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sabato 25 maggio 2019

Heiner Flassbeck - L'Europa che avevo in mente

"Per la Germania, l'Europa non sarà più la risposta, ma un grande punto interrogativo" scrive il grande economista Heiner Flassbeck facendo riferimento alle elezioni di domenica. Secondo Flassbeck ormai anche per i tedeschi è arrivato il momento della resa dei conti e presto Berlino si troverà ad affrontare un quadro politico decisamente piu' difficile e sfavorevole ai propri interessi. Un commento molto interessante di Heiner Flassbeck da Makroskop


L'Europa che avevo in mente...doveva essere un'Europa in cui le persone si trattano reciprocamente in maniera onesta e in modo equo. Sfortunatamente non esiste. La campagna elettorale per le europee del centro politico aveva solo un obiettivo: sopprimere brutalmente la verità.

Si dice che la prima vittima di ogni guerra sia la verità. Questo principio si applica sempre di più anche alle campagne elettorali. Da quando i partiti di governo del centro politico hanno identificato i "populisti" come i loro oppositori, in materia di verità non c'è piu' alcuna tolleranza. Se si tratta di Europa, dove i populisti per loro natura sono anche nazionalisti, si continua a mentire - per un buon motivo, naturalmente! - anche sui media pubblici e senza alcuna remora.

Ma a voler essere onesti, di cosa avremmo dovuto parlare in questa campagna elettorale del 2019? Beh, certo, si sarebbe dovuto parlare della crisi dell'euro, che non è né superata né elaborata intellettualmente o politicamente. L'espressione più evidente della crisi in atto è il chiaro rallentamento della crescita nell'Europa meridionale, compresa la Francia, e la conseguente disoccupazione ancora elevata.

La vergogna...

Il confronto fra la disoccupazione in America e nell'Eurozona ci mostra il grandioso fallimento dell'Europa negli ultimi anni.


Sotto Obama e Trump, a partire dal 2010, il tasso di disoccupazione ha continuato a scendere e nel 2018 negli Stati Uniti la disoccupazione ha raggiunto un livello che nel confronto di lungo periodo può essere considerato un livello di pieno impiego. Nell'unione monetaria, invece, la disoccupazione è ancora a un livello estremamente lontano da una situazione occupazionale che potremmo definire soddisfacente. Ciò vale in particolar modo se dai paesi dell'unione monetaria si esclude la Germania, ottenendo in questo modo un tasso del 10%. Francia e Italia sono ancora al di sopra del livello del 2009. Solo in Germania a partire dal 2009 la disoccupazione ha continuato a diminuire mostrando così una tendenza simile a quella degli Stati Uniti.

Questa drammatica discrepanza tra il più grande paese membro e altri paesi comparabili come Francia e Italia non sarebbe stata forse degna di essere  tematizzata e discussa? Non è proprio questa la causa decisiva del rafforzamento dei movimenti e dei partiti nazionalisti? Non sarebbe stato forse opportuno discutere apertamente di ciò che nella politica economica europea ha funzionato cosi' male, tanto da rendere possibile un risultato del genere.

...si continua a mettere la polvere sotto il tappeto

Ma in tutta la campagna elettorale, per quanto sia stato possibile seguirla, non se ne è parlato. Sia per i candidati europei alla guida della commissione che per i politici nazionali, l'economia e la politica economica non hanno avuto alcun spazio. Anche il sistema monetario europeo non è stato affatto tematizzato, come gli enormi avanzi delle partite correnti tedesche o la folle austerità che la Germania ha imposto agli altri paesi (e a se stessa). Ho visto diverse trasmissioni in cui i moderatori hanno dichiarato apertamente di voler parlare solo di immigrazione, di cambiamenti climatici, di problemi sociali e di nient'altro. La politica economica ovviamente era già stata messa all'indice a priori, proprio perché l'obiettivo era quello di nascondere qualsiasi spiacevole verità sullo sviluppo europeo degli ultimi anni.

Probabilmente non era stato concordato in modo esplicito, ma non vi è alcun dubbio che fra i registi della campagna elettorale esiste un tacito accordo sul fatto che non si deve dare la possibilità agli elettori di pensare all'Europa in maniera critica. A ciò si adattano perfettamente le enormi masse di programmi con le quali le emittenti del servizio pubblico hanno coperto intere serate televisive come se si trattasse di un feuilleton e "hanno mostrato" quanto sia colorata, eccitante e bella questa sconfinata Europa - se si riuscisse almeno ad ignorare tutte le aree problematiche.

Ho già scritto in una lettera aperta del 2017 che l'occultamento sistematico e deliberato dei problemi non è nient'altro che una menzogna. Se so che il mio comportamento è accolto dai miei vicini con delle critiche aspre, e io mi rifiuto anche solo di parlarne, si tratta di una bugia o di disonestà? Se io ogni volta infrango le regole comuni, ma continuo a chiedere agli altri di rispettare le regole, che cos'è: sfrontatezza o pura insolenza?

La Germania viene glorificata...

Nel 2017 avevo già inviato una lettera aperta al Presidente della Repubblica in quanto egli in più occasioni aveva messo in guardia dal trattare la verità con troppa leggerezza. Questo stesso Presidente della Repubblica ora scrive in merito alle elezioni europee:

"La Germania è un grande vincitore dell'unificazione europea. Basta dare uno sguardo agli uffici e ai capannoni industriali del nostro paese. La nostra economia beneficia del mercato interno. Beneficia anche della moneta unica. E beneficia anche del sostegno dell'Europa ad un commercio mondiale libero ed equo. Un'Europa forte ci garantisce una lista degli ordinativi piena; e questo genera prosperità e posti di lavoro ".

E aggiunge - apparentemente senza arrossire:

"Allo stesso tempo, l'Unione Europea è qualcosa di più di un'area economica di successo."

Bisogna immaginarselo. Il presidente di un paese che per più di un decennio si è risanato economicamente a spese dei suoi vicini (per questa politica egli ha una responsabilità personale, a tal proposito un pezzo del 2013 ) ora si crogiola sui successi del mercantilismo tedesco. Sì, la Germania beneficia della moneta unica perché, come non aveva fatto nessun altro paese prima di allora, sotto la guida di un governo rosso-verde ha spudoratamente ingannato i suoi vicini e svenduto le proprie merci. Ed egli ora afferma che il resto d'Europa è un'area economica di successo: di fronte a tanta audacia si può apertamente parlare di una palese menzogna.

... anche se per questo si deve mentire

E tutto ciò non ci deve sorprendere dato che anche i sindacalisti tedeschi hanno elevato il diniego e la rimozione dei vecchi peccati al rango di programma di vita e alle elezioni molti di loro si sono mischiati agli acclamatori dell'Europa. Che si tratti dei funzionari provenienti dalla provincia (criticati qui da Albrecht Müller) o del segretario di Ver.di (criticato ieri da Friederike Spiecker), non è più nemmeno decisivo. Tutti si uniscono alla coro della buona Europa, che non deve essere lasciata alla destra.

