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lunedì 5 novembre 2018

Perché Hartz IV potrebbe diventare un reddito di cittadinanza incondizionato

La Corte Costituzionale tedesca di Karlsruhe ha fatto sapere che entro gennaio si pronuncerà sulla costituzionalità del regime sanzionatorio Hartz. Se le sanzioni e le decurtazioni del sussidio fossero dichiarate illegittime in quanto lesive dei diritti fondamentali, Hartz IV potrebbe finalmente trasformarsi in un reddito di cittadinanza incondizionato. Difficile che accada contro la volontà del governo di Berlino, tuttavia per gli oltre 400.000 sussidiati che ogni anno vengono puniti e privati del minimo esistenziale sarebbe senza dubbio una svolta. Ne parla Susan Bonath su Junge Welt



Neanche un soldo per il cibo e l'elettricità, il padrone di casa minaccia lo sfratto, le bollette restano sul tavolo, i debiti si accumulano, nessun aiuto dagli uffici pubblici preposti: uno scenario che minaccia costantemente i percettori di un sussidio Hartz IV, e che a partire dal 2005 milioni di persone hanno dovuto sperimentare. Il "reato" da loro commesso: hanno interrotto una misura di formazione assegnata dal centro per l'impiego, hanno rifiutato un'offerta di lavoro, non hanno fatto un numero sufficiente di candidature o semplicemente si sono allontanate dalla zona di residenza senza il permesso del centro per l'impiego. Ogni anno, i centri per l'impiego infliggono quasi un milione di sanzioni a circa 420.000 persone in stato di bisogno. A seconda del tipo di "infrazione" possono ridurre il sussidio minimo di sussistenza del 10, del 30, del 60 o del 100 %. Le sanzioni Hartz IV tuttavia, secondo il Tribunale sociale di Gotha, violerebbero i diritti fondamentali relativi alla dignità umana, alla libertà di scelta e all'integrità fisica. E nel 2015 i giudici di Gotha per questa ragione si sono rivolti alla Corte costituzionale tedesca (BVerfG). Le persone colpite dalle misure punitive hanno dovuto attendere a lungo ma ora Karlsruhe ha dato luce verde: il 15 o 16 Gennaio 2019 la Corte dovrà discutere il ricorso, ha fatto sapere l'associazione dei senza lavoro Tacheles, che martedì scorso ha pubblicato la lettera.

Il ricorso si basa sul caso di un giovane a cui il Jobcenter di Erfurt aveva comminato 2 sanzioni consecutive di tre mesi. La riduzione iniziale era stata del 30% per non aver accettato una prima offerta di lavoro. Poco dopo però l'uomo si è rifiutato di iniziare un periodo di lavoro di prova. L'ufficio del lavoro gli ha cancellato il 60 % del sussidio. I giudici del tribunale di Gotha in Turingia dubitano che la pratica del Jobcenter sia compatibile con la Costituzione e per questo si sono rivolti alla Corte. Il primo tentativo è fallito a causa di un "errore formale", ma nel 2016 ci hanno riprovato. L'Arbeitslosengeld II (Hartz IV) copre a malapena il minimo indispensabile, per questo i giudici del tribunale sociale ritengono che la decurtazione dell'indennità potrebbe "implicare un peggioramento dello stato di salute oppure un pericolo per la vita stessa".

L'associazione Tacheles è una delle 19 associazioni che due anni fa aveva chiesto alla corte suprema di Karlsruhe di pronunciarsi sul tema. E non sono gli unici a ritenere le sanzioni Hartz "completamente sproporzionate" e quindi una grave violazione della legge. Anche l'associazione "Paritätische Wohlfahrtsverband" sostiene che le sanzioni creano terrore e conducono alla miseria, facendo riferimento ad una decisione della Corte di Karlsruhe del 1977. Secondo questa sentenza, anche ai peggiori criminali sarebbe doveroso assicurare il minimo esistenziale. E il rifiuto di un lavoro, inoltre, non è nemmeno un reato. L'associazione di assistenza sociale "Erlacher Höhe" parla invece di casi drammatici criticando soprattutto l'arbitrarietà con cui gli impiegati dei Jobcenter possono applicare la legge. E' sufficiente un'accusa unilaterale, in quanto le obiezioni e le denunce nella giurisprudenza speciale Hartz IV non hanno un effetto sospensivo.

