venerdì 6 gennaio 2017

Perché nessuno parla di HSH Nordbank?

Mentre i media tedeschi attaccano l'Italia per il salvataggio pubblico di MPS, nessuno in Germania parla di HSH Nordbank, la banca zombie di Amburgo tenuta in vita grazie alle garanzie pubbliche della regione di Amburgo e dello Schleswig-Holstein. Il salvataggio va avanti nel silenzio dei media mainstream e con l'approvazione di Bruxelles, secondo stime autorevoli, alla fine ci saranno almeno 30 miliardi di Euro di debito aggiuntivo per le 2 regioni del nord. Jens Berger su Nachdenseiten.de

Il nuovo anno è iniziato da pochi giorni e in Germania si continua a discutere con grande interesse se l'utilizzo di determinate sigle per identificare i nordafricani nelle comunicazioni interne della polizia possa essere considerato razzista. Non abbiamo davvero nessun'altro problema? Sicuramente, tuttavia la maggior parte di questi problemi vengono messi a tacere dai media. Prendiamo ad esempio la crisi finanziaria e bancaria. Quando è stata l'ultima volta in cui avete sentito parlare della HSH Nordbank? Mentre alcuni media diffondono i classici comunicati di Public relations rilasciati dalla banca, che di fatto sono delle notizie false, HSH Nordbank alcuni giorni fa ha riconosciuto pubblicamente che la garanzia da 10 miliardi messa a disposizione dai Laender Amburgo e Schleswig-Holstein sarà interamente utilizzata. E' ormai chiaro che il board della banca e i due governi coinvolti stanno ingannando deliberatamente e con una certa diligenza l'opinione pubblica e si stanno scavando il loro rifugio miliardario. Perché non ne parla nessuno?

Cerchiamo di riassumere brevemente la storia di HSH Nordbank: i due leader della CDU locale, Peter Harry Carstensen e Ole von Beust, prima della crisi finanziaria decidono di trasformare la loro banca regionale in un player della finanza globale. Per poter portare in borsa una banca redditizia, assumono rischi enormi, dando vita ad uno dei più' incredibili scandali finanziari degli ultimi anni. Quando nel 2009 la banca è travolta dalla crisi finanziaria, nei suoi libri aveva un portafoglio di crediti erogati alle compagnie navali pari a 33 miliardi di Euro, che con l'inizio della crisi si erano trasformati in un grosso problema. Allora le banche calcolavano un tasso di default pari all'1%, vale a dire 330 milioni di Euro. In base alla valutazione di esperti esterni, all'epoca io ipotizzavo una quota di crediti inesigibili pari al 20% del totale, che avrebbe implicato circa 6.6 miliardi di perdite. Oggi invece scopriamo che le mie previsioni di allora sono state ampiamente superate dalla realtà dei fatti. 

Già durante la crisi del 2009 i Laender Amburgo e Schleswig-Holstein hanno prima dovuto ricapitalizzare la banca con 3 miliardi di Euro e poi coprire i rischi potenziali con una garanzia da 10 miliardi di Euro. Da allora i crediti deteriorati vengono ristrutturati e trasferiti dalla HSH Nordbank alla Bad Bank HSH Finanzfonds AÖR. Inoltre, la banca è ancora ai ferri corti con la Commissione UE, in quanto a Bruxelles gli aiuti miliardari ricevuti direttamente dai bilanci regionali vengono considerati come sovvenzioni pubbliche, quindi teoricamente proibiti.

Già nel 2009 quasi tutti gli esperti parlavano di perdite per almeno 10 miliardi di Euro. L'ex amministratore di HSH Dirk Jens Nonnenmacher, invece, gettava sabbia negli occhi dell'opinione pubblica: l'utilizzo completo dei 10 miliardi di Euro messi a disposizione dai Laender "probabilmente non sarà necessario"; questa strana formulazione già allora avrebbe dovuto far fischiare le orecchie a molti. E' stato fatale il fatto che la politica non si sia mai fidata degli esperti esterni, ma abbia sempre creduto ai banchieri di HSH e ai loro controllori, politici regionali non all'altezza del compito.

Sin dall'inizio i responsabili hanno cercato di ingannare l'opinione pubblica e una parte importante dei media ha partecipato a questa farsa.

Werner Marnette (CDU) una volta ha calcolato quale sarebbe stato il profitto di HSH Nordbank se tutte le cifre annunciate nei comunicati fossero state corrette, e se allo stesso tempo nelle frasi stampate in piccolo non ci fosse stato scritto invece il contrario. Si arriva ad un profitto cumulato di circa 2 miliardi di Euro ottenuto dalla banca a partire dal 2011. In realtà la banca nello stesso periodo avrebbe registrato una perdita di 5.23 miliardi di Euro. Come è possibile che cio' sia accaduto, nonostante i comunicati stampa, e come è possibile che la banca ora debba utilizzare interamente i 10 miliardi di Euro di garanzia se fino a poco tempo fa poteva vantare dei numeri cosi' positivi? Semplice: la banca continua a manipolare i suoi bilanci cosi' come aveva sempre fatto. I crediti deteriorati vengono valutati ad un valore fittizio mentre le garanzie pubbliche sono registrate come prevenzione del rischio e quindi spostano il risultato in positivo. La politica e i media lo sanno, ma spesso preferiscono giocare con l'inganno. 