Ma chiunque menta apertamente, nasconda la verità o addirittura allontani deliberatamente la discussione dai veri problemi, sta facendo un cattivo servizio all'Europa. La massa della gente non può essere sempre fatta passare per stupida. Nei paesi che a causa della politica tedesca hanno sofferto direttamente, non è più così facile, come accadeva un tempo, rivendere la fiaba dei "problemi strutturali" a causa dei quali questi paesi avrebbero sofferto, diversamente da quanto è accaduto alla Germania. I "compiti a casa" devono farli gli altri paesi; ancora oggi è il motto preferito dai tedeschi quando si parla della crisi europea. Tanta arroganza tedesca come quella sperimentata nell'ultimo decennio, il mondo non la vedeva da quasi cento anni.

Questa fiaba tuttavia non poteva durare ancora a lungo perché gli economisti nella maggior parte dei paesi sono allineati al mainstream, secondo il quale ognuno è sempre artefice della propria fortuna. Gli economisti più colti avrebbero dovuto capirlo sin dall'inizio che la "Sonderweg" della politica salariale tedesca all'interno di un'unione monetaria è un errore fatale. Ma ora che anche alcune parti della Commissione e della BCE hanno capito cosa sia effettivamente successo, la Germania, con il potere del paese in surplus, impone agli altri la sua primitiva visione del mondo senza prendere in considerazione le perdite.

Ma le condizioni stanno cambiando. Da questo lato del Reno ti puoi anche rallegrare e puoi continuare a manipolare la verità quanto ti pare, ma l'ingenuità con cui Emanuel Macron ha cercato di trovare un accordo con la Germania usando la  diplomazia e lanciando delle proposte inoffensive ormai fa parte del passato. Lui e le altre "forze del centro" dopo l'elezione di domenica capiranno che devono diventare molto più radicali se vogliono salvare l'Europa e loro stessi. Per la Germania, l'Europa non sarà più "la risposta", ma un grosso punto interrogativo.


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sabato 19 maggio 2018

La ragionevolezza delle nuove idee italiane e la ricattabilità dei tedeschi

A parlare di Italia sulla stampa tedesca non ci sono solo i fenomeni alla Piller e Gumpel ma si trovano anche opinionisti di rango come Daniel Stelter che su una rivista prestigiosa come Manager Magazin non ha alcun problema a schierarsi a favore della proposta italiana per la cancellazione del debito. Oltre 10 anni di bugie da parte della politica tedesca non solo hanno reso la Germania ricattabile ma è arrivato il momento di dire che presto o tardi il paese dei primi della Klasse andrà a sbattere contro una montagna di crediti esteri inesigibili. Meglio agire per tempo mettendo in discussione la moneta unica. Da Manager Magazin


Solo gli osservatori piu' creduloni e quelli che si lasciano cullare dalle dichiarazioni ufficiali dei dirigenti della BCE sono rimasti sorpresi. L'euro resta una costruzione che ha aumentato le differenze economiche invece di promuovere la convergenza dei paesi coinvolti, come ci era stato promesso. Dice il FMI.

E non puo' essere stabilizzato con maggiori trasferimenti fra i paesi. Dice ancora il FMI.

La situazione negli ultimi anni è peggiorata sotto ogni aspetto. Solo in riferimento all'indebitamento del settore privato e a quello complessivo, alcuni paesi come il Portogallo o la Spagna hanno fatto alcuni piccoli progressi. Cio' è dovuto in parte al miglioramento della congiuntura globale e soprattutto alla banca centrale europea che con la sua aggressiva politica del denaro a costo zero e con l'acquisto massiccio di titoli di stato ha dato l'illusione di un miglioramento. Come si fa con i malati terminali: per ottenere un certo livello di euforia la BCE ha somministrato grandi quantità di morfina. Tuttavia non è possibile curare con la morfina.

La Germania è il vero vincitore dell'euro? Una leggenda

L'Europa ha bisogno di un processo ordinato per gestire l'uscita dalla situazione di indebitamento eccessivo degli stati e dei privati. A tal fine i creditori, soprattutto la Germania, e i debitori dovrebbero trovare un accordo su una combinazione fra: taglio del debito, socializzazione dei debiti e allungamento delle scadenze. Senza una pulizia dai crediti deterioriati l'eurozona resterà intrappolata in uno scenario giapponese. 


La soluzione dovrebbe essere un fondo per il rimborso del debito pubblico e privato, i cui pagamenti dovrebbero essere prolungati per decenni e per il quale i paesi creditori dovrebbero dare il contributo maggiore. Il piano per il fondo esiste già da diversi anni. Dopo di cio' si potrebbe anche decidere in pace quali paesi possono restare nell'euro: Italia, Portogallo e Grecia sicuramente no.

Il rifiuto dei politici tedeschi di riconoscere questa situazione agendo di conseguenza, aumenta ogni giorno il danno finanziario, economico e politico. Insistere sulle politiche di austerità e sulle riforme è teoricamente anche corretto, ma in una situazione di eccessivo indebitamento è controproducente. L'europolitica tedesca è andata a sbattere. La responsabilità di tutto cio' è di chi ci ha governato negli ultimi 10 anni, di chi per paura degli elettori ha fatto affidamento sull'insabbiamento, la repressione e sul principio della speranza.

Allo stesso tempo è stato ripetutamente sottolineato quanto l'euro sia importante per la Germania e che noi saremmo i veri beneficiari della moneta unica. In verità l'euro è un programma di sovvenzioni su larga scala erogate all'industria dell'export nazionale, che come sempre accade quando ci sono tali sovvenzioni, sta vivendo una pseudo-fioritura, mentre gli aumenti di produttività sono in calo. Inoltre siamo noi a pagare questi sussidi. Ed è una favola quella secondo cui i veri vincitori dell'euro saremmo noi tedeschi.

La politica tedesca ci ha reso ricattabili

A causa del rifiuto della politica tedesca di sostenere un corso politico costruttivo - ma sicuramente costoso - ci siamo trovati in una situazione di ricattabilità. La parola chiave sono gli esplosivi saldi Target II della Bundesbank, che si stanno avvicinando ai 1.000 miliardi di euro. Si tratta di oltre 12.000 euro a testa per ogni residente in Germania, denaro che prestiamo senza interessi, senza una scadenza e senza alcuna garanzia a dei paesi con un rating creditizio molto debole. Altri paesi come la Norvegia, Singapore e persino la Svizzera (attraverso la banca centrale) investono i loro soldi nel modo piu' proficuo possibile. Noi invece i nostri soldi potremmo anche regalarli.

Sebbene Mario Draghi sottolinei che un paese che esce dall'euro deve "naturalmente" rimborsare i suoi debiti Target, sarebbe piu' o meno come cercare di mettere le mani nelle tasche di un uomo nudo. L'Italia dichiarerebbe semplicemente la bancarotta. Problema risolto. Allora cosa dovremmo fare?