Le persone vengono spinte a vivere al di sotto del minimo esistenziale, sostiene la Confederazione dei sindacati tedeschi (DGB). Le prestazioni in natura con le quali lo stato giustifica le sanzioni devono essere richieste separatamente dal disoccupato e non sempre vengono concesse. In secondo luogo si tratta per lo più di buoni alimentari per un valore massimo della metà di quanto previsto da Hartz IV. Resta tuttavia completamente ignorato il fatto che anche i costi dell'abitazione e dell'energia hanno natura esistenziale. "Il regime delle sanzioni non tiene conto delle necessità minime", sostiene la DGB. L'Associazione degli avvocati tedeschi ha accusato i Centri per l'impiego di accanirsi in particolar modo con i percettori mentalmente instabili, malati o indifesi. L'associazione sociale VdK ha condannato la sanzioni e le ha definite una grave interferenza nei diritti fondamentali. La Caritas e la Diakonie accusano la responsabilità solidale dei membri della famiglia, la riduzione dei sussidi per l'alloggio e le dure sanzioni nei confronti dei ragazzi fra i 15 e i 24 anni, tuttavia si limitano a chiedere una riduzione delle sanzioni. Anche l'associazione "Deutsche Sozialgerichtstag" la vede in maniera simile: la pratica deve essere riesaminata e rivalutata. Al momento "è molto probabile che possa causare o esacerbare problemi di salute", accusa l'associazione.

Solo cinque istituzioni sostengono con convinzione la pratica crudele. Oltre alla Bundesagentur für Arbeit (BA), al Ministero federale del lavoro e degli affari sociali (BMAS) e alla Confederazione delle associazioni dei datori di lavoro (BdA), ci sono anche le associazioni dei distretti e delle città. Come al solito ritengono che i centri per l'impiego possono comunque concedere un buono per il cibo. Le persone colpite avrebbero semplicemente il dovere di "collaborare" per evitare di incorrere nelle sanzioni. Inoltre, a loro avviso, non esisterebbe un "diritto fondamentale alla concessione incondizionata di benefici sociali".

Martedì il presidente di Tacheles Harald Thomé ha accolto con favore il fatto che la corte di Karlsruhe abbia finalmente messo in agenda una sentenza su questo ricorso "dopo che per mesi e anni era stata data priorità ad altre decisioni". "Possiamo almeno essere curiosi" ha constatato Thomé.
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mercoledì 2 maggio 2018

Il mito della piena occupazione in Germania

La Große Koalition e i media mainstream tedeschi continuano a pompare il mito filo-governativo della piena occupazione e del grande Jobwunder tedesco (miracolo del lavoro). Siccome ai miracoli credono in pochi, se si guardano un po' piu' da vicino i dati ci si accorge che le cose non stanno esattamente come ci viene ripetuto ogni giorno. Ne parla l'ottima Susan Bonath su RT Deutsch.


Ci stiamo avvicinando alla piena occupazione. Cosi' ripete ad esempio il think tank della Bundesagentur für Arbeit (BA), vale a dire l'Institut für Arbeitsmarkt-und Berufsforschung (IAB). I partiti dell'Unione, CDU e CSU, da mesi ormai non parlano altro che di un obiettivo possibile: il pieno impiego entro il 2025. Il nuovo Ministro del Lavoro della SPD Hubertus Heil avrebbe già realizzato anche un piano per centrare questo obiettivo: far partire un mercato del lavoro sovvenzionato per i disoccupati di lungo periodo. Non tutti gli economisti pero' sembrano essere convinti della validità del progetto. Per quelli riuniti intorno al gruppo di lavoro "Alternative Wirtschaftspolitik" la tesi della piena occupazione per ora resta solo una favola.