Bild Zeitung del 10-12-2016

Era già noto dal 2009 che le perdite di HSH Nordbank avrebbero portato con sé un onere enorme per i bilanci regionali. Tuttavia si è preferito fare buon viso a cattivo gioco minimizzando il pericolo in maniera irresponsabile. In questi anni è sembrato che tutti volessero spostare la resa dei conti dopo il prossimo appuntamento elettorale in modo da passare l'eredità scottante al governo successivo. E in parte ha anche funzionato. Ma il piano potrebbe saltare, perché a maggio in Schleswig-Holstein ci saranno le elezioni e un cambio di governo non sembra improbabile. 

I costi restano ovviamente a carico del contribuente. Previsioni realistiche attuali partono da "almeno 25 miliardi di Euro" (Werner Marnette) fino a 32.4 miliardi di Euro (calcolo approssimativo basato sulle previsioni di perdite future fatto da Peter Nippel, Università di Kiel). Circa 30 miliardi di Euro di nuovi debiti fatti da entrambe le regioni sarebbero quindi uno scenario possibile. Facendo un calcolo: la regione di Amburgo ha 1.8 milioni di abitanti, lo Schleswig-Holstein 2.9 milioni di abitanti. Sarebbero 8.108 Euro di nuovo debito a testa per ogni abitante. Non è questo forse un buon motivo per andare sulle barricate? Almeno per i media non sembra sia cosi', preferiscono occuparsi dei "Nafris", e quando non c'è nulla di cui parlare, possono sempre raccontarci storie orribili sui russi, che ancora una volta sarebbero alla nostra porta. Vediamo quale sarà la prossima notizia strillata dai media nostrani. Sicuramente non riguarderà le banche e la grande coalizione.

martedì 20 dicembre 2016

Nein ai salvataggi pubblici per le banche italiane

Secondo Christoph Schmidt, economista e presidente del Consiglio dei Saggi Economici, intervistato dalla WAZ.de (Westdeutsche Allgemeine Zeitung), la ricapitalizzazione di MPS dovrebbe essere fatta senza denaro pubblico. Da WAZ.de

La crisi politica e bancaria in Italia suscita nuove preoccupazioni per le sorti dell'Euro. Secondo Christoph Schmidt, economista e presidente del Consiglio dei Saggi Economici, questo passaggio sarà decisivo per capire se l'unione bancaria europea è a prova di crisi e se i contribuenti saranno risparmiati.

WAZ: Herr Schmidt, mezza Europa ha salvato le proprie banche con il denaro dei contribuenti, anche la Germania. Le regole della nuova unione bancaria dovrebbero risparmiare il contribuente. Con la crisi italiana tutte le buone intenzioni sono di nuovo in pericolo?

Schmidt: il controllo bancario europeo unificato, le procedure per la risoluzione delle grandi banche, la responsabilizzazione in primo luogo degli azionisti e dei creditori, e quindi non del contribuente, noi del Sachverständigenrat (Consiglio dei saggi economici) li chiedevamo da tempo. Ora l'unione bancaria deve superare la prova pratica e io qui vedo un grande punto debole: in ogni singola occasione ci si chiederà se l'applicazione delle regole non metta in pericolo la stabilità dei mercati finanziari e quindi se sia possibile fare un'eccezione. Questo tipo di riflessione è chiaramente percepibile in Italia. Se al primo vero grande test non ci si attiene alle regole, allora l'unione bancaria non è credibile.

WAZ: l'Italia sta valutando un salvataggio pubblico di Monte dei Paschi, poiché si ritiene che la banca abbia una rilevanza sistemica e quindi sia necessario difendere i piccoli obbligazionisti a cui sono stati venduti prodotti tossici. Non sono questi dei buoni motivi per un'eccezione?

Schmidt: no, si tratta di due aspetti da tenere separati. La ristrutturazione della banca deve essere effettuata secondo le regole concordate, vale a dire i creditori della banca devono contribuire al suo salvataggio, non i contribuenti. Il governo italiano puo' tuttavia portare avanti un provvedimento a carattere sociale e politico nell'ambito del suo ridotto margine di manovra fiscale. I due aspetti non devono essere confusi.

WAZ: se la piccola Grecia ha già messo in pericolo l'Euro - cosa potrebbe accadere se l'Italia, la terza economica della zona Euro, non riuscisse a tenere sotto controllo la crisi bancaria e debitoria?

Schmidt: negli ultimi anni è stato fatto molto. Nel momento piu' acuto della crisi greca, i meccanismi per la gestione della crisi, come ad esempio il fondo di salvataggio ESM, dovevano essere ancora sviluppati. La BCE ha poi dovuto mostrare ai mercati che è disposta a difendere l'Euro. Con un'architettura dell'Eurozona rinforzata e con il supporto dell'OMT i mercati reagiscono in maniera molto meno nervosa. Lo abbiamo potuto osservare dopo la bocciatura del referendum costituzionale in Italia. Dall'altro lato bisogna dire che l'Italia come terza economia dell'Eurozona ha tutto un altro peso rispetto alla Grecia. Il paese deve perciò fare urgentemente le riforme di cui ha bisogno per poter tornare a crescere sulle proprie gambe. Se l'Italia dovesse finire sotto la protezione del fondo di salvataggio, allora per l'Euro la situazione potrebbe farsi preoccupante.

WAZ: ma il fondo di salvataggio è stato creato proprio con questo scopo. Oppure l'Italia con le sue dimensioni lo farebbe saltare?