La situazione speciale dell'Italia

E gli italiani naturalmente questo lo sanno. Ho già spiegato piu' volte perché l'Italia rimane il primo candidato per un'uscita dall'euro. La recessione è durata piu' a lungo di quella degli anni '30. La performance economica è ben al di sotto del livello già non brillante del 2008.  La disoccupazione è elevata e il debito pubblico è fuori controllo. Il recupero del 30% di svantaggio in termini di costo del lavoro per unità di prodotto nei confronti della Germania tramite una svalutazione interna, vale a dire la riduzione dei salari, è del tutto illusorio.

L'Italia potrebbe salvare una parte della sua base industriale uscendo dall'eurozona. Con una lira svalutata il paese tornerebbe competitivo da un giorno all'altro.

I politici italiani hanno imparato dagli errori della Grecia. La semplice minaccia di un'uscita non funziona. E' meglio prepararla con una valuta parallela, contro la cui introduzione né Bruxelles né la BCE potranno fare molto.

Una volta che la nuova lira è in circolazione sarà sufficiente un decreto e l'euro in Italia sarà storia. Sarà quindi possibile convertire una buona parte del debito nella nuova valuta. I creditori a cui cio' non è piaciuto potranno lamentarsi a Londra. Ma ci vorrà del tempo.

La coalizione fra Lega e Cinque Stelle voleva andare direttamente in questa direzione. Ma anche con il passaggio all'euro resterebbe il problema dell'alto indebitamento. Poiché la maggior parte dei creditori risiede nel paese - le ricche famiglie italiane - quella di annullare i crediti in mano alla BCE è una buona idea. Solo il momento della pubblicazione è stato infelice. Il governo probabilmente voleva uscire allo scoperto un po' piu' avanti.

Cancellazione del debito - perché no?

E' importante sapere che l'annullamento del debito detenuto dalla BCE non è nemmeno una cattiva idea, a condizione che sia legato ad alcune premesse. Io mi immagino già le urla di chi sostiene che si tratta del vietatissimo finanziamento agli stati da parte della banca centrale, il quale contraddice qualsiasi trattato dell'UE e dell'Eurozona.

Sull'argomento bisogna dire una cosa: non sarebbe certo il primo né l'ultimo trattato violato dai politici - nel tentativo disperato di far quadrare un progetto politico che economicamente non funziona ed è contrario ad ogni logica. 

L'idea della cancellazione del debito non è nuova. In Gran Bretagna, in considerazione della situazione debitoria del paese, se ne parla da anni. L'ex capo di McKinsey Lord Adair Turner ne ha parlato come della sola possibilità per il mondo occidentale di uscire dalla trappola del debito.

Il suo libro "Debt and the Devil" merita di essere letto. In esso chiede che le banche centrali acquistino gran parte del debito pubblico e poi semplicemente lo azzerino. Dal momento che le banche centrali non possono fallire non sarebbe particolarmente problematico, a patto pero' che si tratti di un caso unico.

E questo è davvero il punto critico. Se venisse ripetuto, la fiducia nel valore del denaro scomparirebbe e ci troveremmo nuovamente nelle condizioni di Weimar.

La questione dell'effetto sul valore della moneta è decisiva. Mentre alcuni economisti si aspettano sin da subito un'inflazione elevata, altri sottolineano che non ci sarebbe la creazione di nuovo denaro, perché è già in circolazione. 

Se ora noi in Europa volessimo andare in questa direzione, avremmo naturalmente un problema di redistribuzione. I paesi che hanno mantenuto basso il debito, come la Germania, avrebbero dei vantaggi inferiori rispetto ai paesi con un debito piu' alto.

Tuttavia dovremmo farlo in maniera complessiva e comprendere nella cancellazione anche il debito di tutti gli altri paesi e al tempo stesso l'eccesso di debito privato che si nasconde dietro gli oltre 1.000 miliardi di crediti deteriorati nei bilanci delle banche europee. Parliamo di una somma complessiva di oltre 3 trilioni.

Gli italiani possono essere accusati solo di non aver pensato abbastanza in grande. Cosa sono 250 miliardi per l'Italia? Se vuoi davvero farlo, fallo per bene e fallo per tutti.

Usciamo prima che a farlo sia l'Italia

"Usciamo prima che a farlo sia l'Italia", era il mio consiglio nell'agosto del 2015. Si' ancora una volta arrivava in anticipo ed è probabile che anche questa volta sia in anticipo. L'Italia avvierà sicuramente un'ampia azione diplomatica alla ricerca di altra morfina per ritardare la bancarotta. Il nostro governo continuerà senza dubbio a insistere nella stessa direzione, a prescindere dal costo delle misure.

Gli italiani, a differenza di noi, almeno sembra che abbiano una strategia. Sarebbe molto meglio avvicinarci all'uscita. Un'eurozona senza la Germania sarebbe sicuramente piu' omogenea e funzionerebbe meglio. Se fino ad allora sarà possibile spillare soldi alla Germania, tanto meglio. Già sei anni fa la Bank of America ipotizzava che dal punto di vista della teoria dei giochi per l'Italia sarebbe stato ottimale estorcere quanto piu' denaro possibile alla Germania, per poi uscire. Ancora meglio sarebbe se ad uscire fossimo noi. 

Se tanto alla fine si arriverà comunque a questo sviluppo, perchè allora non sarebbe preferibile farlo oggi, invece di domani?

giovedì 17 maggio 2018

FAZ: l'incubo dell'eurozona

Sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung il condirettore Holger Steltzner ci propone un bel pistolotto sulla presunta follia italica e ci ricorda che i tedeschi non hanno nessuna intenzione di farsi carico del debito italiano, mentre a Berlino sono tutti un po' preoccupati. Dalla FAZ Holger Steltzner


In Italia non c'è ancora un governo che già ci sono dei desideri da portare a Francoforte. La BCE dovrebbe regalare a Roma 250 miliardi di euro, semplicemente rinunciando a farsi rimborsare i titoli di stato italiani che la banca centrale ha acquistato nell'ambito del tanto discusso programma di acquisto titoli finalizzato al salvataggio dell'euro. I possibili partner governativi, 5 Stelle e Lega, tuttavia non dicono per quale ragione non vorrebbero avere fin da subito la cancellazione del debito sull'intero stock di titoli di stato italiani attualmente nel bilancio della banca centrale, oltre 340 miliardi di euro, ma preferiscono far finta che il desiderio di tagliare il debito sia superato: in un modo o nell'altro si farà comunque.

Pensionamento anticipato, reddito di base e Flat-tax

I piani di spesa dei 2 vincitori elettorali, che danno quasi esclusivamente all'euro a Bruxelles e a Berlino la responsabilità della miseria italiana, sono decisamente interessanti. Si dovrà reintrodurre il pensionamento anticipato piu' un regalo per ogni adulto senza lavoro sotto forma di "reddito di base" statale pari a 780 euro al mese. Ci sarà qualcosa anche per quella parte della popolazione che lavora e per gli imprenditori: un'aliquota fiscale unica del 15% per i redditi delle persone e delle società. A pagare saranno gli altri, apparentemente i contribuenti degli altri paesi della zona euro, lo faranno indirettamente attraverso una riduzione del debito da parte della BCE; perché si', Roma non vuole disturbare i propri cittadini con tasse ed imposte piu' alte.
  