Precarizzazione dei lavoratori dipendenti

L'ultimo dato sulla disoccupazione ci dice che i senza lavoro sono meno di 2.5 milioni e ad un rapido sguardo potrebbe sembrare un dato positivo. Nel calcolo pero' non viene considerato chi si trova in una misura di riqualificazione professionale, chi svolge un "Ein-Euro-Job", chi è temporaneamente malato oppure chi ha piu' di 58 anni di età. I disoccupati che rientrano in questa definizione sono circa un milione. A questi si aggiungono tutte le persone non incluse nel calcolo che non hanno né un lavoro né hanno accesso ad Hartz IV, perchè ad esempio il reddito del partner è troppo alto.

Nel complesso: le riforme del mercato del lavoro introdotte nel 2003 dall'ex cancelliere Gerhard Schröder (SPD) insieme ai Verdi, all'Unione e alla FDP con l'obiettivo dichiarato di creare il piu' grande settore a basso salario in Europa e rafforzare la posizione economica della Germania hanno spinto molti lavoratori in una situazione di permanente precarietà. Circa 9 milioni di persone  attualmente lavorano per meno di dieci euro lordi l'ora, otto milioni dipendono da un sussidio di sicurezza di base. Molte di queste persone hanno un lavoro. Le situazioni familiari oppure le qualifiche non adatte alle posizioni aperte bloccano la strada a chi vuole uscire da questa condizione.


Alla presunta situazione di quasi piena occupazione bisogna aggiungere la cosiddetta sottoccupazione, che la BA quantifica separatamente. Secondo questi dati nel marzo 2018 oltre 3.4 milioni di lavoratori part-time erano alla ricerca di un lavoro con un maggiore numero di ore e una retribuzione corrispondentemente piu' alta. Sicuramente i politici e le autorità tedesche sono felici di festeggiare i circa 44 milioni di occupati. Ma in realtà i lavoratori coperti da un'assicurazione sociale obbligatoria sono circa 32 milioni. Il numero dei posti di lavoro a tempo pieno è addirittura inferiore rispetto a quello del 2000: all'epoca, secondo l'Institut Arbeit und Qualifikation (IAQ) c'erano 23.9 milioni di lavori full-time. A fine 2017 le persone che lavoravano per piu' di 35 ore alla settimana erano 23.2 milioni.

Riduzione dell'orario di lavoro senza compensazione salariale

Ad essere cresciuto piu' di tutti è stato il lavoro part-time, soprattutto nel settore a basso salario. Una tendenza che emerge chiaramente da tutte le statistiche. I quasi quattro milioni di posti di lavoro a tempo parziale del 2000, lo scorso anno erano diventati quasi 9 milioni. Oltre un terzo di tutti i posti di lavoro con assicurazione sociale NON sono lavori a tempo pieno. 

Ad essere colpite sono soprattutto le lavoratrici dipendenti. Quasi la metà di queste (47.5%) nel 2017 ha lavorato con un contratto part-time. Secondo l'IAQ sono quasi il doppio rispetto a 20 anni fa. Per gli uomini questo rapporto nello stesso lasso di tempo si è addirittura triplicato, ma con l'11% è ancora di molto sotto il dato relativo alle donne. Per le persone colpite si tratta soprattutto di precarizzazione. Perché la riduzione dell'orario di lavoro non si accompagna ad una compensazione salariale.

Nel suo "Memorandum 2018", di recente pubblicazione, il gruppo di lavoro "Alternative Wirtschaftspolitik" ha cercato di quantificare con dei numeri. questo trend di impoverimento di ambi ceti sociali Nel calcolo ha messo insieme i cosiddetti sottoccupati e i disoccupati, che insieme raggiungono una quota di quasi il 14%. Il tasso di disoccupazione ufficiale in Germania è  iinvece del 5.5%.