Schmidt: fino a quando la BCE difenderà la coesione dell'Euro con tutti i mezzi a sua disposizione, le dimensioni del fondo ESM non sono una questione decisiva. Il punto centrale è la volontà degli italiani di fare le riforme. Se partecipasse ai lavori di pulizia e riordino nel settore bancario italiano, il fondo ESM con le sue condizioni potrebbe far passare le riforme che fino ad ora sono rimaste bloccate nel processo politico. Anche in Spagna è servito a mettere in moto le riforme. Sarebbe tuttavia difficile se l'Italia decidesse di sottrarsi alle necessarie riforme.

WAZ: con la sconfitta di Renzi in Italia è caduto il principale riformista. Il nord Europa non dovrà prima o poi ammettere che i cittadini dei paesi piu' poveri del sud non sono disponibili a fare le riforme richieste?

Schmidt: no, non dobbiamo profetizzare la fine dell'unione monetaria, piuttosto affidarci agli effetti delle buone argomentazioni. Le riforme strutturali e la riduzione del debito sono la strada giusta. Sono fiducioso, credo che con un aumento della pressione possa crescere la ragionevolezza.

WAZ: la Germania in questo senso è un buon modello?

Schmidt: il governo federale recentemente con la riforma delle pensioni non è stato un buon esempio per i partner europei. E' poco credibile chiedere agli altri di adeguare il loro sistema pensionistico alla dinamica demografia, e allo stesso tempo non agire coerentemente.

WAZ: la BCE continua ad acquistare titoli di stato per migliaia di miliardi di Euro, l'economia del sud Europa tuttavia non si riprende, mentre noi nel nord ci lamentiamo dei tassi di interesse ai minimi. Quanto puo' durare ancora questo equilibrio precario?

Schmidt: possiamo dire che la politica della BCE ha effetto, crescita e inflazione sono aumentate. Tra l'altro anche la Germania ne ha particolarmente beneficiato per quanto riguarda l'export. Ma la situazione attuale comporta dei rischi, ad esempio il rischio di prezzi immobiliari gonfiati, ben visibile nelle grandi città tedesche. Dall'altra parte l'acquisto massiccio di titoli di stato del sud Europa ha di fatto ridotto la volontà di risparmiare di quei governi. Il presidente della BCE Mario Draghi chiede continuamente agli stati di fare le riforme, allo stesso tempo con la sua politica monetaria espansiva elimina ogni incentivo. Un aspetto senza dubbio tragico.

WAZ: non sembra molto ottimista. Quanto è grande il pericolo di una nuova euro-crisi?

Schmidt: sta crescendo il potenziale per una crisi, ma da sole le turbolenze nel sistema bancario non dovrebbero essere sufficienti per farla partire. Quanto piu' a lungo saranno ritardati i necessari lavori di riordino e quanto piu' a lungo durerà la fase dei bassi tassi di interesse, vale a dire fino a quando la BCE si affiderà ad una politica espansiva per generare crescita, tanto piu' vicina sarà una possibile crisi.

domenica 18 dicembre 2016

Prosegue il salvataggio di HSH Nordbank con il denaro pubblico

Mentre in Italia i possessori di obbligazioni subordinate MPS trascorrono notti insonni, in Germania prosegue indisturbato il salvataggio di HSH Nordbank con il denaro pubblico. Alla fine al contribuente tedesco la ristrutturazione della banca potrebbe costare 15 miliardi di Euro. Da Die Welt.

Non ci sono piu' soldi. La HSH Nordbank utilizzerà per intero la garanzia pubblica di 10 miliardi di Euro per smaltire i crediti in sofferenza. La banca si riorganizza per la vendita.

Lontano dai microfoni i politici regionali coinvolti lo ripetono da mesi: i 10 miliardi di Euro di garanzia pubblica a disposizione di HSH Nordbank per lo smaltimento dei crediti deteriorati alla fine saranno interamente utilizzati. Ora lo dice anche Stefan Ermisch, dalla scorsa estate amministratore di HSH Nordbank: "La garanzia sarà interamente utilizzata nel corso del processo, ogni altra ipotesi è irrealistica".

La somma è garantita dai 2 principali proprietari di HSH Nordbank, i Laender Hamburg e Schleswig-Holstein. La fattura sarà invece pagata dal contribuente. Alla fine del terzo trimestre la banca aveva attinto dal fondo di garanzia 1.9 miliardi di Euro. I restanti 8.1 miliardi di Euro della garanzia saranno utilizzati da HSH Nordbank entro il febbraio 2018, quando la banca probabilmente sarà venduta, ha dichiarato Ermisch venerdi scorso in occasione della presentazione dei dati dei primi nove mesi del 2016.

Dal punto di vista tecnico funzionerà cosi': il fondo HSH AöR, un fondo di diritto pubblico finanziato dai 2 Laender, trasferirà alla HSH Nordbank il denaro necessario per la svalutazione oppure per lo storno totale dei crediti deteriorati. Si tratta in primo luogo di prestiti erogati a compagnie navali. "L'eredità ricevuta dal passato è molto pesante, rischiamo lo strangolamento", ha detto Ermisch.

La banca dovrà essere venduta entro il 2018

Dopo lunghi negoziati, i 2 Laender nel 2015 hanno raggiunto un accordo con l'UE su di un programma di risanamento per la banca, la cui esistenza era minacciata dal peso ereditato dalla crisi finanziaria del 2008-09. Il meccanismo di garanzia secondo l'accordo dovrebbe funzionare come se si trattasse del trasferimento di crediti deteriorati ad un Bad Bank.