Il sogno del peccatore del debito italiano corrisponde all'incubo dell'eurozona. A Bruxelles si spera che il presidente della BCE Mario Draghi spieghi ai suoi compatrioti che si tratta di un'assurdità. A Berlino la preoccupazione è grande - come sempre. E a Francoforte ci si chiede come si possa arrivare ad un'idea simile (è proibito finanziare il debito pubblico), dopo che la politica di Draghi ha trasformato la BCE nel piu' grande creditore italiano. 

Ma il potenziale di ricatto degli avversari dell'euro a Roma è ancora piu' grande. L'Italia ha accumulato altri 447 miliardi di euro all'interno del sistema di pagamento fra le banche centrali, il cosiddetto Target II. Di fronte alla nuova realtà politica prevale la confusione. Cosa fare se Roma dovesse accumulare altro debito oppure non dovesse pagare quelli vecchi? Già ora ci si lamenta per l'onere del debito apparentemente insostenibile per l'Italia. Grazie alla politica dei bassi tassi di interesse di Draghi, nella situazione attuale il peso del debito è inferiore rispetto al passato. Ma in Italia i fatti raramente infastidiscono le lotte di potere, nelle quali i politici di Roma hanno molta piu' esperienza degli altri.

Die Welt: perché le nuove idee che arrivano dall'Italia in fondo non sono cosi' sbagliate

Su Die Welt il solito Holger Zschäpitz prova spiegare ai tedeschi perché il nuovo possibile governo giallo-verde vorrebbe chiedere alla BCE la cancellazione dei titoli di stato acquistati e giunge a delle conclusioni interessanti: gli italiani non hanno cosi' torto, se vogliono che la loro economia riparta devono ridurre il debito e alzando il livello dello scontro possono ottenere molte concessioni da Bruxelles. Da Die Welt


La vita potrebbe essere davvero facile: quando il debito accumulato è troppo alto, la somma viene semplicemente condonata. Sia che lo si faccia lasciando crescere l'inflazione, o in alternativa lasciando svalutare la propria moneta. Oppure chiedendo una riduzione del debito ai propri creditori.

I grandi sovrani della storia lo hanno fatto piu' volte. E cosi' apparentemente vorrebbe fare anche il nuovo governo di Roma. L'alleanza fra Lega e 5 Stelle non è ancora partita che il nuovo accordo di coalizione tra i 2 partiti euroscettici ha già provocato un grande botto.

Il documento, che delinea le posizioni dei 2 partiti, mostra quali idee di Europa in Italia siano attualmente accettabili. Queste includono da un lato gli scenari per l'uscita dall'euro e dall'altro la questione di come si possa ottenere una riduzione del debito del paese, anche restando nell'euro. Entrambi i modelli hanno lo stesso risultato: un modo per minimizzare il piu' possibile l'eccesso di debito del paese.

Soprattutto la richiesta esplicita alla BCE di condonare 250 miliardi di euro di debito pubblico italiano, in Europa sta facendo scalpore. Attualmente il debito italiano è di 2.322 miliardi di euro. Cio' corrisponde a un rapporto debito/pil di oltre il 130% del PIL. 

L'Italia mette in discussione il divieto di finanziamento agli stati da parte della BCE

La richiesta dei partiti italiani è cosi' sensazionale perché in questo modo viene spezzata una delle leggi ferree dell'unione monetaria: il divieto per la banca centrale indipendente di finanziare direttamente gli stati. Soprattutto in Germania viene considerato un assoluto "No-Go", in riferimento alle esperienze degli anni '20 quando il finanziamento statale da parte della banca centrale portò all'iperinflazione.

Se i populisti sono riusciti a elaborare un tale piano il merito è piu' che altro alla politica monetaria non convenzionale della BCE. Dal 2015 le istituzioni monetarie acquistano infatti titoli di stato dei paesi membri. L'obiettivo è riportare l'inflazione della zona euro intorno al 2%.

Nel corso degli anni la BCE ha acquistato titoli di stato italiani per un valore di 340 miliardi di euro. Non è abbastanza. Le obbligazioni dei paesi periferici già nel 2010 erano state acquistate in una sorta di azione "anti-incendio". Nel complesso le istituzioni monetarie detengono ancora titoli di debito acquistati in quel programma per un importo di 85 miliardi di euro. La maggior parte di questi titoli è composta da obbligazioni italiane.


L'idea dei populisti è semplice: la BCE dovrebbe cancellare alcuni di questi titoli di stato, nessuno si farebbe davvero male. Le cose tuttavia non sono cosi' facili. Una riduzione del debito di 250 miliardi di euro corrisponderebbe a soli 10 punti percentuali dell'attuale rapporto debito pubblico/PIL. Anche dopo di cio' il rapporto resterebbe ancora intorno al 120%, vale a dire il 30% in piu' rispetto a quello che gli esperti considerano ancora sostenibile e il doppio rispetto a quanto previsto dai trattati di Maastricht.

La BCE non commenta tali proposte, tradizionalmente la banca centrale non commenta i dibattiti interni di uno stato membro. Tuttavia nell'ambito delle banche centrali si ritiene che una tale proposta violerebbe gli articoli chiave del Trattato di Maastricht e quindi l'idea non avrebbe alcun futuro.


Il motivo per cui i populisti fanno affidamento sulla riduzione del debito tramite la BCE ha una semplice ragione: molti italiani e anche molte banche detengono una parte del debito del proprio paese. Un taglio del debito generale, che colpirebbe in maniera piu' che proporzionale la propria popolazione, sarebbe quindi estremamente impopolare e potrebbe perfino portare ad una crisi bancaria.

Solo un terzo dei creditori italiani è domiciliato all'estero. Rispetto alla Germania è una percentuale molto bassa. Da noi oltre la metà del debito pubblico è nelle mani degli investitori esteri. Per i populisti percio' è ancora piu' difficile ridurre il debito senza alienarsi le simpatie dei propri elettori.

L'idea ha anche un altro intoppo. I titoli di stato italiani sono detenuti principalmente dalla banca centrale italiana. E questa, secondo le attuali regole, sarebbe responsabile per la maggior parte delle perdite. In caso di inadempienza sui titoli di stato, infatti, i paesi dell'eurozona sarebbero responsabili solo per un quinto, il resto verrebbe assunto dallo stato membro. E un hair-cut, come si chiama in gergo una riduzione del debito, di 250 miliardi di euro, causerebbe un buco enorme nel bilancio della banca centrale italiana. E cio' dovrebbe essere almeno parzialmente coperto dallo stato italiano - con denaro che  non è disponibile.

Nell'attuale quadro normativo la Germania dovrebbe pagare per soli 13 miliardi di euro. Alla fine le banche centrali dell'eurosistema dovrebbero rispondere per 50 dei 250 miliardi di euro. La Germania è responsabile sull'intero bilancio della BCE secondo la sua quota di capitale pari al 25.6%.