"Lo schwarze Null serve solo ad esacerbare i problemi"

Lo "schwarze Null" un tempo sostenuto da Wolfgang Schäuble (CDU) nel frattempo è stato fatto proprio anche "dal nuovo Ministro delle Finanze della Spd Olaf Scholz, che lo mostra come fosse un ostensorio, ma che invece ha dei costi sociali sempre piu' alti", constatano gli autori del gruppo di lavoro. Continua di conseguenza a crescere il divario fra i ricchi e i poveri. "I problemi  sociali in questo modo non vengono risolti ma tendono solo ad aggravarsi", criticano gli economisti.

Le conseguenze possono essere avvertite già da tempo: "milioni di posti di lavoro precari hanno portato a stipendi da fame e porteranno in seguito ad una situazione di povertà in vecchiaia", scrivono gli economisti. Cio' costringe sempre piu' persone ad avere vite lavorative frustranti e senza prospettive. Per la coesione democratica e solidale della società cio' è "altamente pericoloso".

Un indicatore della situazione occupazionale lo individuano nella quota salari, misurata sul reddito nazionale. Di recente nel 2017 è cresciuta marginalmente fino al 68.5%. Resta tuttavia ampiamene al di sotto dei valori degli anni '90, quando era costantemente oltre il 70%. E anche il recente aumento minimale, nell'ordine dei decimali, è stato preceduto da molti anni a crescita zero o negativa, che per molti gruppi di lavoratori dipendenti ha significato una perdita in termini di reddito reale. Negli stessi anni, riassumono gli autori, i redditi da capitale hanno continuato a crescere.

(....) Per il gruppo di lavoro soprattutto una cosa è chiara: "la Germania con la sua ideologia dei tagli e dell'austerità economicamente non è ancora arrivata nel ventunesimo secolo". La "mentalità meschina della politica dominante" non solo danneggia lo sviluppo sociale in Germania ma ostacola anche la necessaria ripresa economica  nell'unione europea e nell'area dell'euro.


mercoledì 13 settembre 2017

Perché la guerra fra poveri nella Germania del 2017 funziona ancora molto bene

Articolo molto interessante di Susan Bonath che su RT Deutsch ci spiega perchè anche in Germania la questione dei migranti resta un tema centrale. Da un lato i cittadini arrabbiati e preoccupati, dall'altra un esercito di profughi e migranti che entra in concorrenza con la popolazione autoctona. Da RT Deutsch.

Quando i politici della Linke o dei Verdi usano il loro slogan "Refugees welcome” per bollare come "mostri" oppure come "gentaglia" chi sul tema dei rifugiati la persa diversamente da loro, di solito lo fanno da un punto di vista privilegiato. Si potrebbe dire che hanno completamente perso di vista la realtà della vita. 

Al mondo reale appartengono le madri single che lottano per portare a casa 900 euro netti al mese con un lavoro part-time. Uomini e donne che con 3 o 4 minijobs sono costretti ad integrare il loro salario con Hartz IV. O un lavoratore specializzato malpagato che deve insegnare un mestiere a un tirocinante dell'Eritrea, e non a torto, teme che presto o tardi il suo apprendista possa rubargli il posto di lavoro per una paga ancora piu' misera.

Nessuno vuol finire nella parte piu' bassa della società, dove i polacchi, i bulgari e i tedeschi competono per un posto all'ostello dei senza tetto. Dove alle mense di carità per i poveri la coda si fa sempre piu' lunga. Dove i percettori di un sussidio Hartz IV sanzionati dai Jobcenter finiscono in mezzo alla strada perché non possono piu' pagarsi un affitto. E dove alla fine le amministrazioni comunali invece di aiutarli decidono di spendere i soldi pubblici per alloggiare i profughi in un costoso hotel.