La condizione per l'approvazione della Commissione UE era che HSH Nordbank fosse venduta entro la fine di febbraio 2018. Ermisch ha detto che per la Banca le garanzie funzionano come se fossero capitale proprio. Sempre secondo Ermisch, tuttavia, per la banca e per i Laender sarebbe stato molto meglio fare direttamente una ricapitalizzazione da 10 miliardi di Euro.

I Laender hanno preferito la variante della concessione di una garanzia perché speravano in una ripresa del trasporto navale e quindi nella possibilità per le compagnie di navigazione di ripagare ad HSH Norbank una parte dei loro prestiti. Anche nell'ottavo anno di crisi tuttavia il mercato non ha recuperato e anche per il 2017 Ermisch non si aspetta una ripresa: "soprattutto il mercato del trasporto dei container è in pessime condizioni", ha detto. "Le perdite saranno enormi". L'utilizzo graduale delle garanzie da parte della banca, tuttavia, per il contribuente è meno trasparente rispetto al pagamento di una sola grossa somma da parte dei Laender - i governi regionali di solito non danno informazioni in merito.

Wolfgang Kubicki, capogruppo della FDP nel parlamento regionale dello Schleswig-Holstein, venerdi ha affermato che il risanamento e la vendita della banca alla fine ai 2 Laender costerà 15 miliardi di Euro. Andrà sicuramente cosi', ha detto, senza spiegare in dettaglio gli importi. Le responsabilità politiche dovranno essere invece accertate da una commissione di inchiesta da istituirsi dopo le elezioni regionali del 2017: "La banca ha saccheggiato le casse dei Laender", ha detto il politico dell'opposizione.

Una parte dei prestiti sarà venduta già quest'anno

L'amministratore di HSH Nordbank Ermisch e il consiglio d'amministrazione vogliono rafforzare la banca prima della vendita. Il bilancio della banca si compone attualmente di 3 segmenti: il "core banking", la parte sana dell'istituto, con un attivo di 48 miliardi di Euro, nei primi 3 trimestri del 2016 ha registrato un utile di 535 milioni di Euro. La "banca per lo smaltimento" con un'eredità che dal 2009 ha raggiunto i 23 miliardi di Euro di attivo ed ha registrato una perdita netta nei primi 9 mesi pari a 151 milioni di Euro. La parte "varie e consolidamento" ammonta invece a 16 miliardi di Euro di attivo e nei primi 3 trimestri del 2016 ha registrato una perdita di 201 milioni di Euro.

Il bilancio della banca dovrà essere ulteriormente ridotto prima della vendita: inizialmente con la vendita di crediti deteriorati per un valore di 3.2 miliardi di Euro, la cui svalutazione è coperta dalle garanzie pubbliche. La prima metà del pacchetto arriverà sul mercato entro la fine di dicembre, la seconda parte poco dopo. Si tratta di crediti erogati per l'acquisto di immobili e aerei, solo in piccola parte di crediti concessi a compagnie navali. Non si sa ancora se la vendita della banca sarà effettuata nel suo insieme oppure se la "banca core" e la "banca per lo smaltimento" saranno cedute separatamente. Ne stiamo parlando con potenziali compratori in America, in Europa o in Asia, ha detto Ermisch. 

sabato 17 dicembre 2016

Der Spiegel: Tsipras è di nuovo Tsipras

Si riaccende la crisi greca e la cosiddetta "stampa di qualità" ci propone un racconto filo-governativo degli eventi: secondo Der Spiegel il primo ministro Tsipras è tornato ad essere il leader anti-austerità di un tempo pronto ad andare alle elezioni dopo aver regalato qualche mancia elettorale. Da Der Spiegel


Il dramma del debito greco rischia una nuova escalation. Il premier Tsipras non ha piu' voglia di interpretare il ruolo del bravo riformatore e torna ad alimentare lo scontro.

A Berlino la cancellazione improvvisa di una conferenza stampa non è insolita. Se pero' un'uscita pubblica nel giro di poche ore viene prima cancellata e poi di nuovo convocata, allora significa che dietro le quinte i rumori sono molto forti. Cosi' è stato anche per la conferenza del Ministro delle Finanze greco Euklidis Tsakalotos di giovedì scorso presso la fondazione Rosa-Luxemburg.

Alla fine Tsakalotos non è stato scoraggiato da un atterraggio di emergenza del suo aereo, e a differenza di quanto in programma ha portato con sé anche il Ministro del Lavoro Eftychia Achtzioglou. C'era bisogno di dare delle spiegazioni. Perché le relazioni fra la Grecia e il resto dell'Eurozona sono tornate ad essere tempestose.

Il motivo è un improvviso cambio di direzione politica ad Atene: alla fine della scorsa settimana il primo ministro Alexis Tsipras ha sorprendentemente annunciato che il suo governo pagherà a crica 1.6 milioni di pensionati un bonus di Natale pari a 617 milioni di Euro - in media circa 380 € a persona, giovedì sera il Parlamento ha approvato il provvedimento. Inoltre il previsto aumento dell'Iva, in alcune isole greche, è stato sospeso fino a quando queste dovranno sopportare il peso della crisi dei profughi. 