Un taglio del debito come in Grecia colpirebbe il proprio paese

Su un punto tuttavia i populisti italiani non hanno completamente torto: se il paese vuole allontanarsi dal suo status di figlio problematico della zona euro, la pesante eredità proveniente dal passato deve essere ridotta drasticamente. Le opzioni disponibili sono limitate. Un taglio del debito, come accaduto nel caso della Grecia, a causa dell'elevata quota di investitori privati e della grande interdipendenza fra banche e governo non sarebbe un'opzione praticabile.

Una cancellazione del debito tramite la BCE è da escludersi. E una riduzione dell'indebitamento tramite l'austerità non sarebbe abbastanza veloce a causa dell'immenso onere del debito e della bassa inflazione. Negli ultimi anni l'Italia ha sempre generato un avanzo primario, cioè un avanzo di bilancio prima degli interessi da pagare sulla pesante eredità proveniente dal passato.

Nonostante cio' il debito/PIL è salito a oltre il 130% del PIL. Inoltre i populisti stanno pianificando un ampio programma di spesa pubblica che aumenterà ulteriormente il debito. Parte del denaro secondo le idee della Lega Nord e del Movimento 5 Stelle dovrebbe arrivare da Bruxelles.

Naturalmente la Commissione la vede in maniera diversa. Il terreno per ulteriori conflitti sembra essere già preparato. I piani di uscita dall'euro che vengono ventilati mostrano già il modo in cui gli italiani presumibilmente in futuro intendono negoziare con Bruxelles. Con la minaccia di tenere un referendum sull'uscita dall'euro, in caso di dubbio, potrebbero cercare di forzare delle concessioni.

martedì 13 marzo 2018

Thomas Mayer - La fonte del denaro italiano

Thomas Mayer, ex capo-economista di Deutsche Bank, dal suo blog sulla FAZ analizza il risultato elettorale italiano e la nuova situazione politica, ovviamente dal punto di vista tedesco. Secondo l'economista gli italiani non avrebbero di che lamentarsi, almeno fino a quando riusciranno ad ottenere denaro a buon mercato dalla BCE. Dalla FAZ.net



Sembrava tutto così facile. L'estate scorsa, mentre partecipavo a un incontro organizzato da un influente Think Tank di Bruxelles i presenti erano fermamente convinti che nei dodici mesi successivi si sarebbe aperta una finestra di opportunità per l'approfondimento dell'unione monetaria. Emmanuel Macron si era impegnato con grande entusiasmo e Angela Merkel, che aveva appena raggiunto un  picco temporaneo nei sondaggi pre-elettorali, aveva fatto sperare in una sua cooperazione. Lo scopo di tale approfondimento doveva essere quello di portare avanti la condivisione dei debiti pubblici in modo da sollevare la BCE dal compito di finanziare gli stati indebitati. Il mandato del Presidente della BCE Mario Draghi scade nel settembre 2019 e non ci si può aspettare che il suo successore garantisca bassi tassi di interesse come invece ha fatto lui durante tutto il suo mandato. Fino all'estate del 2018 tuttavia non arriverà una decisione.

La prima battuta d'arresto per questo piano è arrivata con le elezioni federali tedesche, che per Merkel non hanno portato quello che invece i sondaggi estivi avevano previsto. Per un breve periodo si era affacciato anche il possibile disastro di una coalizione giamaicana, in cui una FDP ribelle avrebbe potuto impedire una maggiore "solidarietà europea". Poi questa possibilità è sfumata ed è tornata la fiducia quando il segretario temporaneo della SPD Martin Schulz ha fatto inserire nel contratto di coalizione la politica europea dettata dal Presidente della Commissione Juncker. Con il voto favorevole dei membri della SPD, la Groko non solo intende portare avanti il piano per l'approfondimento dell'unione monetaria, ma vorrebbe mettere a disposizione dell'Europa piu' denaro. Ancora piu' di quanto previsto. Osservando i fatti dalla parte di chi vuole approfondire l'unione monetaria: sarà finalmente arrivato il momento buono per completare quello che stavano aspettando da tanto tempo?

L'esito delle elezioni parlamentari in Italia potrebbe impedirlo. Il 70% ha votato per quei partiti populisti che hanno promesso una "benedizione dal cielo": meno tasse per i ricchi cittadini del nord, un reddito di base decente e incondizionato per il sud piu' povero, maggiori investimenti e pensioni minime per tutti. Anche gli automobilisti e gli amanti degli animali dovrebbero poter pagare meno tasse. In realtà in Italia potrebbe nascere una grande coalizione di populisti con un programma unico: "benessere per tutti, senza considerare i costi".

Ma i vincitori delle elezioni fra loro restano nemici e alla fine non se ne farà nulla. Il governo Gentiloni, in carica dalla precedente legislatura, potrebbe restare ancora a lungo, anche senza una maggioranza parlamentare. Ma cio' non dovrebbe scoraggiare i vincitori delle elezioni dal creare maggioranze parlamentari variabili al fine di garantire alle loro clientele i benefici finanziari promessi attingendo direttamente dal bilancio pubblico. Con o senza un nuovo governo, le finanze pubbliche italiane sotto la pressione dei populisti rischiano di andare fuori controllo, piu' di quanto non accadesse in passato. Dal punto di vista italiano l'iniziativa franco-tedesca per la messa in comune del debito arriverebbe proprio al momento giusto.

Se non ci fossero pero' i governi testardi di alcuni paesi del nord dell'UE, che nel frattempo hanno preso una dura posizione contro questo tipo di "solidarietà europea". E' probabile che la prospettiva dell'enorme montagna debitoria italiana, in continua crescita, possa alimentare la loro opposizione alla messa in coumune. Proprio la creazione di un fondo monetario europeo basato sul diritto UE quale strumento per la messa in comune del debito e per i trasferimenti fra gli stati potrebbe fallire per il veto di uno di questi paesi. In questo modo fallirebbe pero' anche il piano per alleviare il peso che grava sulla BCE.