Paura di perdere il proprio status

La competizione per la sopravvivenza e la paura di perdere anche il piu' piccolo dei privilegi spingono le persone verso destra. La richiesta di avere confini sempre piu' chiusi, di creare lager di internamento per i migranti, di ridurre gli aiuti finanziari per i rifugiati o di aumentare i programmi di respingimento funzionano molto bene sia nel ceto medio che nei ceti piu' bassi.

C’è qualcosa che invece sembra essere scomparso dalla percezione della maggioranza: mentre "l'invito di Merkel" e la sua "politica dei confini aperti" restano il bersaglio di ogni critica, la coalizione CDU/CSU-SPD ha già messo in pratica alcuni dei punti programmatici di AfD, NPD & co. Le carceri per i migranti respinti sono già presenti in tutta la Germania, i centri di detenzione preventiva per i richiedenti asilo sospettati in Baviera sono già una realtà e presto saranno estesi a livello nazionale. Il “Refugees welcome - wir schaffen das“ di Merkel già da tempo si è trasformato in una frase vuota che nasconde dietro di sé una realpolitik opposta.

"Gli danno tutto"

La voce secondo cui i profughi riceverebbero piu' denaro dei destinatari di Hartz IV autoctoni è ancora molto diffusa. In realtà i mezzi di sussistenza per i richiedenti asilo, a seconda dell'età, sono fra i 23 e i 55 euro piu' bassi. Per quanto riguarda le cure mediche hanno accesso solo alle prestazioni d'emergenza. Per ogni visita dal medico hanno bisogno di un certificato rilasciato dall'ufficio per gli stranieri.

Se non rispettano le regole oppure non partecipano in maniera adeguata, i rifugiati possono essere sanzionati come accade con i destinatari di Hartz IV. In realtà quelli che stanno facendo soldi con i migranti sono altri: locatori di immobili, gestori di ostelli per migranti, aziende private, organizzatori di misure di integrazione.

Gli ostelli per i rifugiati non sono hotel a tre stelle. Spesso persone di diversa lingua e religione vengono messe insieme in piccole stanze. I gestori degli ostelli incassano i rimborsi un tanto a migrante - e fanno guadagni impensabili.

Affari con le persone in stato di necessità

Come riportato dalla Potsdamer Neuesten Nachrichten la scorsa settimana l’amministrazione della città ha accordato ai gestori degli ostelli 295 € a persona al mese - per un letto, un armadio e l'uso di una cucina e un bagno comune. Per una stanza di 20 metri quadrati con 3 letti in totale si arriva a quasi 900 euro al mese. Per fare un confronto: ad una famiglia di 3 persone la città di Potsdam concede fino a 712 euro di affitto, spese comprese, per 80 metri quadrati.

Anche i programmi per l’inserimento lavorativo dei profughi stanno creando forme di competizione. Lo stabilimento Hermes a Haldensleben (Sachsen-Anhalt), una società appartenente al gruppo del multimilionario Michael Otto, impiega i richiedenti asilo come tirocinanti da inserire poi in azienda con un contratto a tempo determinato. Per fare cio' l'azienda percepisce il contributo per l'integrazione del Land Sachsen-Anhalt.

Cio' che volentieri non viene raccontato: da Hermes ci sono centinaia di lavoratori interinali che preparano pacchetti per la spedizione impiegati al minimo salariale. In produzione gli unici dipendenti fissi sono donne con un contratto part-time da 100 ore al mese. "Con 10 euro lordi di salario orario e i premi per il lavoro a turni si puo' arrivare a circa un migliaio di euro netti al mese", dice la dipendente Katrin P. Lei in realtà non ha paura per il suo lavoro visto che è li' da oltre 15 anni. Per i lavoratori interinali e gli occupati a tempo determinato la situazione però è molto diversa.