La questione dell'esenzione fiscale riguarda solo poche isole, prova a spiegare Tsakalotos nella sua conferenza a Berlino. E sul pagamento del bonus ai pensionati dice: "abbiamo pensato fosse una buona idea". Alla fine la Grecia ha raggiunto un surplus di bilancio superiore a quello concordato con i creditori esteri. E giusto che ad approfittare di questo risultato sia chi in questi anni ha dovuto sopportare il peso delle riforme. Gli obiettivi di bilancio "non sono a rischio".

Potrebbe anche essere vero. Ma tali decisioni in realtà dovrebbero essere prima concordate con i creditori esteri. Al Ministero delle Finanze tedesco sono alquanto seccati. "Si tratta di una modifica degli accordi", si commenta in casa di Wolfgang Schäuble. "La scorsa settimana nell'Euro-gruppo non ne abbiamo parlato". Anche gli altri ministri delle finanze sono scontenti. Per alcuni membri sarebbe uno strappo agli accordi con la Grecia, l'Euro-gruppo ha quindi deciso di bloccare la riduzione del debito da poco accordata.

Soddisfatto in maniera bizzarra

Considerando la situazione, il primo ministro greco sembra tuttavia essere alquanto soddisfatto. Durante una visita al suo ufficio di Salonicco mercoledi scorso ha annunciato la prossima opera buona: circa 30.000 scolari nelle aree piu' povere della città avranno a breve un pasto gratuito al refettorio. Tsipras era allegro e ha intrattenuto i presenti con perle di saggezza del tipo: "per un uomo è piu' facile cambiare moglie, che squadra di calcio".

Sembra quasi che sia tornato il vecchio Tsipras: un comunicatore carismatico che riesce a dare il meglio di sé solo nelle fasi di scontro. Non chiederemo a nessuno "il permesso di dare questi soldi ai piu' bisognosi", ha affermato. Ognuno deve riconoscere che la Grecia "ha fatto dei sacrifici in nome dell'Europa".

Cosi' sicuro di sé Tsipras fino ad ora lo era stato solo una volta - nella primavera del 2015. Allora da solo aveva scatenato una lotta fra poteri, che si stava per concludere con il fallimento della Grecia.

Da allora il premier si era trasformato in un prigioniero di quell'austerità che la Grecia ha dovuto accettare per accedere al terzo programma di aiuti. Ma il ruolo di fedele esecutore delle richieste dei creditori esteri stava spegnendo Tsipras. Era spesso lunatico, amareggiato e impaziente.

Tornato nel suo vecchio ruolo, Tsipras sembra essersi liberato. Secondo i suoi calcoli puo' solo vincere. O i creditori si arrendono alle sue richieste e accettano un'austerità mitigata. E questo potrebbe aumentare la popolarità di Tsipras e quindi le possibilità di essere rieletto. Oppure, in alternativa, se i creditori non dovessero stare al gioco, Tsipras potrebbe cercare una rielezione - anche se Tsakalotos a Berlino lo ha smentito. Invece di passare come un riformatore titubante, si presenterebbe come un coraggioso avversario dei creditori esteri che non ha avuto successo.

L'uomo nero in questa situazione sarebbe il Ministro delle Finanze tedesco. "O con la società o con Schäuble", titolava il giornale di partito di Tsipras, Syriza, giovedì scorso. Tsipras ha scelto di andare allo scontro anche con il Fondo monetario internazionale (FMI), fino ad ora presente in tutti i piani di salvataggio per la Grecia. Li ha accusati di essere "dei folli che non riescono ad avere i loro numeri sotto controllo".

"Il FMI sembra un gattino"

Sembra che la Grecia sia tornata ad essere sola contro il resto del mondo. Di fatto i fronti nel dramma del debito sono molto piu' complessi. Il FMI infatti da molto tempo chiede di ridurre l'onere del debito greco e ne ha fatto una pre-condizione per la partecipazione ad un nuovo programma di aiuti. Un atteggiamento che di fatto cerca di andare incontro al governo greco.

"Il FMI non chiede piu' austerità alla Grecia", è il titolo di un documento redatto dal capo del FMI europeo Poul Thomsen e dal capo-economista Maurice Obstfeld e pubblicato all'inizio di questa settimana. In esso gli autori descrivono chiaramente quello che fino ad ora era emerso solo nei protocolli di wikileaks: il FMI ritiene non credibili gli obiettivi di bilancio fissati per la Grecia. Invece di un avanzo primario di bilancio del 3.5 %, gli autori si limitano a chiedere un avanzo dell'1.5%.

Schäuble e il suo staff non sembrano essere impressionati da queste critiche. "Potrebbero avere la stessa impressione di un automobilista che viaggia contromano, e che invece pensa ci siano centinaia di auto che stanno andando nella direzione sbagliata", racconta qualcuno ben informato dopo aver parlato del caso greco con i rappresentanti di alto livello del Ministero delle Finanze tedesco. 

Ma perché i greci attaccano un'istituzione che per loro in Europa sta chiedendo condizioni piu' miti rispetto ai partner europei? La risposta arriva verso la fine del documento: gli autori del FMI constatano il "rifiuto degli stati membri" nei confronti della loro proposta. Se gli obiettivi dovessero restare invariati, "sarebbero necessarie ulteriori misure restrittive, che ancora non sono state adottate", e "che dovrebbero essere definite per via legislativa". In altre parole: i greci devono fare ulteriori tagli e riforme.