La BCE, con l'approvazione soprattutto del governo federale tedesco, si è impegnata a fare tutto il possibile per mantenere l'euro in vita. Per raggiungere questo obiettivo sono indispensabili bassi tassi di interesse e l'accesso illimitato dei paesi dell'euro al mercato dei capitali per finanziare i titoli di stato in scadenza e il nuovo indebitamento. La politica italiana potrebbe spingere la BCE a dover fare ancora di piu' per svolgere questo compito. Il mandato previsto dai trattati e cioè la garanzia della stabilità dei prezzi potrebbe passare in secondo piano. Come potrebbero mai aumentare i tassi di interesse se questo dovesse rendersi necessario? I politici populisti sono sicuri della loro causa. Se fino a non troppo tempo fa avevano minacciato di introdurre una valuta parallela, queste minacce ormai sono superate. Sono semplicemente superflue: soprattutto fino a quando i partiti italiani potranno continuare a fare affidamento sulla BCE quale fonte di denaro per le promesse elettorali fatte alle loro clientele.


lunedì 12 marzo 2018

Il malato d'Europa

Secondo i media mainstream e secondo alcuni economisti tedeschi l'Italia sarebbe il vero malato d'Europa nonché il pericolo principale per l'Eurozona e l'UE. Per una parte della stampa tedesca la vera speranza degli eurocritici italiani sarebbe il piano di riforma dell'UE proposto da Macron. Ne parla german-foreign-policy.com


Un pericolo per l'eurozona

Dopo la vittoria elettorale delle forze euroscettiche e di destra italiane, gli economisti tedeschi e i media mainstream lanciano i loro avvertimenti per mettere in guarda dal rischio di una grave crisi nella terza economia dell'eurozona. Il paese rischia un "collasso debitorio", titolavano i quotidiani economici poco prima delle elezioni (Handelsblatt). [1] Clemens Fuest, presidente dell'IFO Institute di Monaco metteva in guardia da "un aumento del debito pubblico in presenza di un'economia stagnante", che "potrebbe portare l'Italia alla bancarotta". Friedrich Heinemann del Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung (ZEW) vedeva già a rischio "la sopravvivenza stessa dell'euro e dell'UE" nel caso in cui il governo italiano decidesse di lanciare un'offensiva all'interno dell'eurogruppo dominato dalla Germania. Lo scontro potrebbe svilupparsi in maniera simile a quanto era accaduto con la Grecia nell'estate del 2015. Invece di tagliare le spese e ridurre il debito, secondo l'economista di Commerzbank Marco Wagner, "c'è il rischio che l'Italia avvii politiche redistributive con ampi tagli fiscali e prestazioni sociali aggiuntive" (Focus) [2]. Wagner sottolinea inoltre che "le forze euroscettiche" vedrebbero con favore la proposta europea del presidente francese, il quale vorrebbe una redistribuzione a livello europeo e la trasformazione dell'eurozona in una "unione di trasferimento".

Speranza in Macron

Il capo economista di Commerzbank, Jörg Krämer, ipotizza che l'Italia possa trasformarsi nel potenziale "punto di rottura dell'unione monetaria" (Merkur.de) [3]. L'economista ritiene tuttavia improbabile una rapida uscita del paese dall'unione monetaria, poiché i partiti populisti e di destra italiani sperano ancora nella riforma dell'UE proposta da Macron. A Roma si nutre la speranza, spiega Krämer, che "il nuovo governo federale tedesco appoggi le idee di Macron in materia di politiche europee", che nella loro attuazione prevederebbero la trasformazione dell'unione monetaria in una unione di trasferimento. La "graduale introduzione di un'assicurazione europea sui depositi e l'istituzione di fondi speciali per l'eurozona nel bilancio europeo", per i politici italiani sarebbero altamente desiderabili; la politica italiana non intenderebbe abbandonare l'unione monetaria, piuttosto cambiarla. Inoltre Roma gode della protezione della Banca Centrale Europea (BCE). "Purtroppo" la BCE si comporta come un "difensore" che protegge i paesi come l'Italia attraverso una politica monetaria estremamente espansiva, commenta il capo economista di Commerzbank. Una deliberata escalation della crisi debitoria italiana causata dagli oneri crescenti derivanti dal peso degli interessi e che obbligherebbe il paese alla capitolazione - direzione verso la quale Berlino aveva invece spinto il paese all'inizio della crisi euro - al momento non sembrerebbe possibile. Gli investitori da tempo ormai sanno che "la BCE sostiene l'Italia e che in caso di crisi comprerebbe ancora piu' titoli di stato", commenta Krämer. Nessun speculatore si posizionerebbe contro una "BCE con tasche infinitamente profonde".

Ultimo avvertimento

Lo European Council of Foreign Relations (ECFR) [8] in una recente presa di posizione considera invece l'Italia sulla stessa strada della Gran Bretagna. Il Paese sarebbe il vero "malato d'Europa", la cui classe politica da molti anni ormai "non si trova piu' nella cabina di guida dell'UE". Anche nei media tedeschi mainstream il risultato viene considerato "un ultimo avvertimento" per l'UE dominata dai tedeschi. Berlino si deve decidere, è scritto: Roma è il centro di "una rivolta populista che potrebbe contagiare l'europa intera", per questa ragione Francia e Germania devono prendere le contromisure (Die Zeit) [9]. Questo tuttavia non sarà facile: Macron si batte per una "unione di trasferimento" che Berlino invece rifiuta; Merkel ha perseguito una politica sui rifugiati liberale che ha incontrato il rifiuto di Parigi. I due governi entro il 2019 devono trovare un compromesso sulla riforma della zona euro. E' ora di mettere in discussione il "diktat sul risparmio tedesco", scrive l'autore molto prudentemente; Parigi tuttavia "non puo' pretendere da Berlino un trasferimento di denaro irrealistico". Merkel tuttavia dovrebbe rendersi conto che con la sua politica sui rifugiati ha diviso l'europa. Un "compromesso" secondo questo modello equivarrebbe ad una rigida politica di espulsione e contemporaneamente in una riduzione poco piu' che cosmetica dei diktat tedeschi sull'austerità.

[1] Dietmar Neuerer: Nach der Italien-Wahl droht dem Land der Schulden-Kollaps. handelsblatt.com 03.03.2018.
[2] Marco Wagner: Bis auf Geld ausgeben wird die neue Regierung nicht viel machen. focus.de 05.03.2018.
[3] Corinna Maier: "Italien bleibt die Sollbruchstelle der Währungsunion". merkur.de 05.03.2018.
[4] S. dazu Der Preis der Exportprofite.
[5] András Szigetvari: Der Euro, der Klotz an Italiens Bein. derstandard.de 01.03.2018.
[6] Bad loans at Italian banks fall to three-year low. businessinsider.com 10.10.2017.
[7] Dietmar Neuerer: Nach der Italien-Wahl droht dem Land der Schulden-Kollaps. handelsblatt.com 03.03.2018.
[8] Josef Janning: Italy: Following Britain towards the exit? ecfr.eu 02.03.2018.
[9] Alexander Mühlauer: Die Italien-Wahl ist für Europa die letzte Warnung. sueddeutsche.de 06.03.2018.

martedì 6 marzo 2018

La vecchia Europa non c'è piu'

Non abbiamo bisogno di farci spiegare le elezioni italiane dai commentatori tedeschi, ogni tanto tuttavia anche sulla stampa tedesca si leggono riflessioni originali. Jens Berger sulle NachDenkSeiten fa un paragone fra Italia e Germania e ipotizza che anche in Italia, dopo Olanda, Francia e Germania, sia iniziato il funerale della socialdemocrazia. Dalle NachDenkSeiten.de


[...] Nel settembre 2017 si è votato in Germania e anche qui è proseguita la tendenza europea avviata in Olanda e poi seguita dalla Francia. I socialdemocratici tedeschi sono scesi al 20.5 %, il peggior risultato di sempre, il partito di estrema destra anti-establishment AfD con una crescita di otto punti percentuali ha raggiunto il 12.6 % ed è uscito dalle urne come il grande vincitore. Se si votasse oggi, AFD sarebbe la seconda forza politica mentre la CDU con il 33% e la SPD con il 15% per la prima volta nella storia della Repubblica Federale tedesca non sarebbero in grado di formare una "grande coalizione". I tempi in cui la Germania era un'ancora di stabilità sono finiti. Si puo' ipotizzare che soprattutto per la resistenza all'apprendimento della SPD anche qui da noi questo trend si sia rafforzato e che la SPD, come i partiti fratelli in Olanda e in Francia, possa sprofondare nella insignificanza ad una cifra, mentre AfD cresce e diventa la seconda forza del paese.

