo piatto. Si tratta di un declino drammatico - e lo dobbiamo molto al commercio, alla globalizzazione, che ha fatto sì che i televisori possano essere prodotti a prezzi molto più bassi in Cina. Anche il viaggio low cost a Maiorca è un prodotto della globalizzazione. Chiunque dica di voler tornare indietro dalla globalizzazione, deve anche rendersi conto che ciò per la gente potrebbe significare un'enorme perdita di prosperità. Non dovremmo commettere questo errore, soprattutto perché noi, come economia tedesca, siamo estremamente dipendenti dal commercio internazionale. Ma dovremmo fare un lavoro migliore per riuscire a plasmare la globalizzazione, soprattutto in vista del cambiamento climatico.

Per combattere il cambiamento climatico, tuttavia, molti pensano, che dovremmo viaggiare di meno, soprattutto volare meno. L'Austria ha persino introdotto un prezzo minimo per i biglietti aerei. Un'idea sensata?

I prezzi minimi dei biglietti non sono il miglior strumento per proteggere il clima. Per questo abbiamo bisogno di un prezzo più alto per la CO2. Questo lo si può fare sia attraverso una tassa sulla CO2, che attraverso dei certificati sulla CO2, che tutte le compagnie aeree dovrebbero acquistare per compensare le conseguenze negative per il clima dei voli aerei. L'ideale sarebbe un commercio mondiale di tali certificati sulla CO2, in tutti i continenti, in tutti i paesi. Poiché ciò in tempi prevedibili non è molto realistico, dovremmo almeno attuarlo nell'UE. Per tutte le importazioni dai paesi terzi, tuttavia, dovremmo applicare un'imposta supplementare sul contenuto di CO2 alla frontiera esterna dell'UE, simile alla sovrattassa IVA sulle merci importate, per le quali il produttore in patria non ha dovuto pagare l'imposta. Questo non è protezionismo, ma è necessario e anche giusto per preservare l'industria in Europa.

Herr Südekum, la ringrazio per l'intervista