Al premier greco e al suo ministro delle finanze tutto cio' evidentemente non sta bene: "Sono molto deluso dal FMI", ha detto Tsakalotos a Berlino. Il FMI per un lungo periodo si è presentato come un leone che voleva dettare condizioni migliori per la Grecia. Alla prova dei fatti il FMI "si è rivelato un gattino": non ha esercitato una reale pressione sull'Euro-gruppo.

Obstfeld e Thomsen nel loro documento propongono ulteriori riforme che potrebbero minacciare i greci nel caso in cui i paesi dell'Euro intendano restare fedeli agli attuali obiettivi di risparmio: ad esempio le esenzioni alle imposte sul reddito dovrebbero sparire. Fino ad ora la metà delle famiglie greche ne ha potuto usufruire. Inoltre il paese avrebbe ancora un "sistema pensionistico generoso" che grava sul bilancio pubblico per quasi l'11%, mentre negli altri paesi europei raggiunge in media del 2.25%.

"Politica post-verità"

Tsipras vuole evitare in qualsiasi modo ogni ulteriore riforma. Preferirebbe fare affidamento su qualche concessione dei partner europei. E in parte ha già ricevuto un segnale in questa direzione: il commissario UE Pierre Moscovici, un socialista francese, ha criticato lo stop alla riduzione del debito e ha messo in dubbio l'analisi del FMI sulla sostenibilità del debito e del sistema pensionistico. "In questa epoca di politica post-verità è piu' che mai necessario che certe affermazioni non restino senza una smentita", scriveva Moscovici sul Financia Times.

Nel caso in cui Tsipras abbia deciso di portare ad una conclusione finale il lungo ed irrisolto conflitto con i creditori, questa potrebbe essere la volta buona. Dovrebbe farlo ancora una volta da solo'? Tsipras non si sta forse comportando come un guidatore che imbocca l'autostrada contromano e che a tutta velocità vuole tornare indietro verso la crisi?

Come era da aspettarsi, Tsakalotos la vede in maniera completamente diversa. Nonostante il programma di aiuti, non si deve dare l'impressione che il suo governo non sia piu' in grado di prendere decisioni autonome, ha detto a Berlino. "Sarebbe terribile se gli europei dessero questo segnale".

venerdì 16 dicembre 2016

Un lavoratore su cinque in Germania guadagna meno di 10 € lordi l'ora

Ricevo da Claudio e molto volentieri pubblico. I dati del Ministero del Lavoro pubblicati dalla Süddeutsche Zeitung confermano che in Germania, paese con il bilancio pubblico in pareggio e oltre 200 miliardi di avanzo commerciale con l'estero, resta un'ampia fascia di lavoratori a basso salario. Dalla Suddeutsche Zeitung


  • Dai dati del Ministero Federale del Lavoro (Bundesarbeitsministerium) emerge che nel 2014 circa il 20% degli occupati ha lavorato per meno di 10 euro lordi l'ora.
  • In Germania Est i lavoratori con un salario basso sono addirittura più di un terzo
  • Secondo le statistiche, in Germania Ovest la quota dei lavoratori che percepiscono un salario basso è in aumento.

La Germania è considerata la prima della classe in Europa per lo sviluppo economico ma ciò non significa che tutti i cittadini godano di un alto tenore di vita: circa un occupato su cinque lavora per meno di 10 euro lordi l'ora secondo quanto riportato dai media del Gruppo Funke. Questo è ciò che emerge dai dati del Ministero Federale del Lavoro.

Il 20% dei lavoratori guadagnerebbero poco più di quanto necessario per non risultare in condizioni d'indigenza. In Germania Ovest ed Est la quota dei salari bassi per il 2014 si assesta rispettivamente al 19,3% (includendo Berlino) e al 34,5% del totale degli occupati.

La percentuale più bassa si registra ad Amburgo (15,5%), mentre la più alta si riscontra nel Mecklenburg-Vorpommern (35,5%), seguito a ruota dai restanti Länder della Germania orientale, i quali mostrano tutti quanti valori superiori al 33%.

Secondo i dati rilasciati dal Ministero del Lavoro la quota di lavoratori a basso salario è in aumento in Germania Ovest. Nelle aziende con più di dieci dipendenti questa quota ammontava nel 2006 al 16,4%, mentre nel 2014 avrebbe raggiunto il 18,4 % che diventava il 19,3% includendo anche Berlino.

A Est la quota dei bassi salari tra le aziende medio-grandi negli anni passati sarebbe leggermente diminuita, attestandosi al 34,6% (36,8% nel 2010).

I dati sono stati richiesti da Die Linke

I dati provengono dall'ultima indagine strutturale sui guadagni stilata dal Ministero con cadenza quadriennale e sono stati richiesti dal presidente vicario del gruppo “Die Linke” in Parlamento, Klaus Ernst, il quale ha definito la disparità di retribuzione tra Est e Ovest “un freno alla democrazia e un grande ostacolo per l'unità tedesca”.