Domenica anche l'Italia ha imboccato questa strada. Sommando i partiti successori della Democrazia Cristiana e della Socialdemocrazia si arriva solo al 32.8% dei voti e in questo modo piu' o meno agli stessi voti dei "5 Stelle" da soli. Nel 2008 il PdL di Berlusconi e i socialdemocratici del PD insieme avevano raggiunto oltre il 70% dei voti. La Lega allora aveva raggiunto solo l'8.3% e i 5 Stelle non c'erano ancora. Oggi il M5S con il 32.6 % è il partito piu' forte mentre la Lega con il 17.4% è il maggior partito nell'alleanza elettorale di centro-destra, che in realtà avrebbe dovuto essere un'alleanza di Berlusconi. Insieme la Lega e i 5S arrivano esattamente al 50% dei voti. Un italiano su due ha votato per un partito anti-establishment, un governo di coalizione senza queste 2 forze non è possibile.

Solo teoricamente, per paragonare la probabilità delle coalizioni si puo' provare a fare un confronto con le condizioni tedesche. Dove avremmo:

- una coalizione di centro-destra fra CDU/CSU, FDP e AfD, in cui AfD è il partito piu' forte

- un movimento eterogeneo anti-establishment, che si puo' pensare come una miscela fra i Pirati e un nuovo movimento per la pace

- un'alleanza di "centro-sinistra" in cui non ci sono partiti di sinitra in senso stretto e in cui i socialdemocratici si leccano le ferite dopo aver subito delle pesanti ferite

- un'alleanza di sinistra insignificante scesa ad un deludente 3.4%

La SPD andrebbe in un'alleanza con AfD a fare il junior-partner? Certamente no. La SPD sarebbe disponibile a sottomettersi ad un movimento anti-establishment tendenzialmente di sinistra con Ken Jebsen come Cancelliere? Probabilmente no. Una coalizione fra 5 Stelle e Lega è ancora piu' improbabile. Rimane la possibilità di un cambio di partito, alla fine la Forza Italia di Berlusconi e il PD di Renzi non sembrano avere un grande futuro davanti. Oppure ci sono le elezioni anticipate.

Come reagisce l'Europa?

Piu' interessante tuttavia è la questione di come l'Europa giornalistica e politica reagisce a questi sviluppi. Se si esaminano le reazioni piu' significative, come ad esempio l'illeggibile analisi di Stefan Ulrich sulla Süddeutsche, bisogna purtroppo affermare che l'establishment non ha capito nulla, proprio nulla. Chi vota contro l'establishment, secondo l'autore sarebbe "irrazionale" e "antieuropeo" e comunque un "populista". La povertà e la disperazione, che allontanano gli elettori dall'establishment, sarebbero "vittime" di cui il paese ha bisogno "per poter vedere una ripresa". Ma della interminabile politica di riforme che il giornalista si auspica anche a nome delle élite tedesche ed europee, gli elettori purtroppo non vogliono piu' sentire parlare. Le elezioni parlamentari in Italia sono state soprattutto il rifiuto esplicito di un'europa tedesca fatta di austerità e mancanza di alternative che con i suoi esecutori materiali locali mette in pratica questa ideologia. Ancora una volta ha colpito soprattutto i socialdemocratici che in tutta Europa non vogliono capire che i loro elettori chiedono un'alternativa reale e progressista.

domenica 4 marzo 2018

Il collasso italiano secondo gli economisti tedeschi

Anche gli economisti tedeschi di rango non sfuggono ai soliti luoghi comuni sull'Italia e per il dopo elezioni preannunciano un inevitabile collasso dovuto alla presunta irriformabilità e ai soliti eccessi debitori. L'Eurozona sarebbe ricattabile. Dal prestigioso Handelslbatt.com


Il presidente dell'Istituto Ifo di Monaco, Clemens Fuest, teme che l'Italia dopo le elezioni possa precipitare in una grave crisi debitoria. Con il programma di acquisto OMT la Banca centrale europea (BCE) ha dato all'Italia il tempo per riformare l'economia. Il paese pero' non ha utilizzato questo tempo per fare le riforme necessarie. "Vi è la minaccia di un altro aumento strisciante del debito e di un'economia stagnante, che nel lungo periodo potrebbe portare ad una bancarotta dello stato", ha affermato Fuest ad Handelsblatt.

Friedrich Heinemann del Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung (ZEW) mette in guarda dalla possibilità che dopo il voto in Italia si formi un governo che in maniera simile a quanto accaduto in Grecia nel 2015 avvii un corso conflittuale con l'Eurogruppo. "Un governo populista a Roma sarebbe uno scenario politico ed economico ad alto rischio che ci porterebbe in una nuova fase di incertezza economica e politica che metterebbe in pericolo l'esistenza stessa dell'euro", cosi' secondo le ipotesi di Heinemann.

"Ora arriva il conto per aver lasciato che l'Europa non si occupasse di  creare una procedura di insolvenza ordinata per gli stati", dichiara ad Handelsblatt l'economista dello ZEW Heinemann. L'Eurozona in questo modo si è resa ricattabile. "I trasferimenti dall'estero, per ragioni perfettamente comprensibili, offrono agli italiani una soluzione decisamente piu' interessante per la soluzione del problema debitorio, rispetto alla necessità fare le dure riforme con gli annessi tagli".

Fuest ha criticato il fatto che nessuno partito italiano abbia un'idea di come poter superare i problemi economici del paese. "L'Italia ha bisogno di riforme radicali e di tagli alla spesa pubblica, affinché l'economia torni a crescere e l'altissimo debito pubblico inizi a scendere", ha sottolineato il Presidente dell'Ifo. Nessun partito tuttavia ha presentato un piano per farlo, al contrario tutti hanno promesso dei "grandi regali elettorali".

Fuest tuttavia non si aspetta turbolenze sui mercati dei capitali dopo le elezioni, indipendentemente da chi le vincerà. "Perché nelle ultime settimane tutti i partiti italiani hanno alleggerito la loro critica nei confronti dell'euro e delle regole sul debito e nessun partito ha dichiarato che l'Italia nel prossimo futuro dovrà uscire dall'euro".