Ottimismo a tutti i costi contro l’allarmismo

Che il mondo del lavoro salariato sia sempre meno sicuro, piu' precario e piu' flessibile non è certo un segreto. Le previsioni da campagna elettorale della CDU sul presunto raggiungimento del pieno impiego nei prossimi anni non cambiano lo stato delle cose. Anche i piani per la riduzione delle tasse per i piu’ abbienti lanciati da AfD e FDP sono il progetto di un lupo ricoperto con il pelo di pecora: può funzionare solo a spese dello stato sociale. 

Il gruppo degli estremisti umanitari che vorrebbe ridurre i crescenti divari sociali attraverso "una maggiore compassione" risulta alquanto ingenuo. Si tratta di un atteggiamento cinico nei confronti degli autoctoni, che in parte a ragione - soprattutto grazie ad Hartz IV - devono temere per la sussistenza che fra mille difficoltà sono riusciti a conquistarsi. Chiunque sostenga che il mondo dell’economia non guarda ai profughi come a una futura riserva di manodopera a basso costo è proprio un ingenuo.

Ma anche chi crede che il governo federale garantirebbe ai lavoratori tedeschi maggiori diritti e un salario piu' elevato se non ci fossero i rifugiati si trova probabilmente sul terreno scivoloso della fantasia. E' stata l'Agenda 2010 che con una dura rappresaglia nei confronti di coloro "che non volevano lavorare" dal 2005 ha spinto 8 milioni di occupati in un settore a basso salario in continua crescita.

Il gioco con la paura non colpisce solo il mondo del lavoro. Anche la sicurezza è in pericolo. Ora non è esattamente chiaro se la BKA (Bundeskriminalitatamt) sta distribuendo pillole sedative quando ci informa che ormai da molti anni la criminalità non sta aumentando. Quello che sappiamo: lo scorso anno in Germania ogni giorno ci sono stati dieci attacchi violenti contro i rifugiati. Dall'altro lato: i media parlano molto piu’ frequentemente dei crimini sessuali commessi dai rifugiati.

La maggior parte delle donne tuttavia deve sapere che cio’ non significa che gli uomini tedeschi non fanno cose simili. Abusi nella propria famiglia, vacanze sessuali in Thailanda o altrove, oppure pedopornografia, non sono solo un privilegio dei rifugiati. La violenza sessuale è da sempre un problema delle società in cui ci sono un ceto alto e uno ceto basso. E' troppo facile cercare di dare la colpa agli altri. 

Le guerre economiche producono rifugiati economici

Quando si tratta dei respingimenti di profughi, tutti i partiti, dalla destra fino all'Unione ma anche una parte della SPD, fanno volentieri distinzione fra i profughi politici e i migranti economici. Lo fanno come se l'economia non avesse nulla a che fare con la politica, come se la miseria e la fame fossero piu' piacevoli della paura di un bombardamento. Le persone fuggono quando non hanno piu’ alcuna prospettiva di vivere oppure sopravvivere. Funziona cosi' da diversi secoli.

Ormai da molti anni gli stati non conducono solo delle guerre militari. Gli accordi di libero scambio, l'export di capitali, l'appropriazione di risorse pubbliche da parte di aziende private sottopongono milioni di persone alla dura disciplina dei mercati. Si tratta degli interessi privati dei grandi gruppi che in tutto il mondo si intrecciano fra di loro.

L'attuale fusione fra Bayer e Monsanto, fra Linde e Praxair (Germania-Usa) oppure fra Thyssenkrupp e Tata (Germania-India) ci mostrano la direzione. I grandi gruppi industriali dirigono i prezzi e i mercati. Comprano, si espandono e continuano a crescere. Non si fermano ai confini nazionali. Laddove l’energia, il cibo e gli ospedali vengono privatizzati e dove gli eserciti vengono riarmati, finisce lo stato sociale. E laddove c'è bisogno di sempre meno lavoro umano, cresce il numero delle persone bisognose. Chi su questi temi cerca delle soluzioni nazionali è arrivato troppo tardi.