La soglia per la definizione di “basso salario”, dopo un suo innalzamento nel 2014, ammonta a 10 euro lordi l'ora, che corrisponde ad un salario mensile lordo a tempo pieno di 1.993 euro. Secondo la definizione dell'Organizzazione per lo Sviluppo e la Collaborazione economica (OECD) si può parlare di “basso salario” per tutte quelle retribuzioni che non superano i due terzi del salario medio nazionale.

martedì 13 dicembre 2016

Hans Werner Sinn: il QE serve solo a ridurre i debiti del Sud a spese dei tedeschi

Hans Werner Sinn, ormai in pensione, torna ad attaccare la BCE a guida italiana: il QE è solo un programma per ridurre l'indebitamento del sud Europa a spese dei tedeschi. Da hanswernersinn.de  


In risposta al referendum italiano il consiglio direttivo della BCE ha approvato un'estensione del suo programma di acquisti (QE) mediante il quale la politica di rientro dal debito dei paesi del sud verrà fatta passare come una presunta politica monetaria. Il programma QE era iniziato nel marzo 2015 e sarebbe dovuto durare fino al marzo 2017. Il piano prevedeva l'acquisto sul mercato da parte delle banche centrali di obbligazioni in Euro per un valore di 1.74 trilioni di Euro, di cui circa 1.4 trilioni di Euro per l'acquisto di obbligazioni emesse dagli stati stessi. 

Sebbene il QE apparentemente sembrerebbe essere applicato in maniera simmetrica, visto che ogni banca centrale acquista i propri titoli di stato in base alle dimensioni della propria economia, i suoi effetti non sono simmetrici. I titoli di stato dei paesi del sud Europa vengono in larga parte ricomprati da venditori esteri, i quali li avevano in precedenza acquistati finanziando l'indebitamento degli stati. Di fatto vengono riportati nel paese di emissione.

Cosi ad esempio la Banca de España mentre aspira titoli di stato spagnoli da tutto il mondo sta riducendo il debito dello stato spagnolo nei confronti dei suoi creditori privati. Per fare questo deve chiedere alle altre banche dell'Eurosistema, soprattutto alla Bundesbank, ma anche alla banca centrale olandese, di farsi accreditare nuovi Euro per poterli consegnare ai venditori dei titoli di stato spagnoli. Quando i venditori non sono nell'area Euro, chiede in alternativa aiuto anche alla BCE.

Si tratta spesso di operazioni triangolari, dove il denaro ottenuto dalla vendita dei titoli di stato viene trasferito dai venditori verso l'Olanda o la Germania, in modo da poterlo mettere in sicurezza. Una parte significativa del denaro trasferito viene poi utilizzato per l'acquisto di aziende o azioni, fatto chiaramente percepibile osservando i dati sugli investimenti diretti. La Bundesbank e la banca centrale olandese non solo devono accreditare i trasferimenti diretti dalla Spagna, ma anche quei trasferimenti dai paesi terzi causati indirettamente dal QE.

I crediti concessi dalla Bundesbank o dalla banca centrale olandese vengono registrati come crediti nei confronti del sistema Target. Alla fine di ottobre il loro valore ammontava a circa 808 miliardi di Euro, dei quali 708 miliardi erano la quota di Bundesbank. Ieri si è poi saputo che i crediti Target della Bundesbank nel solo mese di novembre sono cresciuti di ulteriori 46 miliardi di Euro. Con una somma pari a 754 miliardi di Euro hanno raggiunto il livello piu' alto di sempre. Il picco precedente era stato raggiunto al culmine della crisi nell'estate del 2012 con un valore pari a 751 miliardi di Euro. 

I crediti Target della Bundesbank rappresentano ormai quasi la metà (49%) delle attività nette sull'estero tedesche. Al contrario, i debiti Target dei paesi sud-europei, Grecia, Italia, Portogallo e Spagna (GIPS) alla fine di ottobre avevano raggiunto 811 miliardi di Euro. Per i paesi GIPS queste transazioni sono un affare: possono scambiare titoli con una scadenza, un rendimento da pagare e in mano a investitori privati potenzialmente problematici con un debito puramente contabile, senza interessi, senza scadenza e nei confronti della loro banca centrale - istituzioni che secondo il Trattato di Maastricht avrebbero dovuto avere una responsabilità limitata e senza alcun obbligo di intervenire con pagamenti aggiuntivi.

Se il sistema dovesse saltare e questi paesi dovessero uscire dall'Euro, le banche centrali nazionali sarebbero fallite, in quanto i loro saldi Target sono denominati in Euro e i loro crediti nei confronti dei rispettivi stati e delle banche nazionali sarebbero convertiti nella nuova moneta svalutata. I crediti Target si dissolverebbero nell'aria, la Bundesbank e la banca centrale olandese potrebbero solo sperare che le altre banche centrali rimanenti intendano partecipare alle perdite. In un modo o nell'altro, i tedeschi e gli olandesi che hanno venduto i loro asset, e che ora si ritrovano in tasca un bel po' di soldi, scoprirebbero di avere in mano dei meri pezzi di carta, non coperti, nei confronti delle loro banche centrali.

Nessuno sembra pero' auspicarsi il crollo del sistema. Per i prossimi negoziati sull'unione fiscale europea, previsti nel 2018, con annesso un sistema per il trasferimento dal Nord al Sud, non sarà certo un male per il governo tedesco essere al corrente dei possibili pericoli nel caso in cui decida di non firmare gli accordi.

venerdì 9 dicembre 2016

La politicizzazione della banca centrale

Holger Steltzner, condirettore della prestigiosa FAZ, torna alla sua attività preferita: attaccare Draghi e la BCE a guida italiana. Nel suo ultimo editoriale sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung accusa la BCE di essere una banca centrale politicizzata responsabile dei successi elettorali delle forze populiste di destra. Da FAZ.net


L'unione monetaria si è trasformata in una unione del debito e delle garanzie, dove le regole e i trattati sono interpretati e infranti a piacimento. La clausola di "no bail-out" del Trattato di Maastricht non vale nemmeno la carta su cui è stata scritta. La politicizzazione della politica monetaria prosegue. Un commento