Anche il presidente del Deutsches Instituts für Wirtschaftsforschung (DIW), Marcel Fratzscher, ritiene che sia molto alta la probabilità che il prossimo governo italiano non persegua alcuna politica anti-europea. "Persino i partiti piu' radicali nel frattempo hanno capito che l'uscita dell'Italia dall'euro sarebbe un suicidio politico ed economico", ha affermato Fratzscher ad Handelsblatt. "Non mi aspetto cambiamenti fondamentali nella politica economica del nuovo governo".

I partiti in campagna elettorale hanno fatto delle promesse "coraggiose e talvolta irrealistiche". "A differenza di quanto accade in Germania, tuttavia, il prossimo governo italiano difficilmente aumenterà la spesa e dovrà attuare ulteriori riforme strutturali", sostiene il presidente del DIW. "Abbiamo tuttavia bisogno di pazienza, perché l'Italia si sta riprendendo solo lentamente e ci vorranno ancora molti anni per liberare completamente il paese dagli effetti della crisi finanziaria".

venerdì 2 marzo 2018

Con i clown al potere arrivano i debiti

A pochi giorni dalle elezioni italiane il solito Jan Fleischhauer spiega ai tedeschi che la politica italiana è guidata da clown, gli elettori sono dei bambini immaturi e alla fine dello spettacolo saranno i tedeschi a dover pagare il conto per gli eccessi italiani. Su Der Spiegel  un altro commento saccente da parte del simpatico pubblicista di Amburgo. Da Der Spiegel.


Domenica prossima gli italiani voteranno per eleggere un nuovo Parlamento. Allo stato attuale un clown, che recentemente ha fatto notizia per le sue vicende giudiziarie, e uno strillone irascibile, che ufficialmente si è guadagnato da vivere facendo il giullare, dovrebbero ottenere il maggior numero di voti. Devo stare attento a cio' che sto per scrivere. L'ultima volta che la mia rubrica si è occupata dell'Italia e degli italiani è partita una lettera diretta al capo-redazione da parte dell'ambasciatore italiano a Berlino.

Lasciatemelo dire: i politici scelti dagli elettori ci permettono di trarre alcune conclusioni sulla maturità mentale ed emotiva di quel popolo. Gli adulti votano gli adulti, i bambini scelgono dei burattini. 

Come sempre, quando un paese vicino è alla vigilia delle elezioni, da tedeschi ci mettiamo a guardare come se si trattasse dell'elezione in un Bundesland interno. Non abbiamo diritto al voto, ma gli effetti del voto riguarderanno tutti, noi in prima linea. Se non ci trovassimo insieme agli italiani in una unione monetaria, potremmo assistere allo spettacolo in maniera rilassata e dirci fra di noi: cosi' vanno le cose fra gli italiani, da loro viene data una possibilità anche al buffone. Messo accanto a Silvio Berlusconi, anche Donald Trump potrebbe sembrare uno statista serio. Sfortunatamente l'euro ha fatto in modo che la fattura per tutte queste scappatelle alla fine arriverà a noi.

L'Italia non è un paese qualsiasi, è la terza economia dell'Eurozona, anche se economia in questo caso è un termine alquanto tecnico. In realtà l'attività economica in Italia funziona secondo criteri completamente diversi rispetto a quelli validi nella gran parte del resto del mondo. Poiché il denaro per gli italiani è qualcosa la cui fonte è oscura, l'indebitamento del paese ha raggiunto il 132% del PIL. Solo la Grecia e il Giappone riescono ad andare oltre.

Purtroppo non si tratta dell'unico record negativo. Nessun paese in Europa ha una crescita inferiore. Quest'anno secondo le ultime previsioni dell'UE si fermerà all'1.5%, il prossimo anno tornerà addirittura all'1.2%, contrariamente al trend generale.

Crediamo che la crisi dell'euro sia finita pero' se domenica gli italiani decidessero di votare un'altra volta un personaggio ridicolo allora potrebbe esserci un brutto risveglio. I greci o i portoghesi non sono mai stati un problema, il vero problema è da sempre l'Italia. Se i creditori dovessero perdere la fiducia nel fatto che i soldi prestati a Roma torneranno indietro, allora non ci sarà nulla da fare. Nemmeno la potente Germania potrà fare qualcosa.

La sconfitta ha un nome, si chiama Mario Draghi. La promessa di Draghi era quella di fare in modo che i governi europei utilizzassero il periodo dei tassi a zero per ridurre il debito. Mai nella storia fino ad ora per un paese era stato cosi' facile risolvere i propri problemi di budget. Sfortunatamente, anche indebitarsi non era mai stato cosi' facile.

Il programma di acquisto delle obbligazioni da parte della BCE nei 3 anni del governo Renzi ha portato all'Italia risparmi per 45 miliardi di euro di interessi. Questa è la somma che ho trovato sulla "Süddeutsche". Ovunque questo denaro sia andato a finire, sicuramente non è stato usato per risanare lo stato. Per questo i debiti italiani nel frattempo sono diventati anche i nostri debiti. La BCE da sola fra il 2015 e il 2017 ha acquistato 300 miliardi di euro di debito pubblico italiano. La condivisione della responsabilità sul debito, raccomandata dalla SPD, già da tempo è una realtà.

La politica della banca centrale è transnazionale, e questa è la promessa su cui basa la sua autorità. Ma chi osserva il bilancio della BCE, da quando l'uomo di Roma è al vertice, vede che questa è solo una promessa vuota. In verità da 6 anni la BCE sta gestendo la politica monetaria all'italiana: tutto diventa una questione di prospettiva, anche la questione del piu' e del meno. I tedeschi hanno puntato i piedi. Per uno come Jens Weidmann però un meno resta un segno negativo. Funziona cosi' quando hai perso la sovranità sulla tua stessa valuta: sei benvenuto quando c'è da pagare la fattura, le decisioni pero' le prendono sempre gli altri. 

Oltre al danno la beffa, cosi' dice il proverbio. Quando al signor Draghi durante una conferenza stampa è stata fatta una domanda sulle conseguenze negative delle politiche della BCE, si è fatto beffa "delle paure tedesche": come se le fratture da lui causate fossero solo un'ossessione. Si può' addirittura quantificare il danno. La DZ Bank ha calcolato che il risparmiatore tedesco tra il 2010 e il 2016 ha perso 344 miliardi di euro di interessi non percepiti. Per l'anno appena terminato si aggiungono altri 90 miliardi di euro. Si tratta di una somma enorme, che non è affatto compensata dai risparmi ottenuti in termini di interessi risparmiati da parte dei mutuatari tedeschi.

I tedeschi sono un popolo davvero paziente, va proprio detto. Con coraggio stanno a guardare mentre le loro riserve per la vecchiaia si dissolvono, ciò affinché nel sud tutto possa andare avanti senza un programma di austerità. E dopo cio' si sentono dare anche del nazista. Forse è arrivato il momento di rispondere pan per focaccia e di tornare allo stesso livello. Chi permette che un buffone come Beppe Grillo sia a capo della forza politica piu' forte del paese e riporta sulla scena un artista della tintura dei capelli come Berlusconi, non merita nulla di piu' che essere preso in giro, dico io.