A Maastricht siamo riusciti a difendere tutti i maggiori interessi tedeschi. Cosi' annunciava il Cancelliere Kohl esattamente 25 anni fa alla fine di una riunione maratona durata 31 ore durante la quale gli allora 12 capi di stato e di governo avevano raggiunto un accordo sui principi dell'unione monetaria ed economica europea. Nessuno in Germania deve temere che il D-Mark sia stato regalato all'Europa, aggiungeva l'allora Ministro delle Finanze tedesco Waigel (CSU). "No, stiamo estendendo il nostro D-Mark all’Europa", scriveva Waigel nel giornale di partito „Bayernkurier“. La politica di stabilità sarà un modello per l'intero continente. "Costringeremo l'Europa e noi stessi ad avere la massima disciplina nella gestione del denaro dei nostri contribuenti". Bene, oggi lo sappiamo e possiamo affermare: raramente i politici si sono sbagliati di piu'.

L'unione monetaria si è trasformata in una unione del debito e delle garanzie, dove le regole e i trattati sono interpretati e infranti a piacimento. La clausola di "no bail-out" del Trattato di Maastricht non vale la carta su cui è scritta. Con il fondo di salvataggio ESM, introdotto durante la crisi, gli aiuti intergovernativi sono diventati la nuova normalità dell'Eurozona. Sin dall'inizio, il tetto al debito pubblico pari al 60 % del PIL non ha interessato nessuno. Anche del limite al deficit dei bilanci pubblici pari al 3% non si cura nessuno. Ormai nessuno sa piu' esattamente che cosa sia ancora valido, magari perché in un paese presto ci saranno le elezioni, oppure perché la Francia resta la Francia. Nel 25 ° anniversario abbiamo addirittura bisogno di uomini di scienza per capire quante volte il patto di stabilità e crescita è stato violato: ben 165 volte!

La politica della BCE ha ormai poco a che fare con i principi di stabilità della Bundesbank, a cui avrebbe dovuto ispirarsi; lo si capisce chiaramente dal fatto che il presidente Bundesbank è il critico piu' testardo delle politiche di salvataggio della BCE. Sebbene Weidmann non si stanchi di chiedere un ritorno allo spirito del Trattato di Maastricht, il consiglio direttivo ha celebrato l'Euro-anniversario a modo suo: la BCE ha deciso di estendere di 9 mesi il controverso programma di acquisto dei titoli di stato e quindi di aumentarne il volume fino alla incredibile somma di 2.3 miliardi di Euro. Le reali dimensioni di questa somma si possono capire solo facendo un confronto: in meno di 3 anni la BCE ha acquistato piu' titoli di stato di tutti i debiti fatti dalla Germania in diverse generazioni.


Il sistema della BCE è diventato il piu' grande creditore della zona Euro


Nella Eurotower di Francoforte nessuno ormai ha piu' il coraggio di chiedere se aver abolito i rendimenti definiti dai mercati finanziari sia stata una buona idea; chi lo fa viene considerato un apostata. A Francoforte, Bruxelles o Berlino si preferisce far finta che in Grecia ci sia una sempre maggiore disponibilità a fare riforme, mentre nel frattempo il governo di Atene non paga interessi sul debito e dovrà rimborsare i prestiti solo in un lontano futuro - se mai lo farà. L'acquisto dei titoli di stato non ha nulla a che fare con il finanziamento degli stati, almeno cosi’ vorrebbe farci credere la BCE, con l'approvazione dei piu' alti giudici europei. Nel frattempo la banca centrale è diventato il piu' grande creditore di tutta la zona Euro, e presto avrà nei suoi bilanci un terzo di tutti i debiti pubblici in Euro.

La BCE nel negare l'impatto redistributivo delle sue politiche apre un divario enorme fra percezione e realtà. Chiunque puo’ vedere come i risparmiatori si stiano impoverendo, mentre gli investitori in immobili e azioni sono sempre piu' ricchi. Dei rischi per la stabilità finanziaria e dei danni causati dalle bolle speculative erranti nella zona Euro, secondo le autorità europee, dovrebbero invece gentilmente occuparsene le autorità di vigilanza nazionale.


La politicizzazione della politica monetaria va avanti


Della rabbia e dell’inquietudine di molti elettori, per il non rispetto dei trattati europei, in Gran Bretagna, Austria, Francia, Germania, Danimarca, Svezia, Finlandia, Ungheria, Rep. Ceca, Polonia o in Olanda, i nostri "euro-salvatori" non si sentono responsabili. Quando poi i politici vorrebbero convincerci che la perdita di controllo alle frontiere d’Europa è senza alternativa, e che il crescente malcontento nei confronti dell'UE sarebbe solo populismo, siamo alla negazione della realtà.


Sebbene i mercati stiano seguendo la crisi di governo italiana in maniera alquanto rilassata, la politicizzazione della politica monetaria prosegue. Alcuni membri del consiglio BCE temono un'avanzata dei partiti di protesta nell'unione monetaria e pertanto ritengono che la politica monetaria debba opporvi resistenza. Nel fare qeusto pero' la rabbia e il malcontento continuano a crescere anche perché lo strabismo della BCE verso i risultati elettorali viene considerato un tentativo di influenza fatto da potenti funzionari non eletti che non devono rendere conto agli elettori.